Lettera alla luna. Potere e disobbedienza

Articolo di: 
Livia Bidoli
Moon

Una particolare congerie di epistole che parlano in prima persona e riguardano quattro vicende diversissime tra loro e che giungono fino al delitto Matteotti: si intitola Lettera alla Luna, un monologo per ricordare con Marco Sicari sul palcoscenico e Antonella Bernabei alla drammaturgia e regia presso il Cantiere Teatrale Giovanni Arnone di Elisabetta De Vito a Roma. Due giorni: sabato 25 e domenica 26 febbraio sono stati dedicati ai quattro italiani che andiamo a scoprire con l'aiuto del primattore e della regista.

I quattro protagonisti che il monologo di Marco Sicari presenta sono questi: partono col brigante Carmine Crocco; poi Guido Keller, che accanto a Gabriele D'Annunzio partecipò all'impresa per riprendere Fiume; Amerigo Dumini, l'autore dell'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti nel 1924; in ultimo, l'anarchico Giovanni Passannante, che attentò alla vita di Re Umberto I di Savoia.

Dopo aver assistito alla pièce ieri sera abbiamo posto delle domande a Marco Sicari ed Antonella Bernabei.

Domanda. Il monologo riguarda quattro italiani: si inizia con un brigante e si termina con un anarchico, in un crescendo di tensione, già alta dall'inizio, anche grazie alla martellante colonna sonora a cura di di Marco Fabrizi, che delimita i percorsi anche in senso emotivo. Come è stata fatta la scelta di quest'ordine, ovvero Crocco, Keller, Dumini, e per ultimo Passannante?

Risposta di Antonella Bernabei. "Lettera alla Luna", la lettera è la sola che viene letta nel finale, quando si chiede alla Luna, quale sia il senso della vita. Durante i quattro monologhi si ipotizza un generico interlocutore a cui i personaggi si raccontano.

La scelta dei protagonisti è dovuta al fatto che le vite di questi nostri connazionali sono esemplificative della  Storia d'Italia, dall'Unità nazionale alla nascita della Repubblica e fino al primo decennio circa. L'ordine è cronologico per i primi tre: dalla ribellione brutale e privata di Crocco contro chi viene a distruggere il tuo mondo, in nome dell'Unità d'Itala; all'adesione ideale ad una guerra irredentista che vuole trovare completezza nell'impresa di Fiume e che spera di dare vita ad una Italia in cui  "il potere sia legittimato dalla Bellezza"; all'arditismo che confluisce nel Fascismo, ne interpreta tutte le fasi, fino alla Repubblica, che nel '56  libera dal carcere un condannato all'ergastolo, evento che si è ripetuto ancora in tempi recenti. Passannante può essere considerato il solo vero rivoluzionario, che lotta per la Libertà contro ogni forma di autorità. Ma compie l'errore di credere di poter battere il potere sul suo stesso terreno, ma non si può vincere, la partita è truccata, il potere è sleale.  La spinta personale che hanno sentito di disobbedire per obbedire a loro stessi, andava indirizzata ad una lotta diresistenza, ma tutta individuale, morale.

D. Di tutti, i piu' spregevoli ed affamati di violenza sono il brigante Crocco, assolutamente consapevole della barbarie con cui colpiva; e Dumini, quasi incosciente della crudità e crudeltà con cui assassina il deputato Matteotti, che denunciò la corruzione delle elezioni ed il clima feroce per indirizzarle verso la vittoria fascista ed autoritaria di Mussolini. Questa fame rabbiosa dei due, è stato difficile interpretarla?

Risposta di Marco Sicari. Da attore non trovo difficoltà nel portare in scena un personaggio, di qualsiasi tipo esso sia, perchè non sottopongo mai a valutazione morale la sua figura, la sua storia, il suo pensiero. Mi metto a disposizione completamente, e qualora le differenze con la mia personalità fossero forti, le accolgo come un sano stimolo e le trasformo in opportunità, si può dire che raccolgo la sfida .

D. L'inconsapevolezza e l'ignoranza di Dumini, fendono l'animo: un uomo che è un fuscello, che pensa solo a tirare l'acqua al suo mulino, senza rendersi conto delle scelte capitali che compie e dello spessore del suo delitto se non per guadagnarci lui stesso e salvarsi dal carcere. Un'abiezione, quella di Dumini, che ha la cifra della superficialità, e che non ha mai pagato veramente per i suoi crimini, come la spiega?

A.B. Come ho già detto, Dumini è emblematico, è l'italiano ignorante e indifferente a tutto ciò che ritiene non lo riguardi direttamente e che non fa alcun percorso personale, interiore, è l'istinto bruto alla conservazione che lo spinge a non tradire mai se stesso. Tipologia  ancora molto diffusa, temo. Solo la sorte, che è sempre molto ironica, gli nega una fine gloriosa, e lo fa morire in modo banale, addirittua offensivo per un tipo come lui.

D. Keller è l'unico “educato ed erudito” di questi quattro –  Passannante aveva una conoscenza ed una filosofia per  “scelta”, non un'educazione di famiglia – e la sua violenza si esplica con l'impresa tracotante col Vate a Fiume: ed è poetico il suo “librarsi” in volo con un aereo che ad un certo punto “incespica” tra i cespugli. Sanzionato con medaglie al valore, Keller sembra conservare uno spirito indomito e ribelle fino alla morte in un tragico incidente stradale al fianco di un'altra medaglia al valore per meriti di guerra, Vittorio Montiglio. Cosa ci può dire al riguardo?

A.B.  Keller è un privilegiato, sa di esserlo e pensa non solo di sfruttare, ma  anzi di esasperare tale condizione  per trarne il massimo vantaggio. Crede nella sua libertà e la difende contro tutto e tutti, sostiene la Bellezza come riferimento non solo per l'agire personale, ma anche collettivo. Non penso che l'impresa di Fiume sia un'azione violenta e tracotante, è la messa in atto di ideali, condivisi in alcuni contesti politici e culturali, e che l'Italia del primo dopoguerra non è stata in grado di sostenere.  Keller crede  in alcuni valori che sperimenta su di sè, senza risparmio, con grande coerenza e coraggio.

M.S.  Il personaggio di Keller è quello a cui sono più affezionato e che interpreto con particolare cura. Penso che l'impresa di Fiume sia stato un grande esperimento, fervido di stimoli e di suggerimenti. La Carta del Carnaro, ad esempio è molto più ricca e avanzata della nostra stessa Costituzione. E' stata un'utopia che ha trovato, per troppo poco tempo, realizzazione. La demonizzazione dell'impresa, come viene detto anche nel testo, è stata condotta con tutti i mezzi, non ultimo averla pervasa di una coloritura fascista che non le appartiene nel modo più assoluto. Che i reduci da Fiume, in gran parte, siano confluiti nel Fascismo, a volte diventandone degli spietati interpreti come Ulisse Igliori, non giustifica il giudizio che se ne dà.

D. Per ultimo Giovanni Passannante, ingiuriato da vivo e da morto per un attentato di regicidio ad Umberto I di Savoia poiché “tutte le tirannie sono ingiuste” e per una “Repubblica Universale”. Passannante, di modestissima famiglia, nasce a Salvia di Lucania il 18 febbraio 1849 e diventa autodidatta: abbraccia gli ideali mazziniani e giunge a promuovere una piccola insurrezione in Calabria, dopodichè giunge all'idea, condivisa fortemente in Campania, di uccidere il re Umberto I di Savoia ed il 17 novembre 1878, con un piccolo coltellino di 8 centimentri, salta sulla carrozza del re e lo colpisce alla coscia. La pena di morte la traducono in carcere a vita per torturarlo e verrà “intombato” nella Torre dell'isola d'Elba, isolato e sotto il livello dell'acqua. Finirà per mangiare i propri escrementi, rimane paralizzato e pieno di malattie diventando pazzo: solo gli ultimi anni della sua vita li passò, per il suo caso giunto in Parlamento, nel manicomio di Montelupo Fiorentino. Gli insulti postumi riguardarono il cambio del nome del suo paesello da Salvia a Savoia; decapitato appena fu morto, il 14 febbraio 1910, il suo cervello fu messo in una teca per pratiche “lombrosiane”, come ci ricorda Ulderico Pesce, autore della pièce L'innaffiatore del cervello di Passannante e latore della richiesta della traslazione dei resti nel suo paese natale, avvenuta solo il 10 maggio 2007.
Una persecuzione perenne, per un secolo intero, come mai?

A.B.  E' sempre  interessante vedere come reagisce il potere nei confronti dei movimenti o anche dei singoli. E' indicativo l'accanimento contro Passannante,  il potere ha continuato ad avere paura di lui ed addirittura del suo corpo anche da morto. Il potere teme, l'integrità, la fedeltà, il disinteresse, la generosità, la capacità di sacrificare anche la vita per un principio. Il potere ha paura di quello che non ha.

M.S.  Passannante si professava anarchico, ha combattuto, si è assunto le sue responsabilità, ha pagato duramente. Quelli che oggi si definiscono anarchici, si fanno sentire in circostanze molto ambigue e pare che sappiano combattere solo in difesa dei loro diritti, che ritengono negati. Mi domando: dov'erano quando venivano negati i diritti di tutti?

D. Dopo gli ultimi tre anni della cosiddetta “verità pandemica”, una sorta di dogma religioso cui tutti dovevano sottoporsi nei piu' intimi dettagli, come si può parlare oggi di libertà di scelta, ne è cambiato il valore? E come si configura la disobbedienza?

A.B.  Ho scritto questo testo durante il lockdown ed è andato in scena la prima volta ad Ottobre 2020, dopo la nostra ultima replica, i teatri sarebbero stati chiusi per la seconda volta, un vero dramma. La libertà di scelta oggi è un argomento di grande attualità, le pressioni sono fortissime e trovare il coraggio di sostenere la propria posizione può essere molto impegnativo, a volte impossibile. Ma la resistenza oggi, come ieri, a queste violentissime aggressioni, che il nostro Stato  ci riserva, consiste nel disobbedire, per quanto ci è possibile, ma soprattutto nel proporre una resistenza personale, interiore, volta alla crescita morale che si alimenta di rapporti umani e di cultura, che è esattamente ciò che i nostri governanti ci hanno tolto in questi tre anni.

M.S.  Oggi la disobbedienza va declinata in modo diverso dai personaggi dello spettacolo, e lo abbiamo capito anche grazie a loro. Lo scontro frontale non dà risultati, ma dal loro esempio possiamo trarre la volontà, la determinazione, il coraggio, la disponibilità a sacrificare molto, a volte tutto.

Pubblicato in: 
GN17 Anno XV 8 marzo 2023
Scheda
Titolo completo: 

Lettere alla Luna
Un monologo per ricordare

con Marco Sicari
regia e testo di Antonella Bernabei
Musica di Marco Fabrizi

Sabato 25 Febbraio ore 20.30
Domenica 26 Febbraio ore 17.30

Cantiere teatrale
Associazione Giovanni Arnone
Circonvallazione Gianicolense, 307
Roma
Tel 0651606790 3485245894