Opera di Roma. Il Sogno di Faust e Margherita

Articolo di: 
Livia Bidoli
La damanation de Faust

Uno dei titoli più ingiustamente non riconosciuti di Héctor Berlioz torna dopo oltre mezzo secolo all'Opera di Roma e con una regia ed una direzione d'orchestra entrambe straordinarie: dal 12 al 23 dicembre, giusto per fare gli auguri con il Coro celeste finale, ecco La Damanation de Faust del 1846 con Damiano Michieletto alla regia ed il Maestro Daniele Gatti a dirigere l'Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma; il Maestro Roberto Gabbiani ha diretto un Coro che ha una parte da personaggio unico, sempre sul palco ed al di sopra di tutto (e tutti).

E' del tutto evidente che la regia di  Damiano Michieletto è geniale: ha riletto il testo romantico di Goethe (del 1831 l'ultima versione, ma ricordiamo che la stesura è cominciata nel 1770 con l'Urfaust), quanto la traduzione di Gérard de Nerval che ha dato luogo al libretto scritto da Berlioz insieme a Almire Gandonnière. Michieletto, studiando in modo approfondito il testo come il libretto, ha dato luogo ad una versione attuale, simbolica, allegorica, di un testo in cui ha introdotto dall'eutanasia, al bullismo, allo stupro, ed interpretando in modo corretto anche la speculazione iconografica cristiana con il lavaggio dei piedi di Faust, clamorosamente coraggioso nel porre al suo centro l'uomo vittima di sé stesso prima, di Mefistofele poi. In proposito, citiamo una riga chiarificatrice da Goethe in cui parla il Coro degli Spiriti: “Un semidio l'ha frantumato!” (il mondo, riferendosi a Faust). Come ad identificare Faust con Everyman, e quindi emblema della sua schiavitù manovrata da Mefistofele attraverso l'accensione del desiderio.

Spieghiamo meglio: la légende dramatique de La Damanation de Faust è formulata attraverso ventuno scene – mentre Michieletto ha diviso in otto quadri la scansione registica riprendendo la matrice dell'opera che sono appunto le Huit scènes de Faust op. 1 del 1829 - che si collegano tra loro attraverso la musica ma ben differenziate. Il lavoro che hanno dovuto eseguire quindi in sincronia, sia il direttore d'orchestra Daniele Gatti, sia il regista Damiano Michieletto, è di raccordo narrativo-musicale tra esse. L'allestimento del Teatro dell'Opera di Roma in coproduzione con Teatro Regio di Torino e Palau de Les Arts Reina Sofía di Valencia dove continuerà il suo tour, è stato pensato fisso ma con parti mobili e parecchi meccanismi a regolare le diverse zone del palco come della vicenda. Di fondo abbiamo un ospedale dove Faust viene ritratto giovane mentre, malato, copre un vecchio (il vecchio Faust stanco e annichilito dagli anni e dalla noia di sapere troppo e di aver esaurito il gusto per la ricerca): sicuramente la malattia è connessa al suo comportamento promiscuo e senza precauzioni – il balletto si svolge in discoteca con ballerini con le maschere sui volti, a celare la propria identità – e quindi possiamo supporre che sia l'AIDS. La danza ungherese di Rácóczy molto ritmata, scelta da Berlioz per il passaggio di un'armata di soldati, è invece collegata all'atto di bullismo su Faust che fa presupporre un complesso ingenerato da quel sopruso. Quest'ultima scena è in forte contrasto con la pacifica infanzia in cui conosce Margherita –, introdotta da Michieletto con l'incontro ed il gioco di Faust e Margherita bambini, che designa il sogno fatale che li congiunge aldilà del tempo e dello spazio ad un livello superiore – ed il canto romantico di ode alla natura dell'inizio.

Il climax entra in gioco con Mefistofele nel momento in cui si evidenzia la sua portata di marionettista che muove i fili di entrambi. La scena del bacio tra Faust e Mefistofele che prende il posto di Margherita – strumento di seduzione -, è perfettamente intellegibile sia rileggendo il libretto dell'opera: “Senza appagar la tua brama divorante /l'amore che t'inebria  raddoppierà la tua follia, /avvicinando il momento in cui ti ghermirò”; d'altra parte Goethe dice: “Di buon grado acconsento a esser tuo qui sui due piedi. Sarò il tuo compagno.” Scena clou che spiega sia il bacio tra i due uomini, sia il perché Mefistofele si sostituisca a Margherita, precedentemente nelle sembianze di Eva nel Paradiso terrestre farlocco (si accende con la spina) creato dal diavolo. Entrambi sono sedotti dal desiderio che lui ispira e di cui nutre le fiamme che ben presto cingeranno Faust all'inferno (vero).

L'apoteosi  è parente della Symphonie Fantastique che Berlioz stava scrivendo nello stesso periodo: il crescendo infernale raggiunge il suo apice in una scena spaventosa in cui il palco viene ricoperto tutto di nero dopo che Faust viene tinto di nero da Mefistofele. La scena è angosciante e parallela a quella del supplizio e poi del Sabba dell'eroe romantico della Symphonie, che perde l'amata perché non lo ama e ne è indegna; all'opposto di Margherita che invece si salva per la sua purezza (che non termina in un “bicchier d'acqua” come quelli che si getta sul capo nella scena sul palco) e viene violentata dal diavolo proprio per questo: passaggio sui dovremmo riflettere. Viene “violentata la purezza” di Margherita e non la sua colpa. Trovo personalmente una profondissima e delucidante apertura su quello che effettivamente è il senso di questo atto turpe ed odioso che termina con la salvezza terrena (secondo Michieletto che la pone vicino alla bara di Faust) ed ultraterrena di lei.

Il cast di questo spettacolo è di eccellenza: il tenore ceco Pavel Černoch recita nella parte di Faust in cui ha già debuttato sui palcoscenici europei, ha una bella voce ed un portamento e presenza attoriali contenuti ed eleganti. Alex Esposito  è uno dei più importanti bassi-baritoni del momento, canta nella parte di Mefistofele, e recita ironicamente come “serpente” e burattinaio, voce forte e piena. Nel ruolo di Marguerite, Veronica Simeoni, mezzosoprano, che abbiamo già potuto apprezzare in The Bassarids di Henze un paio d'anni fa, e che è eterea di per sé, nella voce e nel corpo, sebbene con un vestito rosso fiammante che però è estremamente raffinato. Nella parte di Brander, qui sorta di mattatore televisivo da taverna rimodernata, troviamo il basso croato Goran Jurić, adeguata voce e possenza fisica.

La direzione dell'Orchestra del Teatro dell’Opera di Roma da parte del Maestro Daniele Gatti – notorio a Bayreuth per le direzioni wagneriane e che ho potuto ascoltare con estremo piacere lo scorso anno al Teatro La Scala con I maestri cantori di Norimberga, appunto di Wagner – è stata inappuntabile: sicura, attenta a tutte le asperità di quella che Berlioz ha scritto come musica antiaccademica, in cui le regole si creano per scardinarle; ha conferito vivacità a tutti i recitativi, vera anima di questa successione di scene incastonate tra di loro, evidenziandone i momenti ironici e rendendo meno melodrammatico il canto; è stato seguito con esatto rigore e vigore dall'Orchestra che ha dato un'ottima prova.

Il Maestro Roberto Gabbiani ha diretto il Coro come se fosse un unico cantore infernale e celeste a seconda dei momenti, incuneato a sovrastare i protagonisti, a farli perdere ed a salvarli: i terribili momenti in lingua “demonica” sono stati esaltati dalla regia di Damiano Michieletto in modo superlativo, come per tutta la durata della rappresentazione, ricca di spunti e che merita l'inaugurazione del Teatro della Capitale, alla stregua dei teatri teutonici, pronti alle riletture intelligenti ed innovative dell'opera.

Pubblicato in: 
GN8 Anno X 23 dicembre 2017
Scheda
Titolo completo: 

Teatro dell'Opera di Roma
Stagione 2017/2018
Inaugurazione il 12 dicembre 2017
fino al 23 dicembre
La damnation de Faust

Musica di Hector Berlioz

Leggenda drammatica in quattro parti
Libretto di Hector Berlioz e Almire Gandonnière
da Johann Wolfgang Goethe tradotto in francese da Gérard de Nerval

Prima esecuzione in forma di concerto
Parigi, Opéra-Comique, 6 dicembre 1846
Durata: 2 ore e 5 minuti ca (senza intervallo)

Direttore Daniele Gatti
Regia Damiano Michieletto

Maestro del coro Roberto Gabbiani
Scene Paolo Fantin
Costumi Carla Teti
Luci Alessandro Carletti
Video Roca Film
Movimenti mimici Chiara Vecchi

Interpreti
Faust Pavel Černoch
Méphistophélès Alex Esposito
Marguerite Veronica Simeoni
Brander Goran Jurić

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma
con la partecipazione della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma

Nuovo allestimento
in coproduzione con Teatro Regio di Torino e Palau de Les Arts Reina Sofía di Valencia

in lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese

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