Napoli Mercadante. L'onestà ed il suo contrario

Articolo di: 
Pietro Puca
Teatro Stabile di Napoli

Per la regia di Antonio Calenda, al Teatro Stabile di Napoli, è stato in programma fino al 15 gennaio, il Pirandello di Il piacere dell'onestà: rivedendolo, la mente vola ad un altro capolavoro che – non a torto – può dirsi la pietra miliare della civiltà occidentale: il Fedone di Platone.

La dichiarazione di Angelo Baldovino: «Sposerò per finta una donna; ma sul serio, io sposo l’onestà» dichiara il riscatto di un uomo dai fallimenti di una vita. Cosa c’entri il dialogo che narra della morte di Socrate e della grande disquisizione sull’immortalità dell’anima è presto detto. Il filosofo è in prigione in attesa dell’esecuzione della pena capitale: discorrendo con gli amici, la prima scena che al lettore viene offerta è la circolarità del dolore-piacere.
Quanto sia strano, dice Socrate, che al dolore precedente all’essere incatenato in ceppi, sovvenga immediatamente il sollievo, rimosse le catene, quasi come se gli Dei avessero voluto unire a forza due entità antitetiche ed in perenne conflitto: il piacere ed il dolore di talché, volata via l’una, il vuoto sia destinato a essere riempito dall’altra.

Tale grandiosa introduzione è destinata, poco alla volta, ad essere ampiata con un maggiore concetto latamente riferito alla giustizia, cagione per cui il condannato a morte rifiuta ripetutamente di scappare sottraendosi alla morte: egli indubbiamente sta subendo un infame torto proprio da quella città e da quegli Ateniesi che aveva contribuito a rendere consapevoli spogliandoli di pregiudizi e false verità, ma è proprio da quella consapevolezza dell’ingiustizia che i suoi aguzzini avranno modo di riflettere sul supplizio ristabilendo la giustizia delle “leggi”.

Ed è dunque dalla circolarità di ciò che è soggetto al relativismo, alla generazione ed alla corruzione che se ne conclude che il contrario genera il suo contrario, onde una società più giusta proviene da una più ingiusta e così via. È così che il concetto di Onestà trattato da Pirandello è un valore visto nell’ottica relativistica del suo tempo in chiave di attacco alla borghesia perbenistica e conformista fino al punto di fingere una condizione da tutti accettata seppur prive di quelle basi “oneste” per consolidare le quali è pur necessario un atto disonesto.

È la vicenda della giovane Agata Renni (Debora Bernardi) che, aspettando un figlio dal suo amante marchese Fabio Colli (Fulvio D’Angelo) impossibilitato a sposarlo, in quanto maritato a sua volta, si trova a sposare, per convenienza Angelo Baldovino (Pippo Pattavina), caduto in disgrazia per personali vicissitudini, in cambio del ripianamento di debiti di questi. È l’atto disonesto che serve a ristabilire l’onestà e la rispettabilità sociale di una fanciulla altrimenti considerata irrimediabilmente “perduta” consentendole al pari di continuare la relazione clandestina e “proibita” col suo amante.

Ma se la forma diviene essa stessa “essere” producendo, quale conseguenza, la sua trasformazione a contenitore della bestialità dell’essere umano che altro non si rivela che che convenzione sociale, pacificamente riconosciuta e condivisa. Ma se un uomo decide, portato dalle circostanze, di divenire integralmente sostanza di quella forma, cosa accade? Come interagire, in un universo umano regolamentato dalle ipocrisie e mascherato di ritualità sociali inconsistenti, con l’integrità, con la coerenza, con l’autentica onestà?

Questo accade ai personaggi che popolano la scena in Il piacere dell’onestà: convinti di rimediare ad un atto istintivo, incastrandolo in una salvifica forma convenzionale, socialmente riconosciuta (il matrimonio), attraverso la truffaldina complicità di un uomo da nulla chiamato a recitare il ruolo del marito onesto, si troveranno dinanzi alla manifestazione inedita della Santa Onestà, ideale incarnato nella rettitudine di pensiero e azione di un uomo che intende redimersi “ponendo la sua firma quale avallo alla cambiale da altri sottoscritta”, il riscatto di un uomo di cui la società nega ogni credito e che ora vien reso indispensabile nel dar credito al “fallimento dell’onestà”.

La pura onestà non costretta entro rigide forme di utili convenzioni sociali finisce col soffocare i protagonisti, toglie loro libertà e non permette scelte libere (fosse anche la scelta del nome del bambino o il suo battesimo). L’onestà in altri termini svela la profonda natura di sé stessi e la bestiale ironia di alcuni personaggi si trasfigura nel feroce sarcasmo dell’evidenza con cui le falsità e i sotterfugi svaporano dinanzi all’onestà. Le maschere dei caratteri grotteschi, dalla madre afflitta per la povera figliola, all’infelice innamorato osteggiato dalle circostanze, si frantumano svelando una bestialità ancora più feroce e dominata dai più bassi interessi e istinti.
Interpretazione magistrale da parte di Pippo Pattavina, autentico mattatore del palcoscenico che ha saputo captare da subito l’attenzione del pubblico con la sua misurata e profonda gestualità, con il timbro di voce e le argomentazioni circa il ruolo del marito onesto che egli è chiamato a ricoprire.

La scenografia è semplice ma efficace, una stanza spoglia ed evocante lo stile di inizio ‘900 con due sedili era tutto ciò che occorreva alla scena per poter lasciare libertà ai personaggi.
Una rappresentazione fedelissima al testo pirandelliano più che mai attuale nella denuncia contro i sempre vivi temi della convenzione sociale, del falso perbenismo e del rapporto forma sostanza nei rapporti umani, autentico germe dissolutore della moderna borghesia.

Pubblicato in: 
GN13 Anno IX 27 gennaio 2017
Scheda
Titolo completo: 

Napoli - Teatro Mercadante
Teatro Stabile di Napoli
IL PACERE DELL’ONESTÀ
di Luigi Pirandello
regia Antonio Calenda

dal 4 al 15 gennaio 2017

con Pippo Pattavina
Deborah Bernardi, Valentina Capone, Fulvio D’Angelo, Francesco Benedetto, Marco Grossi, Santo Pennisi, Giulia Modica
scene e costumi Domenico Franchi

produzione Teatro Stabile di Napoli, Teatro Stabile di Catania