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36° Cantiere di Montepulciano. L'au de là della Contemporanea
Nel variegato programma della fucina del 36° Cantiere Internazionale d'Arte di Montepulciano viene dato ampio spazio a prime assolute di compositori contemporanei: qui approfondiremo le performance che hanno eseguito brani di Norberto Oldrini, Daniele Bravi e Federico Biscione nell'ambito di due serate, quella del 29 e quella del 30 luglio 2011.
La prima serata del 29 luglio, nel nuovo atelier dedicato alla musica della Galleria Opio5, nel centro fervido di Montepulciano, ha visto mettere in musica un quintetto di canzoni a cura della scrittrice Silvia Cassioli (il testo), mentre le note sul pentagramma di questo paradiso “natante” (o nuotante), erano firmate da Norberto Oldrini (1968). Le cinque canzoni per quartetto e canto, sono raggruppate sotto il titolo di Swimming Paradise, produzione apposita per il Cantiere di quest'anno, eseguite dal Quartetto Ascanio: al violino, Damiano Babbini e Laurence Cocchiara; alla viola, Costanza Peppino; al violoncello, Catherine Bruni. Prima e dopo la composizione di Oldrini hanno eseguito, di Beethoven il Quartetto n.11 in fa minore op.95 “Quartetto serioso” (1810), e poi, in modo molto trasportato, il Quartetto in sol minore op. 10 (1893) di Claude Debussy.
Nella prima canzone intitolata L'acqua della piscina è special, il pizzicato sfalsato degli archi, insieme alla bella voce impostata di Georgina Stalbow, soprano, risuona di echi da Britten, e da tutti quei compositori che più hanno sperimentato nella prima metà del Novecento, compresa la dodecafonica, naturalmente. La struggenza del momento sonico si condivide soprattutto con gli accenni ai quartetti di Šostakovič, sincopati e ricorrenti nelle loro profonde inquietudini, che si flettono in un crescendo con la voce tramutata in grido. Nella seconda canzone Sarà come un nodo alla schiena, le ribattute sincopate si impongono alternate su una base che talora sembra armonica, per poi riaffastellarsi di nuovo in un coacervo di suoni e voce. Nella terza canzone, L'immersione questa volta è graduale, la base omogenea delle note ripetute con meno variazioni, presenta una voce più distesa e profonda, sebbene un recitativo come “robotico” ne soffonda i sensi. Quarta e penultima canzone: Com'è vero che si muore, galleggiare, qui permane il senso di pena e le parole non sollevano, l'immersione nell'acqua non allevia ed una strofa dalla radio (We are the Champions, my Friend) non fa differenza, tutto rimane fermo. Nella quinta canzone, Sarà come tuffarsi piano, la musica si ripete e la voce declina, lasciando smarriti come se questo inabissamento producesse estraniamento e rarefazione.
Durante la serata l'Ensemble Algoritmo di Marco Angius, nella Sala Gattavecchi ha presentato, in un excursus con musiche di Ivan Fedele (e pregevole testo di Giuliano Corti, dal titolo Maja sia per la composizione testuale sia musicale); Silvia Colasanti; Michele dall'Ongaro e la prima assoluta Solo, di quest'anno, di Daniele Bravi (1974). La partitura di Bravi per pianoforte solo, in questo caso specifico, è nelle mani dell'accuratissima Anna D'Errico. Attenta ad ogni minima pressione sul tasto, D'Errico ha affrontato la partitura à la Berio per il tocco, che si è configurata con un profondo sentire, vieppiù nelle improvvisazioni (o ciò che lo sembrano comprensibilmente) romantico-liriche. La “serietà” dell'approssimarsi delle note s'interrompe come per lasciar risuonare un carillon nell'aria, lasciando che la musica si propaghi, duplicandosi, come una eco di estrema suggestione.
Federico Biscione (1965) al pianoforte e compositore, ha creato per il Cantiere un brano tratto da Rainer Maria Rilke: Immersüsses Land (Terra eternamente dolce: traduzione di Federico Biscione; titolo originale: Der Tod der Geliebten, La morte dell'amata, da Neue Gedichte, Nuove poesie, 1907), un Lied per mezzosoprano e pianoforte, di cui siamo felici di trovare il video on line per dimostrare quanto sia compiuta in lui la lezione di Strauss e di Wagner (tra l'altro in programma) e resa attuale, che insieme alla flessuosa e piena voce di Veronica Simeoni (mezzosoprano), ha fatto addensare fra le arcate della Galleria Opio5 il 30 luglio in prima assoluta. Il morbido tratto di Biscione sulle note, e la scelta di una lirica così elevatamente spirituale dal poeta dei Sonetti ad Orfeo (1923) e delle Elegie Duinesi (prima stesura nel 1911), favorisce la calda voce di Simeoni ad esprimersi al meglio, anche nelle flebili variazioni, dove traccia un percorso lunatico perfettamente in linea con la struttura di fondo del brano. L'indagine su tematiche à la Der Tod und das Mädchen, proprio instillando un velo di macabro sullo scorrere della lirica, la esalta, lasciando che la desolazione della morte entri con passi fugaci e dolci in quello che è il cuore di una fanciulla. Ricordandoci un altro passo di una lrica di Rilke dai Sonetti ad Orfeo (la 1.9), che dice:" Solo chi già fra le ombre/ alzò la lira/ può presentendo elevare/ la lode infinita. (...) Solo nel doppio regno/ le voci si fanno eterne e dolci.” (in originale: "Nur wer die Leier schon hob/ auch unter Schatten,/ darf das unendliche Lob/ ahnend erstatten.(...)Erst in dem Doppelbereich/ werden die Stimmen/ ewig und mild." Per intero qui).
Sotto riportiamo la poesia di Rilke tradotta dal compositore Federico Biscione, che si è occupato in molte occasioni del connubio tra musica e poesia, con autori come Dickinson, Hesse, Baudelaire, Rimbaud, Verlaine e Quasimodo tra gli altri. Non dimenticando altresì di lodare per il resto del programma liederistico, per scelta ed esecuzione, oltre agli altri tre brani per piano solo e, come dicono le parole del compositore, in particolare riferimento al lied di Mahler: "Con la musica si fa quindi visibile un insperato Paradiso, o si parla coi morti, altrove si raccontano storie di esseri passati senza morire attraverso il limite del tempo, altri si sentono già “al di là”, pur essendo ancora al mondo".
TERRA ETERNAMENTE DOLCE
Sapeva della morte, come tutti,
che ci ghermisce e getta nel silenzio.
Ma quando lei, non già strappata a lui,
no, piano allontanata dai suoi occhi
verso ombre sconosciute scivolava,
quando sentì che ormai laggiù tenevano
come una luna il riso di ragazza
insieme al modo suo di fare bene:
gli diventaron familiari i morti,
qual fosse ognun, per tramite di lei,
parente stretto. Gli altri lasciò dire
ma non credette, e chiamò quella terra
la più gradita, eternamente dolce –
E le impronte di lei cercò di leggervi.
(trad. F. Biscione)
(Da “Nuove poesie seconda parte”.
Titolo originale “La morte dell’amata”).
IMMERSÜßES LAND
Er wußte nur vom Tod was alle wissen:
daß er uns nimmt und in das Stumme stößt.
Als aber sie, nicht von ihm fortgerissen,
nein, leis aus seinen Augen ausgelöst,
hinüberglitt zu unbekannten Schatten,
und als er fühlte, daß sie drüben nun
wie einen Mond ihr Mädchenlächeln hatten
und ihre Weise wohlzutun:
da wurden ihm die Toten so bekannt,
als wäre er durch sie mit einem jeden
ganz nah verwandt; er ließ die andern reden
und glaubte nicht und nannte jenes Land
das gutgelegene, das immersüße –
Und tastete es ab für ihre Füße.
Rainer Maria Rilke
(Aus »Neue Gedichte Anderer Teil«.
Originaltitel: »Der Tod der Geliebten«).