Quando l'eroina è una cameriera. Due romanzi affascinanti

Articolo di: 
Elena Romanello
Longbourn House

Il successo planetario del serial cult Downton Abbey ha risvegliato un interesse giusto per chi, nei secoli passati, stava dietro al lusso di palazzi, feste e costumi, cioè la servitù, quasi sempre sottopagata ma fondamentale perché tutto fosse sempre a posto per l’alta società. Due romanzi a sfondo storico appena usciti in italiano raccontano proprio due vicende legate a cameriere e valletti, con premesse diverse e risultati entrambi interessanti.

La Beat edizioni propone Il palazzo d’inverno di Eva Stachniak, storia dell’ascesa al trono di Caterina II di Russia nella seconda metà del Settecento raccontata dal punto di vista di Varvara, la sua cameriera nonché spia nel Palazzo d’Inverno, dove vive e lavora fin da adolescente, più o meno coetanea della sua celebre padrona, assistendo a intrighi, passioni, congiure, battaglie. Un romanzo storico su un’epoca affascinante, raccontato senza concessioni ai luoghi comuni più triti e ritriti del genere, attraverso gli occhi di una protagonista d’eccezione, lontana dalle figure classiche della cortigiana o della principessa ma non meno avventurosa di loro.

La Einaudi invece presenta Longbourn House, di Jo Baker, nipote di persone che erano a servizio presso alcune case nobiliari britanniche, una sorta di Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen raccontata dal punto di vista della servitù, quelle persone grazie alle quali Elizabeth e le sue sorelle erano sempre bellissime e nascondevano tutte le loro fragilità sotto lo splendore dei loro abiti. La protagonista è Sarah, un’orfana a servizio della famiglia Bennett dall’infanzia, attorniata da Mrs Hill, la governante, che nasconde un segreto romanzesco niente male, Mr Hill, marito della precedente e maggiordomo anche lui con un paio di scheletri nell’armadio, Polly, la cameriera più giovane, e il neo arrivato James, il valletto.

Queste figure che nella storia originale erano poco più che fantasmi, qui diventano gli eroi e le eroine, con passioni, intrecci, vicende che ricordano le condizioni di vita e di lavoro con gli occhi di oggi proibitive come orari, igiene e mansioni ma anche la situazione mondiale dell’epoca, tra schiavitù e guerre napoleoniche. Un libro mai pettegolo, mai morboso, dove Sarah non è mai in contrasto con le sue padrone, alle quali rimprovera solo di non aver abbastanza cura delle loro sottogonne, ché poi lei deve lavare. C’è anche un po’ di classismo, ma rimane sullo sfondo, e quello che conta sono le vicende di questi personaggi, umani e a tutto tondo, veri artefici di un mondo, dimenticati per troppo tempo dalle cronache e dai romanzi ufficiali, pronti a tornare per svelare quello che c’era sotto lo splendore ma anche le loro storie, appassionanti come e più dei loro padroni.

Raccontare le storie di classi sociali per troppo tempo dimenticate diventa quindi una nuova chiave per narrare vicende interessanti e intriganti, profondamente vere. E se Caterina di Russia poté diventare l’Imperatrice che fu è stato senz’altro grazie alle tante Varvare che aveva intorno, così come se le ragazze di buona società come Elizabeth e le sue sorelle poterono fare i loro matrimoni lussuosi e gestire le loro residenze da favola fu grazie a persone come Sarah e le sue colleghe. Persone di cui è davvero ora di parlare.

Pubblicato in: 
GN3 Anno VII 20 novembre 2014
Scheda
Titolo completo: 

Jo Baker, Longbourn House, Torino, Einaudi, 2014, Traduzione di Giulia Boringhieri. Supercoralli pp. 386 € 18,00. 

Eva Stachniak, Il palazzo d'inverno, Beat edizioni, 2014, pp.416, € 13,90