Non rubare all'Orologio. La scelta al posto della costrizione

Articolo di: 
Livia Bidoli
Non rubare

Al Teatro Orologio nella Sala Artaud dal 18 al 30 maggio 2010 uno spettacolo di Carlo Dilonardo su testi di Irene Canale mette in scena il topos attuale dell’adolescenza (e anche dell’infanzia in questo caso) infinita. La maturità spaventevole che irraggia i suoi tentacoli, non afferra se non un grumo di polvere, dal quale scivolano via come pietruzze i ragazzi protagonisti Già, Giù, Tutù, Tatà, Giò e Ninì.

Interno di periferia e quattro fratelli che confliggono fra di loro e contro l’unico (Giò), che ha virato altrove ed adesso si trova in difficoltà con la fidanzata ricca (Ninì), che ha perduto un bracciale di diamanti proprio a casa loro.

L’aggressività della povertà contro il cinismo, in fondo finto, di Ninì, è la storia di sempre: quattro fratelli che osteggiano l’unico, Giò, ben calibrato da Bernardo Casertano che riesce a liberarsi del giogo soffocante della famiglia, e per questo lo ricattano, lo maltrattano, lo ingannano. Ma in fondo lui è come loro e quello che lo differenzia sarà solo la scelta al posto della costrizione, della ripetitività di un meccanismo che lega al luogo quanto alle persone, come una condanna inappellabile. Però c’è un ironia che sottende garbata, come le palline che scorrono in terra e battono su qualche spigolo durante il loro ignoto percorso allo sbaraglio. Il bracciale non è che il correlativo oggettivo di ciò che manca, qualcosa di prezioso che invece di condurre al conflitto, possa piuttosto liberare nell’affetto quei sentimenti sottaciuti dalla giovane madre Tatà, - la brava Enrica Nizi, vestita come una bambola di pezza un po’ antica e la frangetta corta vivacemente scolpita sulla fronte -, ma anche da tutti gli altri.

Il piccolo Giù interpretato da Francesco Vellei, figlio della noia che conduce a rapporti insani tra fratello e sorella (Già, ovvero Carmine Balducci e Tatà), viene maltrattato solo perché indifeso, ed entra nella dinamica del furto come bambino perché per lui rubare è “prendere” in prestito, un po’ come lo è per tutti in questa dissoluta casa dei sobborghi romani. La stessa moto che ruba Tatà è solo per farci un giretto con Tutù, la ricciuta Chiara Saiella che si opporrà a Ninì perché la crede diversa e che dovrà ben presto convincersi del contrario.

Gli attori sono tutti bravi e, nonostante lo spazio tra spettatori ed attori sia minimo, si sente quel limite rivivere che, insieme alla regia di Carlo Dilonardo, erige una sospensione tra palco e pubblico, coadiuvata dai lacerti ironici del testo di Irene Canale (Ninì), che fa sobbalzare dalle risate, catartiche e parodianti la crudele insensatezza di alcuni gesti narrati.

Pubblicato in: 
GN15 Anno II 3 giugno 2010
Scheda
Titolo completo: 

Non rubare

Carmine Balducci per Già
Francesco Vellei è Giù il più piccolo
Chiara Saiella Tutù
Enrica Nizi Tatà
Bernardo Casertano Giò
Irene Canale Ninì

Associazione Culturale Teatri&Culture

Testo di Irene Canale
Regia Carlo Dilonardo

Teatro Orologio dal 18 al 30 maggio 2010