Una mostra itinerante. Il Buon secolo della pittura senese

Articolo di: 
Daniela Puggioni
Domenico Beccafumi: Santa Agnese e Artemisia

La mostra Il Buon secolo della pittura senese è dedicata ai protagonisti della pittura senese tra l'inizio del '500 e i primi decenni del '600, come evidenzia il sottotitolo: “Dalla Maniera moderna al lume caravaggesco”. Si articola in tre sezioni diverse a Montepulciano, San Quirico d'Orcia e Pienza e inoltre suggerisce itinerari a Siena e in terra di Siena, nelle chiese, nei Monasteri, nei musei per vedere gli affreschi o i dipinti che non è stato possibile esporre, per diverse ragioni.

Si parte da Montepulciano dove Domenico di Jacomo dové al suo potente protettore Lorenzo Beccafumi l'inizio della sua folgorante carriera, che lo porterà ad operare a Siena, e anche il cognome. Ad Andrea Giorgi si deve il ritrovamento nella Biblioteca e Archivio Storico “Piero Calamandrei” di Montepulciano di un documento che proverebbe che il giovane Domenico “dipentore “ fu l'autore del gonfalone di Santa Agnese, ora conservato anche se non totalmente integro nel Museo Civico. Il museo è posto dal 1954 nel Palazzo Neri – Orselli, che è sede anche della prima parte della mostra dedicata a “ Gli esordi di Beccafumi e la pittura a Siena nel primo decennio del Cinquecento", a cura di Alessandro Angelini e Roberto Longi. Il testo del  documento parla di un: “Domenico dipentore “che sta in casa di Lorenzo Beccafumi” e che per la realizzazione di una Santa Agnese fatta per il Comune ebbe 63 lire a saldo di una spesa complessiva “che costò duchati 10” (70 lire). Da questo documento è nata l'idea della mostra perché si è fatta luce su un periodo poco conosciuto: gli esordi del giovane Domenico Beccafumi (1485 -1551) che grazie al suo protettore, che fu per due volte podestà a Montepulciano, ebbe le prime commissioni.

Domenico Beccafumi nato a Sovicille, vicino Siena è il più originale pittore senese dell'epoca il suo stile straordinario è inconfondibile per il disegno, la strabiliante e iridescente tavolozza cromatica e la composizione ardita delle sue opere. Il gonfalone con la Santa Agnese, svela che all'inizio della sua attività la sua pittura mostra un chiaro influsso del Perugino, nella figura della Santa, mentre nel paesaggio e nella raffigurazione della città di Montepulciano sono percepibili, nell'uso dello sfumato, quelli di Leonardo. La scoperta di questo stile giovanile diverso da quello più noto. successivo ha permesso anche l'attribuzione di altre opere di cui finora l'autore non era identificato. All'epoca le confraternite avevano l'usanza di utilizzare un cataletto adornato di pitture per il trasporto dei defunti alla sepoltura, due  tavole una con San Michele Arcangelo l'altra con un Flagellante (1503 circa), che facevano parte di un cataletto sono state così attribuite al giovane Beccafumi, in quanto coerenti con il suo stile giovanile e sono messe a confronto con altre tavole, più tarde ( 1511 - 12 ?) sempre di un cataletto rappresentanti Sant'Agostino, San Galgano, San Paolo e Cristo in pietà, proprio per evidenziare il cambiamento stilistico avvenuto in pochi anni.

Al periodo giovanile sono da ascriversi anche le tavole dedicate alle eroine femminili, Giuditta (1506) per le virtù civiche, Artemisia e Cleopatra (1507) per la fedeltà coniugale, che decoravano probabilmente la spalliera del letto di una camera gentilizia, anche se non si sa chi le commissionò. Nelle ultime due, l'uso dello sfumato di derivazione leonardesca e la dolcezza raffaellesca dei lineamenti, ci segnalano una rapida assimilazione delle nuove tecniche pittoriche che il Beccafumi presto rielaborò nel suo personalissimo stile. Sono presenti anche due quadri con lo stesso soggetto che ribadiscono i debiti del giovane Domenico verso i grandi “Maestri”: la Madonna col Bambino e San Giovannino (1508 e1511) anche se cominciano ad emergere le peculiari caratteristiche del Beccafumi ancora più evidenti nella Madonna col Bambino (1514 circa). Abbiamo scelto alcune opere che ci sembrano più rappresentative ma ce ne sono anche altre messe a confronto con soggetti affini di interessanti pittori coevi come Girolamo del Pacchia (1477-1533), Fra' Bartolomeo (1472-1537), Girolamo Genga (1476-1511) e Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma (1477 – 1549) di cui è presente una Allegoria dell'Amor celeste (1504).

Al pittore vercellese, che operò sia a Siena che nel senese lasciando superbe testimonianze della sua arte, è dedicata la sezione della mostra ospitata a San Quirico d'Orcia, nell'incantevole  Palazzo Chigi Zondadari, che ha per titolo Dal Sodoma al Riccio: la pittura senese negli ultimi decenni della Repubblica, a cura di Gabriele Fattorini e Laura Martini. L'esposizione è articolata in tre sale, nella prima si inizia dalla situazione artistica a Siena nel 1530, tra le opere esposte un cataletto dipinto dal Sodoma (1526-27) per la Compagnia di San Giovanni Battista della morte. Delle quattro tavole, soprattutto la Madonna col Bambino e il Cristo in pietà, rivelano quanto fu importante nel Sodoma l'influenza di Raffaello. Del Beccafumi sono esposte due versioni del Cristo porta croce, una replica di buona fattura della bottega di un autografo, ora al museo di Palazzo Mansi a Lucca, del 1520, circa, l'altra invece è una opera del 1545, circa, appena restaurata, messe a confronto per evidenziare il  cambiamento nel tempo sua pittura.  Dal fondo scuro della prima, la figura del Cristo emerge con un forte contrasto di luce per evidenziare la drammaticità della scena, mentre quella più tarda ha toni più sfumati ma non per questo la resa del soggetto è meno intensa, al contrario l'espressione della sofferenza è più coinvolgente.

Alla tarda attività del Sodoma e della sua bottega è dedicata la seconda sala in cui è esposta, fresca di restauro, la Natività della Vergine del 1545, proveniente dalla Cappella Pecci nella chiesa del Carmine a Siena. È una complessa scena teatrale ricca di dettagli realistici, che ha in primo piano le cure per Gesù appena nato e in secondo piano Maria accudita da due donne mentre Giuseppe la guarda, affacciandosi da prezioso tendaggio rosso che inquadra il letto. Sono in mostra del Sodoma anche due quadri con lo stesso soggetto, la Sacra famiglia e San Giovannino, una del 1530 in una forma raffaellesca ancora vicina al Perugino e una del 1540 affine allo stile tardo di Raffaello. Nella stessa sala sono esposte alcune opere di un pittore che si formò nella bottega del Sodoma, denominato da studi recenti “Marco Bigio” che Gabriele Fattorini propone di identificare come  Girolamo Magagni detto Giomo del Sodoma (1507-1562). Tra le opere esposte di questo pittore ricordiamo. la Venere che alluderebbe alle "Tre età della donna”, il quadro ha un paesaggio “nordico” ma la figura ricorda la Leda leonardesca. L'ultima sala è dedicata ad un altro senese Bartolomeo Neroni detto il “Riccio” (1531-1571) il cui percorso espressivo si ispirò sia a Baldassare Peruzzi (1481 -1536), sia al Sodoma, in mostra ricordiamo la Sacra famiglia con San Giovannino e un angelo, opera di incerta datazione, è un dipinto di raffinata fattura affine al “classicismo” del Peruzzi .

Ultima tappa a Pienza, nel restaurato Conservatorio San Carlo Borromeo, per l'ultima sezione dedicata a Francesco Rustici detto il Rustichino, caravaggesco gentile, a cura di Marco Ciampolini e Roggero Roggeri. Dopo la “Maniera moderna “ fu il genio dirompente del  Caravaggio (1571-1610) ad influenzare prepotentemente i contemporanei, a Siena Rutilio Manetti (1571-1639) e Francesco Rustici detto il Rustichino (1592 – 1626) ne furono gli esponenti più interessanti e originali nella personale reinterpretazione della pittura del Merisi. In mostra ad illustrare quale fosse l'ambiente artistico in cui si mosse il Rustici ci sono alcune opere di consanguinei, il padre Vincenzo e lo zio Alessandro Casolani, che avevano una rinomata e apprezzata bottega. Dei contemporanei ricordiamo di Rutilio Manetti, l'Ecce Homo di chiara impronta caravaggesca e i Giocatori e suonatori contrassegnati dall'influsso di Gerard van Honthorst noto anche come Gherardo delle Notti (1592 –  1656)  e la Madonna con Bambino di Orazio Gentileschi. Nelle diverse opere esposte si nota come oltre a Caravaggio fu il classicismo della scuola bolognese e in particolare il Annibale Carracci a determinare le scelte espressive del Rustici. Tra le varie opere esposte ricordiamo il San Giovanni Battista, ancora vicino al manierismo dei consanguinei, nella Sacra famiglia, San  Giovannino e Michele Arcangelo nell'uso dei chiaroscuri si percepisce, invece, l'incipiente influsso del Caravaggio. La Madonna col Bambino e i Santi Carlo Borromeo,Francesco, Chiara, Caterina da Siena e Giovanni Battista è caratterizzato dalla morbidezza e dalla soavità dei volti dei personaggi che rimandano al Carracci, il paesaggio invece richiama le atmosfere e i colori di Guido Reni, mentre il realismo e la luce della Maddalena morente ricordano le atmosfere di Gherardo delle Notti. Il prezioso catalogo ricco di fotografie a colori, edito da Pacini, fornisce una guida approfondita anche per le opere che si possono ammirare  tra Siena e le terre del “Senese” cosa che suggeriamo per avere una visione più completa degli artisti, soprattutto per quanto riguarda il Beccafumi e il Sodoma.

Pubblicato in: 
GN44 Anno IX 15 settembre 2017
Scheda
Titolo completo: 

IL BUON SECOLO DELLA PITTURA SENESE
Dalla Maniera moderna al Lume Caravaggesco
Montepulciano | San Quirico d’Orcia | Pienza
18 marzo 2017 | prorogata fino al 30 settembre 2017

Domenico Beccafumi, l’artista da giovane
Montepulciano, Museo Civico Pinacoteca Crociani.
a cura di Alessandro Angelini e Roberto Longi

Dal Sodoma al Riccio: la pittura senese negli ultimi decenni della Repubblica
San Quirico d’Orcia, Palazzo Chigi Zondadari
a cura di Gabriele Fattorini, Laura Martini

Francesco Rustici detto il Rustichino, caravaggesco gentile e il naturalismo a Siena
Pienza, Conservatorio S. Carlo Borromeo
a cura di Marco Ciampolini, Roggero Roggeri

info www.ilbuonsecolodellapitturasenese.wordpress.com