Mitra e Anna Perenna al Museo delle Terme

Articolo di: 
Nica Fiori
Volto di Mitra

La Sala IX del Museo delle Terme, dedicata alle religioni orientali in epoca romana, si arricchisce di un pezzo straordinario, il “Volto di Mitra”, che completa un grande rilievo in marmo lunense con la raffigurazione di Mitra tauroctono (II-III secolo d.C.). La ricomposizione del rilievo è avvenuta dopo un complesso restauro a Karlsruhe (Germania), grazie ad un accordo fra la Direzione Generale per le Antichità, la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Roma e il Badisches Landesmuseum di Karlsruhe, in occasione della mostra Imperium der Götter (L’impero degli dei).

A pochi giorni dalla conclusione della mostra, il rilievo torna a Roma con la sua testa ricongiunta, che è stata ceduta al museo romano in cambio di una statua di filosofo.
Il ricongiungimento è stato possibile grazie all’intuito di Rolf Andreas Stucky, uno studioso elvetico che alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso aveva ipotizzato che il frammento con il volto di Mitra, pervenuto al Museo di Karlsruhe attraverso un commerciante svizzero, fosse pertinente al grande rilievo mitriaco privo della testa (costituito da 57 frammenti con significative tracce di colore), conservato nel Museo delle Terme di Diocleziano. Rilievo che era stato rinvenuto a Roma nel 1964, in località Tor Cervara, durante una bonifica da residuati bellici inesplosi.

Ricordiamo che il culto di Mitra, la cui origine è da mettere in relazione con il mazdeismo iranico, ebbe grande diffusione nel mondo romano soprattutto tra il I e il IV d.C. Si svolgeva all’interno di ambienti simili a grotte ed era caratterizzato da una scala iniziatica di 7 gradi posti sotto l’influenza del Sole, della Luna e dei pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Alla base del mitraismo, infatti, era la credenza in un complesso sistema astrologico, in cui i pianeti e i segni zodiacali venivano divinizzati e instauravano con l’uomo un rapporto di fiducia e devozione. Mitra, secondo il mito, sarebbe nato invincibile (Sol Invictus era uno dei suoi appellativi) da una roccia generatrice il 25 dicembre (solstizio d’inverno), giorno che diventerà poi il Natale di Cristo, e sarebbe stato assunto in cielo dopo aver ucciso un toro, simbolo di vita, per allontanarlo dal male e rendere possibile col suo sangue la rigenerazione del creato.

Tutto il creato beneficia di questa infusione di vita, a cominciare dalla terra, e infatti dalla coda del toro morente spuntano le spighe, dal sangue la vite e dal seme gli animali utili. Il serpente e lo scorpione, mandati dal dio del male Ahriman, cercano di contrastare la dispersione di questi elementi vivificanti, ma inutilmente. C’è pure il cane che trae forza dal sangue del toro, ma in realtà il suo ruolo non è chiaro. Nell’iconografia consueta, che ritroviamo in questo rilievo, il dio è accompagnato da due simbolici portatori di torce. Il primo, Cautes, è rappresentato con la fiaccola alzata a significare l’aspetto primaverile del dio, come pure il giorno; l’altro, Cautopates, ha invece la fiaccola abbassata a simboleggiare il sole autunnale, e insieme la notte.

Gli animali raffigurati corrispondono ad altrettante costellazioni (Toro, Serpente, Scorpione e Cane), a dimostrazione che il culto era essenzialmente cosmico, e la tauroctonia potrebbe essere vista come la rappresentazione simbolica di un cambiamento astronomico, ovvero dell’abbandono del punto equinoziale da parte della costellazione del Toro.

Il 19 giugno 2014, in occasione di questa acquisizione, è stato presentato nello stesso Museo delle Terme il nuovo allestimento di tutti i reperti provenienti dalla fonte di Anna Perenna, scoperta nel 1999 da Marina Piranomonte nei pressi di piazza Euclide. I materiali archeologici gettano nuova luce su un culto arcaico, che si celebrava alle idi di marzo con una festa dal carattere licenzioso, connessa con i riti propiziatori di inizio anno. Festa che si svolgeva con grandi bevute, secondo quanto scrive Ovidio: “Si augurano tanti anni quante sono le coppe che tracannano, e le contano bevendo …”.

La fonte, nei pressi di un bosco sacro, era legata al concetto del fluire dell’acqua, strettamente legato a sua volta al fluire del tempo. Dagli scavi è emersa una vasca rettangolare di oltre quattro metri di lunghezza, chiusa con cocci di anfore vinarie intorno al V secolo, tre iscrizioni murate sulla vasca stessa, delle quali due con dedica alle ninfe consacrate ad Anna Perenna, numerosissime monete di età imperiale, lucerne e scatoline di piombo trovate in una cisterna comunicante con la fontana.

Sorprendente è il contenuto della scatoline: si tratta, infatti, di figurine antropomorfe di cera impastata con farina intorno a un osso, con chiodi infissi sulla pancia come si usa fare nelle fatture. Sono in mostra anche alcune lucerne che contenevano delle lastre di piombo incise con defixiones, ovvero testi con maledizioni o richieste di punizione contro qualcuno. Il termine deriva dal latino defigere (inchiodare), in quanto il supporto scrittorio veniva arrotolato e inchiodato. Tra queste maledizioni, c’è un’invocazione al demone Abraxas, e un’altra, scritta presumibilmente da un cristiano, nella quale compare anche il nome di Cristo (e più esattamente “Cristo nostro” contrapposto alle “ninfe vostre”), che evidentemente era considerato come un grande guaritore e mago. Tutto ciò fa pensare a dei riti magici, vietati dallo stato romano, che si possono spiegare in parte tenendo conto che Anna Perenna è una divinità arcaica, estranea alla città e piuttosto misteriosa.

Sulla sua identità si sapeva in realtà molto poco già al tempo di Ovidio. Taluni la ritenevano una personificazione della luna, altri una ninfa, nutrice di Giove; altri ancora pensavano che fosse la vecchia che da Boville portava ogni giorno cibo e conforto ai plebei secessionisti che si erano raccolti sul Monte Sacro. La versione più accreditata era che Anna fosse la sorella di Didone che, profuga e raminga dopo il suicidio di lei, approdò un giorno sul lido laziale e venne accolta da Enea nel suo palazzo. Ma Lavinia, moglie di Enea, era insofferente verso la cartaginese, che con la sua presenza poteva risvegliare troppi ricordi nell’amato sposo. Anna, che a sua volta diffidava di Lavinia, ebbe un sogno premonitore che l’avvertiva di una trama ai suoi danni. E fu così che in piena notte scappò. Nella sua folle corsa incontrò Numicio, dio del fiume omonimo, che la invitò nel suo letto. Anna si gettò nel fiume e divenne ninfa perenne.

Non trovandola più a casa, Enea mandò dei servi a cercarla e quelli, seguendo le sue orme, la videro alfine tra le acque, in mezzo alle ninfe. Per festeggiare la nascita della nuova divinità, essi si misero a banchettare e da quel momento insorse l’uso di festeggiarla in quel luogo. Il verbo annare indicava l’introduzione del nuovo anno e perannare il ripetersi della prosperità attraverso le stagioni fino all’anno seguente. Anna Perenna potrebbe essere vista come una dea Madre, simboleggiata dalla luna piena, che nel suo ciclico movimento nutre le creature terrestri. Anna in effetti era nutrice, sempre in movimento e allo stesso tempo vecchia, o meglio annosa.

Pubblicato in: 
GN32 Anno VI 26 giugno 2014
Scheda
Autore: 
Nica Fiori
Titolo completo: 

Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano, viale De Nicola, 79, Roma

Orario: dalle 9,30 alle 19,45, chiuso il lunedì. La biglietteria chiude alle 18,45
Biglietto 7 €, ridotto 3,50 €
Biglietto unico valido 3 giorni per 4 siti del Museo Nazionale Romano (Palazzo Massimo, Palazzo Altemps, Crypta Balbi, Terme di Diocleziano)

Info: 06.39967700
www.coopculture.it