Santa Cecilia. Romanovsky cristallino accanto all'Aurora boreale

Articolo di: 
Livia Bidoli
Alexander Romanovsky

A Santa Cecilia tre serate dedicate a Sibelius per il 150° della nascita ed omaggiando altrettanto Sergej Rachmaninoff che, prima di ascoltare Sir Pappano dedicarsi alla Sinfonia n.2 del compositore finnico, dà spazio al poema sinfonico di Rachmaninoff che rivive dopo un secolo a Santa Cecilia – il 1916 diretto da Toscanini -, ovvero L'isola dei morti ispirata dal quadro omonimo di Arnold Böcklin e seguito dal Concerto n. 1 per pianoforte ed rochestra con al piano l'ucraino Alexander Romanovsky.

Il pianista ucraino Romanovsky lo abbiamo ascoltato lo scorso anno per la stagione concertistica della IUC presso la Sapienza: naturalizzato italiano, il pianista è nato in Ucraina nel 1984, ed è stato allievo di Leonid Margarius, allievo a sua volta della sorella di Horowitz, Regina, che per lui ha rappresentato il suo Maestro più rilevante per la sua formazione. Lodato da Carlo Maria Giulini, a 17 anni vince il concorso Busoni di Bolzano, uno dei più celebri al mondo.

Il Concerto n.1 in fa diesis minore per pianoforte e orchestra composto da Rachmaninoff a 18 anni, nel 1891, dopo l'insuccesso della prima sinfonia che lo mise a terra, è il più composito e più raffinato dei suoi piano concerto, ed anche affrontato meno spesso dagli esecutori, spesso più votati ad interpretare il Rach 2 ed il Rach 3. Eppure con i seguenti piano concerto condivide un tratto dominante nella sua armonia di fondo, evidente nelle successive modifiche che avvennero dopo la composizione degli altri due e che quindi ingloba quelle carattertistiche di colore e funzionalità proprie della versione definitiva del 1919, quella che abbiamo ascoltato stasera. In questo, la rapidità travolgente, brillante e cristallina con cui affronta il concerto Romanovsky, ce ne dà pienamente atto, di quelle scelte assolutamente da evidenziare nella resa alla tastiera che sono anche proriamente "russe", come affermava lo stesso Rachmaninoff. Il virtuosismo profondamente insito nella partitura fa poi a meno di quei temi che mancano qui, sebbene i movimenti siano tre, e che allontanano il piano concerto dalla forma-sonata: tutto si svolge per successioni di sviluppi pindarici, cercando un equilibrio tra ritmo, colore ed espressione. Magnifico il tocco di Romanovsky anche nelle fasi più "lievi" che imperlano di preziosità appena sussurrate, quanto nei tratteggi vivaci che virano, ottenebranti, verso le sonorità dei tempi moderni, in piena Età del Jazz. Scrosci di applausi a richiedere un bis hanno ottenuto fortuna con un preludio bachiano arrangiato da Alexander Siloti (maestro di Rachmaninoff) con ancora un calore ampiamente meritato per un suono perlato a chiosa della sua performance.

Il poema sinfonico Die Toteninsel di Rachmaninoff, trae ispirazione da un quadro che il compositore in realtà ha visto solo in una riproduzione in bianco e nero ma, questo quadro che Arnold Böcklin dipinse nel 1882 su desiderio di Marie Berna a Firenze, è ricco di materiale primevo e mitico. L'immaginaria Isola dei morti adombrata dai tipici cipressi toscani che svettano alti di fronte al vascello con la figura alta e avvolta in un sudario bianco che conduce la vittima del tempo mortale verso la sua ultima sponda, è di una mesmerizzante potenza. La versione numero tre, la più celebre delle cinque totali, è conservata a Berlino nella Alte-Nationale Galerie e fa rimanere ipnotizzati per la sua energia che affluisce sotterraneamente al nostro spirito, attratto da questa pittura che fa esalare l'Altrove. Amata da Lenin come da Hitler (che aveva comprato la terza, in Russia fino al 1996), e conservata nello studio di Freud, L'isola dei morti di Rachmaninoff - messa in musica anche da Max Reger nel 1913 -, fa decisamente salpare per questo luogo sconosciuto e brunito, dove al bianco dello psicopompo che conduce il battello, corrisponde l'oscurità della foresta sull'Isola. Entriamo nel poema composto dal russo nel 1908, dopo quella Sinfonia n.2 composta due anni prima e che troviamo accanto anche nel cd dei Berliner con Maazel alla conduzione, di cui consigliamo l'acquisto. Pappano dirige splendidamente il poema, e l'Orchestra di Santa Cecilia ha un vibrato particolarmente coinvolgente proprio in quelle parti più intense e che proditoriamente evocano il Dies Irae, leitmotiv di tutto il brano.

L'Isola dove i cipressi regnano indisturbati vibra come quelle Bells che tratte dal poema omonimo di Poe, vennero suonate a Santa Cecilia qualche anno orsono, e tanto devono le une a questa prima evocazione di una morte possente che accende i fuochi fatui di una dimora ultima in cui di tanto in tanto le arpe convocano suoni di pace per le Ombre che si addensano all'intorno.
Nel respiro degli archi si odono i fiati di chi ha valicato la soglia senza requie, forse in una fine che nel quadro è riflessa solo come un viaggio, emettendo quei lamenti che sussurrano mestizia per disperdere il pathos crescente. Gli ottoni svegliano i viandanti da un sonno in cui vorrebbero ristorare l'angoscia, sperando ancora che l'approdo sia altrove, lontano dai cipressi infausti. Ostinatamente, seppur con qualche apertura, la gravità di archi, clarinetto e arpa riporta al rumore delle acque divelte da un vento appena accennato, mentre i ricordi di una vita precedente calma solo per poco ricordi sepolti nel tempo. Profondamente lirico e intriso di drammaticità, il motivo centrale torna a siglare quell'"eterno ritorno" di matrice nietzschiana che approda alla sua chiusura finale.

Il 150° della nascita
di Jean Sibelius (1865-1957), grande compositore ed orchestratore legato ancora a delle forme pienamente ottocentesche preromantiche – più aperti ai nuovi "colori" i suoi poemi sinfonici Tapiola ed il massimo poema per la patria, Finlandia, composto per festeggiare, nel 1899, l'indipendenza dalla Russia -, viene festeggiato da Santa Cecilia e Pappano con la scelta della Sinfonia n.2, composta a Rapallo nel 1901 e che vide nel 1914 sul podio dell'allora Augusteo (dove si trovava prima l'Accademia) proprio il suo compositore a dirigerla, insieme a Finlandia, Leggenda e la suite da Pelléas et Mélisande.
Vigorosa e popolare nel suo incipit, la Sinfonia in re maggiore op.43, è anch'essa vicina a quelle motivazioni politiche che furono alla base della coeva Finlandia: picchi romantici e flessuosità di grande respiro, la melodia è affascinante ed il motivo di tre note che si dinvincola in tutti i tempi del primo movimento, è di pregio oltreché di sicura presa sul pubblico che la rinosce e la ama. Nell'Allegretto lo schema tripartito è presente ma con deviazioni, vari pizzicati, ed il tema lirico arriva tardi nell'esposizione per lasciare posto ad un ampio respiro. I tratti bruniti giungono di tanto in tanto ad evidenziare la drammaticità del portato sinfonico, esalando un vento freddo delle pianure gelate del Nord, eburnee nel pieno del loro spirito boreale. La liricità propriamente tradizionale emerge poi nell'Andante rubato ma anche in quella piana armonia pastorale sottesa anche nel Vivacissimo; il trionfale Finale è intervallato da episodi che conferiscono ancora più vivacità ad un'esecuzione ben ricca di interpretazione orchestrale come di direzione.

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GN19 Anno VII Numero doppio 26 marzo - 2 aprile 2015
Scheda
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Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Stagione Sinfonica 2014-2015
Auditorium Parco della Musica - Sala Santa Cecilia
Sabato 21 marzo ore 18 - lunedì 23 ore 20,30 - martedì 24 ore 19,30

Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Antonio Pappano direttore
Alexander Romanovsky pianoforte

Rachmaninoff  L'isola dei morti
Rachmaninoff  Concerto per pianoforte n. 1
Sibelius Sinfonia n. 2