Arturo Ui al Teatro Argentina. Intervista a Lino Guanciale

Articolo di: 
Simone Vairo
Simone Vairo e Lino Guanciale

Dal 29 Marzo al 29 aprile 2011 va in scena, al Teatro Argentina di Roma, La resistibile ascesa di Arturo Ui di Bertolt Brecht con la regia di Claudio Longhi. Con l’occasione abbiamo intervistato uno dei protagonisti dello spettacolo: Lino Guanciale che interpreta il personaggio Ernesto Roma (anche nel prologo e come avvocato accusatore) ovvero il militare tedesco Ernst Röhm.

Simone Vairo. In primis, dopo aver affrontato vari libretti, registi e messe in scena questa credo sia, correggimi  se sbaglio, la prima volta che ti addentri all’interno del teatro di Bertolt Brecht. Come ti senti ad aver avuto questa possibilità?

Lino Guanciale. In realtà è una cosa che abbiamo  proprio cercato con Claudio Longhi, Luca Micheletti che fa parte del cast (Giuseppe Givola, fiorista, gangster, sassofonista) oltre ad essere anche il dramaturg e Giacomo Pedini (aiuto regista di Claudio); formiamo un gruppo compatto da qualche anno ormai e, attorno a noi, abbiamo raccolto altri attori che sono quelli che compongono il cast di questo spettacolo: gente con cui ci sarebbe piaciuto lavorare nel momento in cui è venuta fuori questa opportunità di fare lo spettacolo al Teatro Argentina.  Per l’occasione Claudio ha preso la decisione di proporre a Roma e a Modena questo Brecht che a noi non era mai capitato di poter fare, ma che è un autore che tutti noi abbiamo come riferimento, in merito alla funzione culturale e politica dell’attore. Quindi è stata una gioia perché c’è stata data la possibilità di fare l’Arturo Ui che in Italia non è mai stato rappresentato adeguatamente. Fortunatamente questa proposta ha interessato i due teatri che ti citavo prima, ma soprattutto ha interessato ad Umberto Orsini (Arturo Ui e un attore; ruolo, per lui inedito nel quale ha saputo mettersi in gioco attraverso un’immagine parodistica e ironica) senza il quale tutto questo non sarebbe stato possibile. C’è da dire, in ultimo che lo spettacolo è dedicato a Edoardo Sanguineti il quale avrebbe dovuto lavorare ad una traduzione del libretto brechtiano in questione, ma che poi è venuto a mancare prima della messa in scena.

S.V. Mi era sfuggito questo collegamento e trovo molto commovente quello che avete fatto per lui. Parlando d’altro, io avevo letto negli Scritti teatrali di Brecht un frase che cita: «il mondo di oggi può essere espresso attraverso il teatro purché sia visto come un mondo trasformabile» (op. cit., Einaudi, Torino, 2001, p. 21). Avendomi raccontato come nasce il progetto dell’Arturo Ui e visto che, credo, ci sia un fattore sociale molto evidente (ovviamente non esplicitato), la mia domanda è: come contestualizzeresti questa frase all’interno dello spettacolo che state proponendo al Teatro Argentina?

L.G. Brecht disse questa cosa alludendo all’epoca in cui viveva nella Germania dell’Est aggiungendo: “lo stato in cui ho deciso di vivere non sarà perfetto, ma noi che qui facciamo teatro ci viviamo perché l’idea e l’ideologia che sta a fondo della vita sociale sussiste a patto che gli uomini sappiano leggere la storia in un certo modo, poi se vogliono possono  modificarla”; è con questi occhi marxisti appunto che Brecht dice che il teatro può essere utile allo sviluppo del benessere inteso in senso lato delle persone e della società. Se si parte da tale assunto politico e ideologico, il teatro può non essere solo un gioco consolatorio, ma anche un strumento per chiarire alcuni nessi e spingere chi guarda e chi fa teatro a prendere una posizione. Tutto quanto questo sostrato ideologico è fortissimamente presente nell’Arturo Ui. Ogni movimento verso l’Arturo Ui è costruito a partire dall’idea di veicolare verso lo spettatore questo contenuto strutturale cioè: io ti sto cercando di comunicarti quello che ho capito di ciò che questo signore voleva dire con l’Arturo Ui. Secondo me il valore di quest’opera sta in questa o quella sfumatura che io, recitando, ti evidenzio, ma non lo faccio per influenzarti; io lo faccio per dirti: questo è quello che io ho capito…tu? Tutto quanto è portato fortissimamente alla condivisione di questo principio di trasformabilità della realtà attraverso lo studio analitico di essa e dei suoi nessi apparentemente più inaccessibili: qui si parla di meccanismi finanziari. Questi non è vero che sono così complicati perché se uno si mette, anche lì a teatro, si può cercare di capirli; per dirlo alla Brecht: "i modi con cui chi comanda s'impone ai suoi sottoposti sono pur sempre gli stessi, qualunque sia il campo" (nel caso specifico di Hitler come convinse, attraverso delle pressioni, l'allora presidente del Reich Pual Von Hindenburg ad appoggiarlo nella sua ascesa al cancellierato del Reich). Tutto, per questo spettacolo, è stato fatto per partire con il pubblico da questo dato: noi proponiamo l’Arturo Ui per cercare insieme di capire cosa a che fare con la nostra realtà e, dunque, cosa possiamo fare affinché determinati esiti e problemi non si ripropongano.

S.V. Essendo anche un musicista non dovrebbe essere stato difficile per te dare un supporto ‘sonoro’ allo spettacolo. Cosa ne pensi, quindi, dell’aspetto  cabarettistico dell’opera e come si pone il tuo percorso in tal senso?

L.G. Il cabaret e le sue modalità sono state esplicitate volutamente per la volontà d’introdurre il pubblico al mondo d’inizio Novecento, epoca in cui il varietà spopolava. L’aspetto cabarettistico, quindi, serve allo spettacolo per rappresentare lo spirito dell’epoca e per 'brechtizzarlo'; ciò ha delle radici forti nell’ideologia dello straniamento e nel ricercare una dialettica col pubblico. In merito alle nostre performance, poi, ognuno ha messo del suo: io ho suonato il Banjo (strumento cult in Brecht); oppure c’è stata Olimpia Greco (fisarmonicista e un servo) con la fisarmonica; o Luca Michieletti con il sax.

S.V. E la scelta delle canzoni come è stata mediata? Poiché ho visto che c’erano anche dei brani de l’Opera da tre soldi all’interno dello spettacolo (Jenny dei pirati).

L.G. La partitura musicale dello spettacolo tecnicamente non esiste poiché, come sai, l’opera è incompleta (scritta da Brecht nel 1941 durante l'esilio finlandese). Esiste solo un brano: La canzone della calce, la quale viene eseguita durante l’intervallo nel foyer del teatro. Gli altri brani sono il risultato di un collage di canzoni brechtiane fatto da Claudio e Luca: si è preso del materiale di compositori che hanno lavorato con il drammaturgo tedesco (soprattutto Kurt Weill) e proveniente dal cabaret  - il caso di Tamerlano e Lui è una vamp, famosa la versione di I'm a vamp di Ute Lemper -  riformulandoli secondo le didascalie dell’Arturo Ui. Ciò è stato possibile poiché lo stesso Brecht aveva riformulato delle sue canzoni in merito al contesto della Germania nazista.

Pubblicato in: 
GN47 Anno III 11 aprile 2011
Scheda
Titolo completo: 

La resistibile ascesa di Arturo Ui
dal 29 marzo al 29 aprile .11
di Bertolt Brecht
regia Claudio Longhi

musiche originali Hans-Dieter Hosalla
traduzione Mario Carpitella

con Umberto Orsini
Nicola Bortolotti, Simone Francia, Olimpia Greco, Lino Guanciale,Diana Manea, Luca Micheletti, Michele Nani, Ivan
Olivieri, Giorgio Sangati, Antonio Tintis
Dramaturg Luca Micheletti
scene Csaba Antal
costumi Gianluca Sbicca
luci Paolo Pollo Rodighiero
Teatro Argentina Teatro di Roma, Emilia Romagna Teatro Fondazione

orari spettacolo
ore 21.00 giovedì e domenica ore 17.00
lunedì riposo