Abbado a Santa Cecilia. Le russe "tempeste" di Ciaikovskij e di Shostakovich

Articolo di: 
Livia Bidoli
Claudio Abbado

Una serata russa tutta dedicata al Presidente Napolitano presente in Sala Santa Cecilia il 20 novembre scorso con il Sindaco Alemanno ed il Sovrintendente Cagli: il Coro di Santa Cecilia diretto da Ciro Visco con l'Orchestra dell'Accademia di Santa Cecilia e l'Orchestra Mozart, entrambe dirette da Claudio Abbado, con Anna Caterina Antonacci soprano e Anatoli Kotscherga basso, si sono cimentati nella fantasia sinfonica di Ciaikowskij La Tempesta op. 18 e la colonna sonora della tragedia in prosa e del film di Kozincev “King Lear”, tratti dal Bardo e musicati da Dimitrij Shostakovich.

Dopo una scorsa al nutrito parterre che accoglie Benigni tra gli altri, si passa al meritato ascolto per la prima volta a Santa Cecilia, della Fantasia sinfonica in Fa minore op. 18, La Tempesta (Burya, del 1873) di Piotr Ilic Ciaikovskij, che inizia con un quadro sul mare che ha lo stesso sapore delle fantasticherie del conterraneo Rimskij-KorsakovShéhérazade, naturalmente, o Šeherazada, suite per orchestra op. 35 - che fu tra i primi ad apprezzarla (cfr. per i rapporti tra lui l'”occidentale” ed il “Gruppo dei Cinque” l'articolo riportato qui) mentre Stasov l'ideologo del Gruppo di Balakirev fu colui che la suggerì a Ciaikovskij per la composizione ed il dedicatario

La prima venatura che fa corrispondere con levità Abbado è lirica e suadente (Andante con moto in Fa minore) con fiati ed ottoni in prima linea; poi una vasta apertura dal respiro sinfonico tipicamente russo, che in crescendo lascia il posto all'esplodere della tempesta: una vigorìa estrema della musica che poi si riacqueta con l'Andante con moto in Si bemolle maggiore tornerà trasformata in la bemolle maggiore dopo lo Scherzo e l'Allegro animato. Le inquietudini degli archi gravi che avevano fatto riemergere il motivo principale ed i legati struggenti sono confermati dalle percussioni che si esprimono con tracotanza nella coda finale. La ripresa lirica, variata e trionfale, stempera qualche nota romantica à la Mendelssohn, per poi lasciarci sovvenire di nuovo il cristallineo liquido che tutto accoglie come in una ventre immaginifico (cfr. Hugo per un altro esilio in un'isola: I lavoratori del mare, Les Travailleurs de la mer, pubblicato nel 1866).

Dmitrij Shostakovich non musicò solo il King Lear ma altri 36 film: è con lui – e Prokofiev - che nasce la musica sinfonica da film, e con Grigorij Kozincev aveva un rapporto simbiotico eccezionale, apprezzava talmente tanto i suoi film da chiedere un mese di proroga per redigere la colonna sonora nel 1969 perché doveva ricoverarsi all'ospedale per la poliomielite. Non solo: riscrisse completamente la musica per il film sul King Lear del 1970, senza prendere nulla da quella composta nel 1941 per l'opera teatrale omonima messa in scena sotto le bombe, tranne la Canzone del Folle. Boris Pasternak si occupò delle traduzioni in russo dell'opera, come di tutte le altre opere di Shakespeare. Le parti cantate sono quelle di Cordelia col soprano Anna Caterina Antonacci ed il Fool dal basso Anatoli Kotscherga, perfettamente calati nella parte e nel cantato tersi e vigorosi.

La proiezione del film di durata di 70 minuti, si avvale delle Musiche di Scena op.58a del 1940 dal King Lear a teatro di Kozincev e della colonna sonora per intero di durata di 54 minuti, al film op. 137 del 1970: Abbado ha poi suddiviso la partitura ed il film in quarantatre episodi titolati che vengono inaugurati dal clarinetto solo (Lo zufolo del folle) che si trasforma poi in un musicare basso ed elegiaco già presago della fine. Nell'ingresso del re, falsamente trionfalistico con il tono tipicamente grottesco con cui Shostakovich parodia il fallimento, si sostanzia ciò che il Folle dirà nella Canzone n.1:

"Colui che ha deciso di dividere la propria terra
e di distribuirne le parti,
va contato fra i matti,  sarà un mio pari.

Questo poiché: “la proprietà del regno da cui derivano il potere e l’autorità (quella che Lear ingenuamente vorrebbe ancora conservare per sé) sono inscindibili, di conseguenza la spoliazione dell’uno afferma quella degli altri due” (cfr. l'approfondimento).

Alcuni episodi come quello dedicato all'altro folle e “cieco” quanto Lear – un impressionante Yuri Yarvet - è dedicato a Gloucester che viene – in un episodio precedente - ingannato dal figlio illegittimo Edmund nei confronti del figlio Edgar che diventerà il Poor Tom, che mendico poi si occuperà del padre. Qui Abbado decide di usare la musica che Shostakovich scrisse per il film La caduta di Berlino del 1949 di Caureli per far detonare in fortissimo il momento di accecamento di Gloucester da parte delle figlie e dei loro mariti perché fedele a Lear. 

La Tempesta è di tutte la scena più ricca di pathos ed espressività: legni ed ottoni si oppongono pervicacemente a sottolineare i legati degli archi come forieri anche loro dell'aprirsi di un abisso, quello della follia, per Re Lear. Cacciato dalle figlie Lear si rifugia nel capanno – aiutato dal Fool e da Kent - con gli altri mendici e qui si odono le righe di partitura dalla Quarta Sinfonia (avversata e censurata da Stalin) che ha un afflato universale con la disgrazia del Re, trasformando in empatia cosmica la sua rovinosa caduta.

Il Coro a bocca chiusa quando giunti a Dover vengono catturati e condannati a morte da Edmund, è meravigliosamente sottolineato dalle voci di Santa Cecilia, coinvolgendo strenuamente a partecipare ad un dramma che è costruito su temi eterni come sottolineava Dmitrij Shostakovich allo scrittore Ajtmatov. 

Il finale con Lear prima soccorso dalla perduta Cordelia, è struggentemente chiosato dallo Zufolo del Folle dell'inizio – a ripetere temi letterari e motivi musicali – ed il Richiamo della Morte che arriverà a momenti, di entrambi: ottoni e percussioni sono pronti a suggellare con il loro macabro rigore i rintocchi della fine. Memorabile la prova delle due orchestre ed un Coro del medesimo altissimo livello.

L'originalità di Claudio Abbado nel comporre la partitura – che ha inoltre innestato episodi da La caduta di Berlino e dalla Quarta - ha un senso politico indiscutibile: di opposizione a qualsiasi tipologia di totalitarismo, sia di stampo di destra sia di sinistra, rendendo giustizia ad un compositore come Shostakovich che ha tanto sofferto la censura in patria, e a cui ancora non si rende abbastanza debito per il portato musicale innovativo e compositivo di eccellenza alla pari coi massimi della sinfonica. Un contributo inconfutabile alla sua memoria. 

Pubblicato in: 
GN4 28 novembre 2011
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Stagione Sinfonica 2011 - 2012

Domenica 20 Novembre  ore 18.30
Auditorium Parco della Musica  - Sala Santa Cecilia

Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Orchestra Mozart
Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

Claudio Abbado Direttore
Anna Caterina Antonacci Soprano
Anatoli Kotscherga Basso

Piotr Ilic CiaikovskijLa Tempesta fantasia sinfonica op. 18
Dimitrij Shostakovich  “King Lear” op. 137 e op. 58a

CAI Club Abbadiani Itineranti (Amici di Claudio Abbado)