Teatri di Pietra. Il traguardo di Fedra

Articolo di: 
Livia Bidoli
Fedra

Dalla tragedia di Seneca ispirata ad Euripide (tragedia romana ispirata all’Ippolito portatore di corona (Ἱππόλυτος στεφανοφόρος/Hippólytos stephanophóros) e all’Ippolito velato (Ἱππόλυτος καλυπτόμενος/Hippólytos Kalyptómenos) al dramma di Racine, con la Fedra di Galatea Ranzi all'Antiquarium del Malborghetto la sera del 22 luglio, siamo quasi in zona franca. Il sototitolo, Diritto all'amore, nella versione della tragedia di Eva Cantarella, è una grande affermazione per le donne, aldilà di qualsiasi censo ed età.

Algida come Kim Novak, ed altrettanto sensuale, alta, magra, nel suo trench anni '50 ed occhialoni neri alla Grace Kelly, Galatea Ranzi è martellata dagli scatti fotografici dei  paparazzi: una Diva di Hitchcock e come le sue amate perseguitata dal regista-padre che non può essere amante (e quindi le ossessiona e le tortura, ci ricordiamo la bambolina dell'orrore alla piccola Melanie Griffith, la bimba di Tippi Hedren con le fattezze della madre?): qui un invisibile Teseo-marito, insieme alla Dea Reputazione, unita col Giudizio, viene soverchiata da questo grandissimo, potente, sessualmente e sentimentalmente, afflato della Fedra che fa parlare la Ranzi.

Lei si muove con una sensualità ed una coscienza di sé propria della donna innamorata: ha preso una decisione contro tutti, quella di amare il giovine figliastro che ha vent'anni meno di lei, nonostante la morale, il marito, la possibile accusa di adulterio, il divieto societario per una donna di amare un “figlio” anagraficamente, divieto che a stento colpisce gli uomini, che legiferano per ottenere sconti sulle proprie pratiche ed additare quelle altrui che potrebbero invece procurargli dei danni. Perché è chiaro più che mai che la vera colpa di Fedra, figlia di Pasifae che diede alla luce il Minotauro facendo all'amore con un bellissimo toro bianco, è la ribellione alle regole implicite del tempo e non l'amore. Di quello non ci si preoccupa nemmeno un po': è condannata da principio e nulla la salverà dal suicidio, unico saldo ammissibile con gli avi.

La grande rabbia di questa donna di scelte, che sceglie, si abbatterà furiosa sull'oggetto d'amore che la rifiuta con sdegno, e non ci si chiede nemmeno per un attimo quale sia la vera ragione di questo rifiuto. La si adombra con un “mancato interesse per le donnedi Ippolito, che le rifugge tutte se non come madri: un complesso che potrebbe essere provocato da una presunta omosessualità, ma non ne siamo del tutto sicuri. La vera ragione ci sembra sia più profonda, e maturata con la paura di qualcosa, un rapporto d'amore, nel quale, non solo si infrangono tutti i dettati societari, bensì quello interno, di non mettersi in pericolo concedendosi ad un altro, ad un'altra. Questo lo dimostra quel grande tracimante affetto che Ippolito prova, effettivamente, per Fedra, questo sì, non dissimulato, ma che vuole costantemente mutare in un ben innocente sentimento filiale. Io mi chiedo, dove finisce la sicurezza dell'affetto filiale e dove inizia Eros? Questo è il grande traguardo che ha solcato Fedra, a suo rischio e pericolo.

Ipnotiche e archetipicamente simboliche le immagini scelte dalla regia attenta e precisa nelle mosse di Consuelo Barilari, a guidare una superlativa Galatea Ranzi, che muta ad ogni uscita di scena per intrpretare la grande volontà delle donne di amare, liberamente.

Pubblicato in: 
GN36 Anno VII Numero doppio 30 luglio - 6 agosto 2015
Scheda
Titolo completo: 

XVI Edizione Teatri di Pietra del Lazio
FEDRA -
Diritto all’Amore
Con Galatea Ranzi
Testo originale di Eva Cantarella
Regia e immagini Consuelo Barilari
Consulenza drammaturgica e testi greci di Marco Avogadro
Musiche Andrea Nicolini

Mercoledì 22 LUGLIO 2015
Ore 21.15

ANTIQUARIUM, ARCO DI MALBORGHETTO (Roma)

Via Flaminia km 19,4 in direzione Terni, altezza stazione RomaNord/Sacrofano