IUC. Quartetto di Cremona, parliamo di Beethoven

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Quartetto di Cremona

In occasione del quarto concerto alla IUC del 24 gennaio scorso dedicato ai quartetti di Beethoven il Quartetto di Cremona ha dato il via ad una nuova stimolante iniziativa promossa dalla IUC - Istituzione Universitaria dei Concerti: una  serie di incontri di presentazione dei concerti, che nelle intenzioni dovrebbero avere una cadenza mensile, presso la Libreria Assaggi in via degli Etruschi 4.

La scelta di iniziare con i musicisti  del Quartetto di Cremona non poteva essere più indovinata vista l'abilità comunicativa già dimostrata in occasione degli altri concerti all'Aula Magna della Sapienza, Università di Roma. In un ambiente luminoso e accogliente si è svolto l'incontro, che ha alternato spiegazioni molto interessanti, concernenti l'interpretazione, ad esempi musicali. Il programma del concerto si prestava ad un intrigante approfondimento, in quanto i brani potrebbero essere paradossalmente definiti, secondo Cristiano Gualco, violino primo, come figli di un dio minore.

Per il Quartetto in do minore op. 18 n. 4, è lo stesso Beethoven a non amarlo,  lo definì:” Non è che merda,  buona per il porco pubblico”; il compositore, sempre nutrendo evidentemente scarsa fiducia per gli ascoltatori, non intenditori ritardò la pubblicazione del  Quartetto in fa minore op. 95, riservandolo all'ascolto di pochi selezionati. Infine la Grande fuga in si bemolle maggiore op. 133, per imposizione dell'editore, il musicista la tolse dall'opera 130 di cui era la conclusione, per cui scrisse un finale alternativo, tutto questo perché alla prima esecuzione il pubblico che, allora, aveva applaudito tutti gli altri movimenti, aveva vivacemente contestato l'ultimo.

L'opera 18 pubblicata nel 1801 è la prima in cui Beethoven si cimentò con il quartetto d'archi. la forma non poteva essere che quella classica, Haydn era ancora vivo e non nutrì mai per il giovane musicista la stessa incondizionata approvazione che ebbe per Mozart. Il n.4 in do minore è sì scritto seguendo i canoni della forma classica, ma con qualche aspetto che fa intuire la successiva evoluzione, intanto la tonalità di do minore, quella anche della sonata detta Patetica e dell Quinta sinfonia, in particolare nel primo movimento è  portatrice di un'atmosfera preromantica. Inoltre il secondo movimento non è in tempo lento ma è uno Scherzo- Andante scherzoso quasi Allegretto, anche il Minuetto è un tempo di danza molto diverso da quello settecentesco.

Tornando all'incontro mattutino è molto interessante  una notazione, sempre del primo violino che ha fatto notare come un passaggio che al pianoforte è semplice diventi molto impegnativo da suonare sul violino e questo a denota come ancora prevalga la visione da virtuoso pianista in Beethoven, che pure sapeva suonare la viola.  Del  Quartetto in fa minore op. 95  abbiamo già ricordato come i compositore lo avesse riservato ad una esecuzione privata destinata ad un pubblico scelto di intenditori.

A proposito delll'inizio di questa composizione, uno dei problemi sottolineati dagli esecutori è stato sulle indicazioni metronomiche adottate da Beethoven; infatti hanno notato come con i tempi veloci, nelle sale da concerto, molto più grandi di quelle per cui i quartetti furono scritti, avvengano fenomeni di risonanza per cui i suoni si accavallano impedendo una buona ricezione acustica, diminuire un pochino il numero indicato è stato l'espediente per superare questa sfavorevole circostanza.

Tornando al  Quartetto in fa minore op. 95  composto nel 1810 e pubblicato sei anni più tardi, si comprende la cautela del suo autore, che ormai entrato nella sua maturità pone gli strumenti sullo stesso piano e caratterizza la composizione con violenti chiaroscuri sonori. L'appellativo serioso, che deriva dal terzo movimento Allegro assai vivace ma serioso. Più Allegro è stato esteso a tutta la composizione. Desta perplessità l'indicazione serioso, in quanto la parola indica solo l'apparenza della serietà, non la sostanza. Che cosa avrà voluto indicare Beethoven in questa composizione così meditata e ricca di soluzioni innovative, nell'uso degli strumenti e nella scrittura musicale non è dato sapere.

Prima dell'esecuzione della Grande fuga, nella seconda parte del concerto  il Quartetto di Cremona ha parlato dei brani che aveva eseguito e particolarmente di quello che stava per essere suonato. La Grande fuga è una composizione a lungo incompresa, solo nel secolo scorso venne apprezzata per la sua modernità. Beethoven nel corso della sua formazione giovanile aveva affrontato Bach e studiato Il clavicembalo ben temperato, cimentandosi con il più poderoso e formidabile monumento barocco, la Fuga creò una opera stupefacente e sconvolgente proiettata nel futuro. 

La composizione potrebbe essere considerata come una sonata in tre tempi senza interruzione. Nell'Overtura viene brevemente esposto tutto il materiale tematico, la prima parte lunga e ardua è una doppia fuga, oscura e violenta poi una pausa in cui  il suono del violoncello, nel registro acuto, è una lama di luce inquietante, infine nel finale il tema principale ritorna a dominare. Il perfetto affiatamento permette al Quartetto di Cremona di essere un fantastico strumento vibrante, policromo ed espressivo e di affrontare vette e asperità interpretative, rendendole accessibili e coinvolgendo il pubblico entusiasta che, accorso numeroso, ha tributato agli interpreti un lungo e fragoroso plauso.

Pubblicato in: 
GN11 Anno VII 29 gennaio 2015
Scheda
Titolo completo: 

IUC-Istituzione Universitaria dei Concerti
Sabato 24 gennaio 2015, ore 17.30
Aula Magna – Sapienza Università di Roma
Piazzale Aldo Moro 5

Quartetto di Cremona

"Esplorando Beethoven"
Quartetto in do minore op. 18 n. 4
 
Quartetto in fa minore op. 95
Grande fuga in si bemolle maggiore op. 133