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Opera di Roma. Il re si diverte apre la stagione
Il Rigoletto è, forse, di Verdi, il dramma musicale dal cammino piu' impervio che però si presenta per inaugurare la nuova stagione 2018-2019 del Teatro dell'Opera di Roma finalmente con un nuovo direttore, dopo quasi dieci anni dal 2009), che è la bacchetta di Daniele Gatti, preziosa particolarmente in questo frangia temporale in cui tutto è sommosso nella patria verdiana, proprio a livello politico. Ed infatti in nuce al percorso accidentato dell'opera è proprio il riferimento diretto ai potenti ed al loro modo di divertirsi ai danni della "povera gente", diremmo con Dostoevsvkij.
Tratto da Le Roi s'amuse (Il re si diverte, del 1832) di Victor Hugo, e dopo esser stato presentato dal librettista storico di Verdi, Francesco Maria Piave e rifiutato dalla "censura", viene accettatto allorché se ne incarica il Maestro stesso (cfr. Bortolotto, cui è dedicato un omaggio nel programma; e Fedele D'Amico, sempre nel programma), e tuttora non ne è chiaro il motivo. In ogni caso, sebbene criticato aspramente per plagio (e giustamente, sic!) dallo stesso Hugo, Rigoletto sarà un successo della sua prima l'11 marzo del 1851 a La Fenice di Venezia.
Cambiati i nomi dei veri protagonisti, il re Francesco I diventa un non meglio precisato Duca di Mantova - prima si pensò a titolare Gonzaga ma sembrava troppo violento come attacco -; Triboulet diventa Rigoletto, mentre Blanche, figlia del gobbo e disgraziato padre, sarà Gilda, l'opera riscritta può andare in scena. Rigoletto, il buffone del Duca, si fa beffe dell'ultima sfortunata caduta tra le braccia del divorante Don Giovanni verdiano, figlia del Conte di Monterone da cui finisce per essere maledetto: il postribolo del Duca si mostra in tutta la sua empietà nel ritratto che ne viene dato dall'allestimento di Daniele Abbado alla regia e Gianni Carluccio alle scene ed ai costumi. Gli stessi movimenti coreografici a cura di Simona Bucci, enfatizzano il quartierino malfamato dove si riuniscono i "nobili" per trovare donne disponibili a soddisfare tutte le loro peversioni,a cnhe sado-maso (si nota una donna che frusta un uomo sul balcone).
Il quartierino dove abita Rigoletto con la figlia - che i nobili dallo sguardo "sporco" come il proprio animo prendono per una giovane amante del vecchio gobbo, che si adatta a sottomettersi ai potenti per sopravvivere pur senza dignità - si aprirà sulla loro casetta, l'unico nido d'amore puro per Rigoletto; e pure lì entrerà l'empietà senza vergogna del Duca, che seduce la figlia prima in chiesa e poi introducendosi in casa e mentendole sul proprio amore. Ecco, la maledizione ha inizio e si mostra in tutta la sua ignominia. Da qui, al rapimento di Gilda, fino al suo scambio con la vita dell'indegno Duca per intercessione di una prostituta, il passo è breve e del tutto inconsapevole per tutti i protagonisti: il fulmine del Conte di Monterone - il basso Carlo Cigni, pure lui un pò giu' di tono - ha colpito la progenie di Rigoletto, come prima sua figlia.
In generale, ci è sembrata una messinscena molto convincente dal punto di vista visivo, compreso il tristissimo gobbo Rigoletto con la giacca blu-tristezza di lustrini che somigliava però piu' ad un redivivo zio Fenster della famiglia Addams, piuttosto che ad un cupo clown. Quel che poi ci ha convinto poco è stato il tono basso della sua voce fin dall'inizio, che si è un pò riaccesa alla scoperta del rapimento della figlia da parte dei nobili gaglioffi. Il baritono rumeno Sebastian Catana lo ricordiamo nel Nabucco a Caracalla due anni fa, e siamo convinti che può sicuramente donare maggior vigore alla sua voce. Le voci che invece ci sono parse veramente lodevoli sia per fraseggio, sia ritmo, sia cantabilità ed intellegibilità, sono state quelle del Duca di Mantova interpretato dal tenore peruviano Ivan Ayon Rivas, da poco al Massimo di Palermo nello stesso ruolo così come al Regio di Torino in febbraio; Gilda, il soprano Claudia Pavone, ci ha entusiasmato dall'inizio, sapendo rivestire di semplicità e fragilità il suo personaggio, e di una flessuosità calda la voce. Bravi nelle due parti di Sparafucile, il basso Riccardo Zanellato e in Maddalena il mezzosoprano Alisa Kolosova, entrambi riconosciuti a livello internazionale.
Eccezionale la direzione di Daniele Gatti, che ha spinto l'Orchestra in tutte le sue parti ed ha rispettato la partitura verdiana sia nei vertici - "Cortigiani, vil razza dannata!"; "La donna è mobile" - mai sopravanzando le voci, e ben adeguandosi alle varie trame che Verdi ha scritto in particolare in quest'opera per il Coro, diretto egregiamente dal Maestro Roberto Gabbiani. Teatro pieno su tutti gli spalti e grande successo di pubblico.