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Vaslav Nijinky. Le ombre danzanti
Vaslav Nijinsky (1889 – 1950 ) è una icona leggendaria, artista apollineo, per la sua levità degna di un Ariel, ma anche interprete ambiguo e dionisiaco e coreografo innovatore, è stato uno straordinario protagonista dei mitici Ballets Russes creati da Diaghilev.
Diaghilev fu un portentoso talent scout e si attorniò di artisti, che innovarono profondamente non solo la danza ma anche il modo di concepire lo spettacolo dal vivo. La folgorante carriera di Nijinsky si interruppe tragicamente per il suo disagio mentale che lo portò ad essere ricoverato, a soli trenta anni, in Svizzera nella clinica dello psichiatra E. Bleuer, il primo a coniare il termine schizofrenia per indicare una serie di disturbi psichici.
Prima di precipitare nell'oscurità della sua malattia, da cui non si riprese fino alla morte, Nijinsky scrisse tre quaderni noti come i Diari, che dopo una prima edizione, censurata dalla moglie Romola per le parti che esplicitamente si riferiscono al sesso, sono stati integralmente pubblicati. Il contenuto, che alterna lucidità a delirio è tragico quanto affascinante. Michele Suozzo, noto autore e conduttore della Barcaccia su Radio3, basandosi sui Diari o meglio sui brani, da lui ritenuti più adatti alla drammatizzazione, ne ha tratto un adattamento di cui ha curato anche la regia: La Danza nelle Tenebre, andato in scena dal 4 al 9 novembre 2014 al Teatro dei Conciatori.
Michele Suozzo ha già curato la regia di testi teatrali di grandi autori come Goldoni, Sartre e Racine di cui ha messo in scena anche una preziosa edizione di Athalie, con le musica di scena di Mendelssohn. In questo caso ha realizzato un montaggio coinvolgente e drammatico dei testi, un cimento arduo ma anche seducente per la complessa della personalità del protagonista. Il monologo è diviso in tre parti che ricalcano i Diari, vita, vita,morte, e ha avuto come protagonista Michele Cesari. Una scena soffocante e scura, creata da Dario Dato, in cui un unico elemento mobile apre e chiude lo spazio, alternando una parete nera a uno specchio, in cui si riflette e si sdoppia la personalità di Nijinsky nei suoi molteplici aspetti.
Cesari appare, inizialmente nel costume di Petruška, rivive la sua infanzia, la danza, l'attrazione per il sesso, il suo onanismo vissuto tra piacere e sensi di colpa, gli incontri della sua vita. Descrive Diaghilev uomo seducente ma anche odioso, l'inquietante rapporto vissuto tra sottomissione e ribellione, affascinato e disgustato, ne ricorda i cuscini sporchi della tintura nera per i capelli, gli scontri con Stravinskij, che vede calcolatore e opportunista e infine la diffidenza per la moglie Romola, la reciproca incomprensione e il profondo amore per la figlia Kyra.
Nella seconda parte, nel monologo dedicato alle sue idee tra misticismo e folgoranti intuizioni premonitrici, ci accoglie con l'abito da lavoro, che usava nella preparazione dei balletti: camicia bianca e pantaloni marrone chiaro e scarpe, non di scena, ma adatte ai passi di danza. Il suo discorso oscilla tra delirio, si sdoppia in Dio, e lucidità, l'amore mistico per la Natura, l'orrore per il sangue sparso dagli animali, che lo fa vegetariano. e una riflessione preveggente sulle medicine e il potere. Nella terza parte dedicata alla morte, breve e intensa appare in un sudario.
Trasformarsi in Nijinsky è un impegno arduo, il lavoro compiuto sulla voce e sul corpo da Michele Cesari ha avuto un risultato convincente e coinvolgente, grazie anche al lavoro di squadra tra Michele Suozzo e Laura Salvi , che alle sue spalle vanta una notevole esperienza come coreografa e come insegnante all'Accademia Nazionale di Danza. I movimenti coreografici hanno richiamato alla memoria, celeberrimi balletti, non solo Petruška, ma anche Sherazade, Giselle, Le Spectre de la Rose, che Cesari ha interpretato, mostrando una fisicità, una levità e flessuosità sorprendenti, in una persona, che non ha alle spalle una specifica preparazione coreutica.
I costumi, basati sulle foto, sono realizzati con raffinata eleganza da Fabrizio Maria Garzi Malusardi, le luci di scena sono state appropriate e hanno contribuito alla riuscita dello spettacolo. Infine anche la musica ha avuto una parte importante nello svolgimento drammatico, i bravi Roberto Petrocchi e Alessandro Petrucci hanno suonato musica di autori coevi, di Stravinskij “Tre pezzi per clarinetto” del 1919, la stessa epoca dei Diari e citazioni da Petruška, dalla Sagra della Primavera, e la “Sonata per due clarinetti” di Poulenc, una scelta che ha impreziosito la mise en scène, Scroscianti applausi sono stati tributati a tutti nella sera della prima, che si è svolta il 4 novembre 2014.