The tree of life. La ricerca della voce di Dio

Articolo di: 
Simone Vairo
Tree of Life

Dimenticate la vostra religione...qualunque essa sia; mettete da parte lo scetticismo; ‘buttate via’ la filosofia; solo dopo ciò potrete godere della poesia insita nel quinto ‘epico’ lavoro di Terrence Malick: The tree of life.

E’ la storia, ambientata negli anni '50, della famiglia O’Brien del Midwest raccontata da Jack (Sean Penn), il primogenito, un architetto famoso, ma non felice. Egli si sente un estraneo nel mondo metropolitano e caotico in cui è andato a vivere, così inizia a fare una ‘somma’ della sua vita: i conflitti irrisolti con il padre (Brad Pitt); l’amore per la madre (Jessica Chastain); la sua fede, fino alla morte di suo fratello minore, Steve (Tye Sheridan). Tutto al fine di ricercare gli attimi in cui ha davvero riconosciuto la voce di Dio, intesa come elemento di contatto con l’assoluto: un fuggevole momento di felicità incondizionata.

Apparentemente la trama sembra più che ‘classica’, ma c’è dell’altro: Malick, attraverso il quadro familiare degli O’Brien, racconta una storia di stampo universale accompagnata, passo dopo passo, dalle musiche di Alexandre Desplat, Gyorgy Ligeti e Hector Berlioz.

I pensieri di Jack, infatti, sono legati costantemente alle immagini dell’universo (esplosioni solari, panoramiche di pianeti, stelle che esplodono, ecc.), come a voler intendere che la ricerca dell’uomo dell’assoluto può essere accostata soltanto ai segreti del cosmo: i suoi ‘squilibri’ e le sue origini (tutti temi trattati e mostrati, in ordine ‘cronologico’ all’interno del film; singolare, in questa circostanza, l’uso massiccio degli effetti speciali di Douglas Trumbull – famoso per aver partecipato a film come 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, 1968 -  da parte del regista).

Volendo aggiungere ulteriori informazioni, quindi, che interpretazione si nasconde dietro a The tree of life? Prima di cercare di rispondere, voglio raccontare un evento alquanto insolito: alla fine di ogni anteprima cinematografica, il pubblico (la stampa in questo caso) ‘espone’ sempre una reazione a ciò che ha visto. A luci accese, per il film in questione, nessuno ha osato dire nulla. Perché? Le motivazioni sono plurime: il non aver gradito la pellicola, il restare ‘sconcertati’ o, più semplicemente, il non riuscire a trovare le parole per descrivere quanto appena visto. Attraverso un tentativo d’interpretazione cercherò di rendere tutto il più chiaro possibile premettendo che quanto seguirà sarà solo un diminutivo di ciò che, in realtà, esprime il film.

L’albero della vita, secondo una delle definizioni date nella Cabala, è il cammino di discesa lungo la quale le anime e le creature hanno raggiunto la loro forma attuale, nonchè il sentiero di risalita, attraverso cui l'intero creato può ritornare al traguardo cui tutto anela. Lungo il percorso dell’esistenza, all’uomo vengono date tre possibilità di condurre la sua vita sulla terra per raggiungere una forma definitiva: la forza (il Sig. O’Brien, un padre burbero che crede che la felicità sia nel realizzare se stessi nell’ambito lavorativo); la compassione (Jack) e l’amore (la Sig.ra O’Brien, una creatura dolce e mite che crede che la felicità sia nella meraviglia del creato, nel ‘calore’ familiare). A queste tre vie corrispondono gli aspetti dell’essere umano che propendono a Dio o, in altre parole, al contatto con l’infinito anelando, in esso, un sublime momento di felicità: la natura umana, la bontà e la grazia; quest’ultimo è lo stadio definitivo, nonché la diretta conseguenza degli altri due poiché pone l’uomo in contatto con l’universo/infinito/Dio. I tre rami dell’albero della vita, perciò, sono l’unica via verso l’Onnipotente. E’ un percorso più che definito che permette all’uomo di vivere felice e lontano dai dubbi.

Accade, però, che le certezze dell’esistenza siano messe a dura prova da eventi improbabili (nel caso del film la morte del fratello di Jack), in cui ciò che definisce l’essere umano viene meno. Se non ho più la certezza di poter percepire Dio, come posso giungere all’infinita gioia? Se mi smarrissi, in cosa riconoscerei la reale voce di Dio? In ciò che è a sua immagine e somiglianza? Negli uomini così imperfetti, mortali e malvagi? Se l’umanità non è buona, perchè Dio dovrebbe esserlo? Attraverso quali vie Egli agisce? Quando possiamo dire di aver sentito addosso il Suo respiro? Solo nella vita o anche nella morte? Nelle gioie dell’umanità o anche nelle disgrazie? In quest’ultimo caso, quindi, perchè, quando lo invochiamo, Lui non si presenta? (non è un caso che Terrence Malick abbia usato, in apertura del film, i versi del vangelo di Giobbe - 38; 4,7: “Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?/Dillo, se hai tanta intelligenza!/Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai, o chi ha teso su di essa la misura?/Dove sono fissate le sue basi o chi ha posto la sua pietra angolare,/mentre gioivano in coro le stelle del mattino e plaudivano tutti i figli di Dio?”).

Con queste domande, l’uomo dimentica il suo ruolo nell’albero della vita: non riconosce più se stesso, non trova più il contatto con l’infinito/Dio e l’intero mondo in cui viveva sereno diventa la peggiore delle prigioni. Come uscirne? Tornando a meravigliarsi ovvero ritrovare il contatto con la propria natura di essere umano e con la bontà: l’essenzialità dei valori principali dell’albero della vita. Affinchè questo avvenga, il ramo dell’amore deve ‘farsi portavoce’ degli altri due verso il Creatore, sdoganando le maggiori paure umane: lo scorrere del tempo e la paura della morte. Attraverso l’amore diventiamo padroni del tempo: possiamo non percepirlo, o fermarlo fino a renderlo eterno. Da qui la sconfitta della morte; spiegando meglio: anche quando una persona amata (in riferimento, sempre, alla morte del piccolo Steve nella pellicola di Malick) non c’è più, difficilmente il sentimento per essa si ‘spegne’. In tal senso, l’emittente e il destinatario del sentimento ‘sconfiggono’ la morte tenendo, tra di loro, un collegamento vivo, reale, esistente in mezzo al mondo terreno e ultra-terreno. In altre parole condividono l’eternità da loro creata attraverso l’amore.
 
Le certezze primarie, a questo punto, non sono più le stesse poichè è subentrato un nuovo stato di consapevolezza umana: lo stato di grazia,  decretato dalla capacità di poter ‘misurare’ il tempo, e che avvicina l’uomo al senso dell’eternità, all’infinito, ai misteri dell’universo ovvero di percepire la voce di Dio. Subitamente realizziamo un picco di felicità consapevole: un suono nel silenzio, quasi fulmineo, che, come è arrivato, fugge via. Dopo di esso, l’uomo continua a vivere con la consapevolezza di quel contatto con l’infinito elaborando, ogni qualvolta lo percepisce, una realizzazione del senso dell’esistenza.

The tree of life di Terrence Malick, probabilmente, racconta il percorso di nascita della più primordiale emozione umana (l’amore) o la diretta sua conseguenza (la grazia), ma, ridurlo a ciò, è sempre un diminutivo di quello che in realtà esprime. In qualsiasi caso, il film colpisce dritto alla più profonda sensibilità dello spettatore.

Pubblicato in: 
GN53 Anno III 23 maggio 2011
Scheda
Titolo completo: 

The Tree of Life

REGIA: Terrence Malick
SCENEGGIATURA: Terrence Malick
ATTORI: Sean Penn, Brad Pitt, Joanna Going, Fiona Shaw, Tom Townsend, Jessica Chastain, Jackson Hurst, Crystal Mantecon, Lisa Marie Newmyer, Pell James, Tamara Jolaine, Jennifer Sipes, Will Wallace

Uscita al cinema 18 maggio 2011

FOTOGRAFIA: Emmanuel Lubezki
MONTAGGIO: Hank Corwin, Jay Rabinowitz, Daniel Rezende, Billy Weber
MUSICHE: Alexandre Desplat
PRODUZIONE: Plan B Entertainment, River Road Entertainment
DISTRIBUZIONE: 01 Distribution
PAESE: USA 2011
GENERE: Drammatico
DURATA: 139 Min
FORMATO: Colore 1.85 : 1

Palma d'Oro al 64° Festival di Cannes