Accademia Filarmonica Romana. Auden Cabaret e Il violoncello svelato

Fra gli appuntamenti più attesi della stagione del Bicentenario, l’Accademia Filarmonica Romana ospita giovedì 10 marzo al Teatro Argentina (ore 21.15), novità per Roma, Auden Cabaret cabaret musicale per ensemble strumentale e voci di Matteo D’Amico su testi di Wystan Hugh Auden. Ad eseguirlo Sentieri selvaggi, formazione fra le più dinamiche e attive nella promozione della musica d’oggi da oltre vent’anni, diretta da Carlo Boccadoro, con le voci del soprano Sabrina Cortese e del mezzosoprano Chiara Osella.

Insieme a Stéphane Mallarmé, l’inglese Wystan Hugh Auden - fra i massimi poeti del Novecento, “la più grande mente del ventesimo secolo” come lo definì un altro grande poeta dell’epoca, il premio Nobel Iosif Brodskij - è tra gli autori cui Matteo D’Amico più volentieri si è ispirato. La curiosità per il legame tra musica e testi letterari caratterizza da sempre il comporre dell’autore romano, che ha dedicato al teatro musicale gran parte del suo lavoro (vale ricordare il recente Il viaggio di G. Mastorna dalla omonima sceneggiatura originale di Fellini, Buzzati, Zapponi e il prossimo debutto il 24 aprile a Bologna di Poesia in forma di rosa su poesie di Pasolini).

Dopo aver scritto per Sentieri selvaggi, sempre a partire da Auden, The Nature in the Grave (2015), D’Amico dedica all’ensemble una nuova versione strumentale e vocale del suo Cabaret musicale, apparso per la prima volta nel 2006. Il nucleo fondante del lavoro è l’ultimo scritto poetico di Auden, The Entertainment of the Senses, che risale al settembre del 1973, pochi giorni prima della sua improvvisa scomparsa, e firmato insieme al compagno di tante avventure teatrali, Chester Kallman. Auden fa parlare, uno alla volta, i Cinque Sensi, con quella vena ironica così amara e sferzante che gli era quanto mai congeniale: i Sensi parlano per bocca di cinque scimmiette (apes) comandate a bacchetta da un Ciambellano (Chamberlain: Saltimbanco? Imbonitore?) in un’atmosfera che potrebbe richiamare quella di una rivista o di un cabaret. E cosa ci raccontano queste scimmiette-Sensi? Ci dicono la loro, ciascuna dal proprio angolo visuale, sull’oggi, su quel momento di cui il poeta, solo due anni prima, aveva detto di temere in alto grado la “costrizione”. E allora, via libera alla critica più spietata della folle corsa verso il Benessere e il Progresso, dei comportamenti ipocriti di borghesi e benpensanti, degli Idoli del materialismo trionfante. A cinquant’anni dalla sua stesura, basta aggiornare i nomi degli Idoli indicati allora dal poeta per capire quanto, nella sostanza, sia attuale il messaggio di Auden.

La morale è questa, come esse vi han detto: siate ‘in’, siate ‘in’, siate ‘in’ fino alla morte”, è l’amarissima, sferzante conclusione del poemetto che, al di là di questa intima assonanza con il sentire del poeta, nacque come interpolazione ad una masque secentesca di James Shirley, intitolata Cupid and Death. In questa veste composita lo spettacolo andò in scena dopo la morte di Auden nel 1974 a Londra, con la musica di John Gardner.

Interpolazioni dell’interpolazione, nel lavoro di D’Amico si sono aggiunte all’Entertainment altre due liriche composte dal poeta una decina di anni prima, molto inerenti ad esso per argomento e clima poetico, The Golden Age e Recitative by Death. Nella prima, che apre Auden Cabaret, Auden evoca la mitica Età dell’Oro, dove gli uomini vivevano in armonia e semplicità, turbata poi dall’avvento del Progresso, capace di inquinare i rapporti fra gli uomini in modo irreparabile. Solo la figura di Don Chisciotte sembra ergersi a campione contro la corruzione della vita sociale. Recitative by Death è invece una breve ballata della Morte, che ricorda a tutti come, al di là di ogni magnificenza escogitata dal Progresso della tecnica e della scienza, il suo dominio sul Mondo rimanga immutato nel tempo.

 LA POESIA DI AUDEN

Strumento della spietata critica di Auden alla folle corsa verso il Benessere, il Progresso e il trionfante materialismo è naturalmente il linguaggio. “Come poeta - non come cittadino - c’è un solo dovere politico, quello di difendere la propria lingua dalla corruzione. E la cosa è particolarmente seria adesso. Quando il linguaggio è corrotto la gente perde fede in quel che sente, e ciò conduce alla violenza” così ebbe a dichiarare il poeta inglese. Come in tutta la produzione di Auden dunque, l’articolazione del linguaggio è qui raffinatissima: il giuoco verbale, la rima, l’assonanza, la continua sorpresa del ritmo, i doppi sensi, i sottintesi, tutto insomma tende a una musica e a un teatro della parola che è, sì, compiuto in se stesso, ma invita anche irresistibilmente ad un completamento, dove la musica si possa inserire con fantasia e agilità.

LA MUSICA DI D’AMICO

Auden Cabaret – racconta Matteo D’Amico è una composizione a metà tra il genere cameristico e quello di un raffinato avanspettacolo, dove protagonisti sono due voci femminili e un gruppo di sei strumenti: flauto, clarinetto, vibrafono, pianoforte, violino e violoncello. Il primo passo, nel tentare una versione musicale del poemetto, è stato quello di aderire in pieno alla sua struttura e al suo carattere e di procedere, quindi, in assonanza con essi. Il Ciambellano e le scimmiette suggeriscono subito un’atmosfera da cabaret, colto e raffinato quanto si voglia, ma pur sempre cabaret. Che significa lasciare andare la musica sul ritmo del verso, seguirne il passo volta a volta di marcetta, di canzone, di ballabile. Ma anche fermarsi all’improvviso, impennarsi dietro ad uno scarto o a un subitaneo oscuramento di un discorso sempre pieno di sorprese e trabocchetti. Una musica camaleontica, insomma, pronta a esporsi e a ritrarsi dietro la parola, a seguire da vicino le sue mille diverse intonazioni, valendosi, in questo, di due voci femminili, capaci di travestirsi e raccontare cinque anime diverse. Si tratta di un canto lontano da ogni prosopopea lirica, naturale, neutro e forse, perché no?, ‘ermafrodita’. Un canto più che mai in simbiosi con la parola: la intona, la recita, la ‘rappresenta’ facendone, insieme agli strumenti suoi complici, vero teatro di suoni. E se due sono le voci, la diversità dei cinque Sensi si materializza con grande evidenza in cinque dei sei strumenti che compongono l'ensemble. La scelta si è determinata dalla loro capacità di farsi ‘voci’ insieme al canto, di insinuarsi tra le parole, rivestirle, circondarle con i loro suoni morbidi, pieni di sensualità, facendo sì che ad ognuno di essi corrisponda uno dei cinque sensi: meglio, ogni strumento impersona un senso. Il clarinetto è il Tatto, il flauto è il Gusto, il violoncello è l’Olfatto, il vibrafono è l’Udito, il violino è la Vista…”.

Ad aprire la serata, prima di Auden Cabaret, l’esecuzione delle Cinq Mélodies populaires grecques di Ravel nella nuova versione (scritta per Sentieri selvaggi) di Mauro Montalbetti per voce ed ensemble.

IL VIOLONCELLO SVELATO  rassegna in Sala Casella

Il programma filarmonico della settimana si completa con il secondo concerto in Sala Casella della rassegna “Il violoncello svelato” dedicato al repertorio, noto o meno conosciuto, per violoncello e pianoforte con una particolare attenzione ai compositori italiani fra fine Ottocento e Novecento. Venerdì 11 marzo (ore 19,30) toccherà al Duo David – Francesco Angelico violoncello e Giulia Russo pianoforte – nato nel 2018 dalla volontà di due giovani interpreti siciliani di approfondire il repertorio per questa formazione, e che ha ottenuto fra i vari riconoscimenti la mention spéciale du jury al 94° Concours International Leopold Bellan di Parigi. La “riscoperta” della serata sarà la Sonata per violoncello e pianoforte di Mario Pilati, compositore del primo Novecento italiano scomparso a soli 35 anni nel 1938, che la scrisse giovanissimo nel 1929 all’età di 26 anni. Nella Sonata si trovano echi post-romantici, con una vena espressiva e un lirismo tipico di tutta la sua produzione. Ad alternarsi alla rarità di Pilati due pagine più note per violoncello e pianoforte, la Sonata (1915) di Claude Debussy, e la Sonata op. 119 di Sergej Prokof’ev del 1949 composta espressamente per Mstislav Rostropovič. Il concerto verrà introdotto dal giornalista e conduttore radiofonico da Andrea Penna, media partner del progetto Rai Radio3.

TEATRO ARGENTINA
giovedì 10 marzo ore 21.15

SENTIERI SELVAGGI / AUDEN CABARET

Sabrina Cortese soprano
Chiara Osella
mezzosoprano

SENTIERI SELVAGGI

Paola Fre flauto
Mirco Ghirardini
clarinetto
Andrea Dulbecco vibrafono e percussioni
Andrea Rebaudengo
pianoforte
Piercarlo Sacco violino
Aya Shimura violoncello

Carlo Boccadoro direttore

Maurice RAVEL                    Cinq Mélodies Populaires Grecques per voce e sestetto
(trascrizione di Mauro Montalbetti)

Matteo D’AMICO                  Auden Cabaret Cabaret musicale per due voci e sestetto

testi di Wystan Hugh Auden e Chester Kallman (© 2020 Casa Ricordi)
nuova versione strumentale per l’ensemble Sentieri selvaggi (2020)

SALA CASELLA
venerdì 11 marzo ore 19.30

IL VIOLONCELLO SVELATO

DUO DAVID
Francesco Angelico violoncello
Giulia Russo
pianoforte

Claude Debussy                    Sonata n. 1 in re min. per violoncello e pianoforte L 135 (1915)
Sergej Prokof’ev                     Sonata in do magg. per violoncello e pianoforte op. 119 (1949)
Mario Pilati (1903-1938)        Sonata in la per violoncello e pianoforte (1929)

Biglietti: Teatro Argentina da 16 a 25 euro, ragazzi fino a 14 anni da 10 a 16 euro. Sala Casella 11 euro (costi comprensivi di prevendita)

Info: filarmonicaromana.org, tel. 342 9550100, promozione@filarmonicaromana.org