Scala di Milano. Les contes d’Hoffmann e il Don Giovanni di Robert Carsen

Articolo di: 
Simone Vairo
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Il giorno 7/12/2011 si è aperta la stagione operistica al Teatro alla Scala di Milano con la nuova messa in scena del Don Giovanni mozartiano di Robert Carsen su direzione di Daniel Barenboim.

Una rappresentazione, quest’ultima, sulla quale c’è ben poco da dire se non sottolineare lo sforzo del regista nel cercare di dare vita, senza riuscirci, ad una messa in scena definitiva. Attraverso citazioni scenografiche e registiche di altre interpretazioni ‘dongiovannesche’ (prima fra tutte quella di Sven-Eric Bechtolf - Opernhaus Zürich, 2007), Carsen da vita ad uno spettacolo non sempre coerente (la definizione, ad semespio,  dei personaggi di Donna Anna e Donna Elvira – Anna Netrebko e Barbara Frittoli - viene lasciata al succedersi degli eventi e non alla regia), ma che tolga ogni dubbio sul succedersi degli eventi e sui ‘punti volutamente oscuri’ del libretto (ad esempio il capire, all’inizio dell’opera, se Donna Anna sia stata consenziente o meno alla violenza sessuale di Don Giovanni). Tuttavia qualcosa mancava: l’originalità dell’occhio registico ovvero l’inserimento di un punto di vista diverso nell’opera; anche le parti che si potrebbero considerare di ‘non citazione’ sono sempre riferibili a ciò che si è già visto in tanti anni di Don Giovanni a teatro (si fa riferimento al finale dell’atto II in cui Don Giovanni, dopo esser sprofondato nell’oscurità, ricompare facendo scendere negli inferi gli altri personaggi: quest’ultimo espediente fu usato, in modalità diversa, da Peter Sellars nella sua messa in scena dell’opera mozartiana del 1990 al Pepsico Summerfare Festival). Ad aggiungere punti di demerito alla poca originalità c’è anche la scelta sbagliata del cast: non si è considerata la reale fattibilità dei ruoli in base ai cantanti/attori scelti cantanti. Concludendo: Carsen ha tentato di creare uno spettacolo che fosse di riferimento dimenticandosi, però, d’inserirci il suo ‘tocco’.

Dopo aver esposto il mio parere sul Don Giovanni di Carsen, andiamo a considerare la successiva opera lirica presentata alla Scala il 15 gennaio 2012 (in replica fino al 5 febbraio): Les contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach (su libretto di Julies Barbier) per la regia di Robert Carsen con la direzione di Marko Letonja. Prendendo spunto dai reali racconti di E.T.A. Hoffmann, l’opera (incompiuta) è un insieme di quadri teatrali raffiguranti tre storie sui grandi amori di Hoffmann (Ramon Vargas): Olympia (Rachele Gilmore), Antonia (Genia Kühmeier) e Giulietta (Veronica Simeoni). Il tutto è inserito all’interno di una cornice narrativa: una locanda dove il protagonista sta attendendo che la cantante Stella (la donna da lui amata) finisca la recita del Don Giovanni (in questa recensione è d’obbligo dire: non a caso!).

La messa in scena di Robert Carsen, nata nel 2009 all'Opéra National De Paris, altro non è che uno ‘specchio’ (privo di citazioni) di quella del Don Giovanni prima citato: ambientazione dark, anni cinquanta, con vari riferimenti al teatro e ai suoi ‘dietro le quinte’. Facendo riferimento al libretto, l’interpretazione del regista canadese risulta essere appropriata: è possibile infatti considerare la vicenda come una messa in scena involontaria in cui i personaggi non sono consapevoli d’interpretare loro stessi e di essere, di conseguenza, sotto gli occhi di un pubblico (il prologo quindi potrebbe considerarsi come un ‘dietro le quinte’ dello spettacolo in preparazione che prenderà vita all’iniziare dei racconti di Hoffmann). In tal senso è possibile vedere la scenografia del terzo atto con una piccola variante: all’apertura del sipario vediamo che il nostro presente è stato ribaltato ovvero sulla scena compare un palco con platea, ma girato verso noi spettatori. In tal senso, quanto detto prima sulla condizione esistenziale dei personaggi di Offenbach, viene esteso all’infinito: in breve siamo tutti attori e, allo stesso tempo, spettatori della recita della vita.
Di qualità sono state le abilità attoriali dei vari cantanti in un’opera che, in non pochi casi, presenta momenti di difficoltà tecnica che limitano i movimenti scenici: in particolar modo si fa riferimento al personaggio di Olympia, una donna automa che sia nel canto che nella recitazione deve risultare un perfetto equilibrio tra tecnica e sincronia dei gesti. Un canto quasi inumano quindi il suo che è stato interpretato magistralmente da Rachele Gilmore.

A dare voce a Hoffmann, invece, è stato il cantante messicano Ramon Vargas la cui delicatezza del canto e l’ottima padronanza scenica hanno fatto in modo che il personaggio venisse presentato come un ragazzo sognante che, attraverso le delusioni d’amore, scopre la maturità. Un protagonista da definire ingenuo? Assolutamente no, ma più semplicemente un essere umano con tutti i suoi difetti e pregi.
Magistrale è stato Ildar Abdrazakov che ha prestato la sua grave voce a gran parte dei ‘cattivi’ ideati da Offenbach: li ha resi minacciosi e tenebrosi come se appartenessero al mondo sovrannaturale degli inferi (in particolar modo il riferimento va al Dottor Miracle del secondo atto: un mago, più che un medico, che peggiora la già cattiva salute del personaggio Antonia fino a farla morire). Nota di demerito, invece, va a Ekaterina Gubanova (Niklosse; la Musa) dove nel celeberrimo brano de la “Barcarollenon è riuscita a riempire la sala con la sua voce. E’ pur vero che il pezzo è in crescendo, ma nell'ultima parte le parole devono giugere a pieno volume nell'orecchio dell'ascoltatore. Nulla da dire in merito alla direzione musicale di Marko Letonja: dolce, raffinata, sensibile, leggera e fantasiosa. Questi ultimi due aggettivi vanno in riferimento ai brani “Scintille, diamant” (III atto) e “Kleinzach” (prologo ed epilogo).

Un lavoro quindi, quello di Carsen sull’opera di Offenbach, su cui non c’è nulla da obiettare: interpretazione stretta al libretto e priva di punti deboli.

L’unica cosa su cui riflettere davvero è sulle motivazioni che hanno spinto gli organizzatori del cartellone scaligero a presentare due opere che sembrassero una il seguito dell’altra: quasi fosse un debutto articolato lungo due mesi; in tal caso se il capolavoro mozartiano non ha soddisfatto le aspettative ci ha pensato Offfenbach a chiudere in bellezza l’inizio stagione ‘carseniano’.

Pubblicato in: 
GN13 Anno IV 6 febbraio 2012
Scheda
Titolo completo: 

Teatro alla Scala - Milano

LES CONTES D’HOFFMANN

Dal 15 Gennaio al 5 Febbraio 2012
Durata spettacolo: 3 ore e 40 minuti

Direttore Marko Letonja
Regia Robert Carsen
Scene e costumi Michael Levine
Luci Jean Kalman
Coreografia Philippe Giraudeau

CAST
Hoffmann
Ramón Vargas (15, 19, 24, 27 gennaio; 1, 5 febbraio)
Arturo Chacón-Cruz (17, 21 gennaio; 3 febbraio)

Nicklausse, La Muse
Ekaterina Gubanova (15, 19, 24, 27 gennaio)
Daniela Sindram (17, 21 gennaio; 1, 3, 5 febbraio)

Olympia Rachele Gilmore (15, 19, 24, 27 gennaio: 1, 5 febbraio)
Vassiliki Karayanni (17, 21 gennaio; 3 febbraio)
Antonia Genia Kühmeier (15, 19, 24, 27 gennaio; 1, 5 febbraio)
Ellie Dehn (17, 21 gennaio; 3 febbraio)
Giulietta Veronica Simeoni
Une voix Hermine May
Luther, Crespel William Shimell
Lindorf, Coppelius, Miracle, Dapertutto
Ildar Abdrazakov (15, 17, 19, 21 gennaio)
Laurent Naouri (24, 27 gennaio; 1, 3, 5 febbraio)
Spalanzani Rodolphe Briand
Nathanael Cyrille Dubois
Hermann, Schlemil Nicolas Testé
Andrès, Cochenille, Frantz, Pitichinaccio Carlo Bosi