Avedon al LDPF. Favole di vanità e moda

Articolo di: 
Alberto Balducci
Richard Avedon - In Memory of Late Mr. and Mrs. Comfort

Una delle grandi mostre dell’edizione 2009 del Lucca Digital Photo Fest è senz’altro quella dedicata a Richard Avedon, storico fotografo americano scomparso nel 2004, che espone il suo lavoro più particolare, la serie In Memory of the Late Mr. and Mrs. Comfort, oltre ad una selezione di altri scatti più in linea col suo classico stile di ritrattista.

Attivo fin dagli anni ’40, Avedon costruì la sua professionalità grazie al lavoro per Harper’s Bazaar prima e per Vogue poi, distinguendosi eccezionalmente per il suo stile che mal si conformava alle linee guida canoniche della fotografia fashion di allora. Più che altro, la sua innovazione fu, nel mondo della fotografia di moda degli anni ’50 e ’60, una qualità narrativa e quasi cinematica nel risultato degli scatti, che consentiva alle modelle di trasformarsi in protagoniste vive e attive, non più semplici corpi rivestiti di meravigliosi capi d’abbigliamento.

Si può quindi dire che il vero interesse di Avedon, il primo mobile della sua arte fotografica, sia il ritratto. Non a caso, alcune delle sue serie più importanti sono incentrate sulla ritrattistica: basti pensare a In the American West (serie incentrata sui lavoratori dell’America dell’Ovest) o ai ritratti psichedelicamente solarizzati dei Beatles del 1967.

L’esposizione odierna del LDPF invece, si incentra su una serie a prima vista anomala per Avedon, In Memory of the Late Mr. and Mrs. Comfort, creata in due anni e pubblicata nel 1995 sul New Yorker.

L’opera consta di ventiquattro splendide fotografie a colori che ritraggono il fu Sig. Comfort e la sua Signora, interpretati rispettivamente da uno scheletro e dalla modella Nadja Auermann, in una favola (come indica anche il sottotitolo dell’opera) di vanità, bellezza e decadenza.

I due personaggi sono ritratti sempre riccamente abbigliati, vestiti con capi firmati da alcuni dei più grandi stilisti mondiali (tra cui Jean Paul Gaultier, Dolce & Gabbana e Giorgio Armani) in un edificio in rovina, tra mura distrutte, assi spezzate, brandelli di tende, ruggine e detriti.

I set sono grandiosi: si tratta di veri e propri set cinematografici, studiati nei minimi dettagli, e a volte quasi maniacali nella ricerca della perfezione. La ricchezza di dettagli è inusitata e i colori sfavillanti, mentre la predilezione per gli angoli larghi consente all’osservatore un’ampia visione degli ambienti e delle loro particolarità.

I due personaggi invece sono apparentemente degli opposti inconciliabili. Lei, splendida e perfetta nella forza della sua giovinezza e delle sue forme, nella semplice eleganza dei lineamenti o nell’ingenuo zaffiro dei suoi occhi. Lui, uno scheletro addobbato di tutto punto ma senza un solo brandello di carne; gli occhi spariti nelle orbite vuote.

Eppure, sono solo due facce della stessa medaglia: l’espressività che Avedon riesce ad infondere allo scheletrico Sig. Comfort è talmente umana e viva, che porta il personaggio sullo stesso esatto piano della moglie. Quelle orbite vuote esprimono ora amore o devozione, ora trasgressione, e altrove sottomissione o passione; sempre una complicità che va al di là della posa di fronte alla macchina fotografica.

Ci sono due scatti che rendono evidente questa simbiosi e fusione dei due personaggi in uno: il primo, nel quale si vede lo scheletro che tiene di fronte al volto una maschera fatta con una foto della moglie, e un altro nel quale si può osservare la Sig.ra Comfort che si rimira in uno specchio gentilmente retto dal consorte. Lo specchio è solo un brandello di specchio, e alla sommità rivela metà del teschio proprio accanto al volto della donna, che risulta così diviso in due parti, l’una florida e l’altra disseccata.

La favola è quindi una parabola della vanità, in quanto vanitas vanitatum, omnia vanitas. Gli incredibili abiti indossati dai due personaggi contrastano con la rovina delle ambientazioni, ma su questo contrasto si può affermare esattamente ciò che si è appena detto sulla complementarità delle due figure umane.

Ad esempio, c’è uno scatto in cui ogni cosa è spazzata via come da un uragano: oggetti di uso quotidiano, uno sciame di banconote, persino la macchina fotografica; mentre sullo sfondo campeggia a brandelli una bandiera americana. Oppure la foto in cui la magione va a fuoco e la donna cerca di fuggire, col volto coperto da un panno purpureo.

Altri scatti invece brillano di affetto familiare e passionale, dove quasi con semplicità si vive di passioni e sentimenti comuni (come, a parte gli scatti di “vita insieme”, la foto nella quale lei getta del carbone ardente nella stufa che compone il corpo di lui, come a rinnovare mutualmente la fiamma dell’unione della coppia).

Sono questi i sentimenti che possono trascendere il paradigma che tutto è vanità; il difficile è riuscire a lasciarsi indietro tutto il bagaglio di gaudente apparenza che maschera il vuoto sottostante (come nella foto cui si è accennato sopra): lo stesso Avedon con questa serie non è riuscito a staccarsi del tutto dal mondo della moda.

Se l’ideale del fotografo era, infatti, il trascendere tale mondo, ciò non si verifica realmente, e siamo pur sempre di fronte a della fashion photography, per quanto portata su tutto un altro livello filosofico ed artistico.

L’altra sala dell’esposizione invece ha un’estetica del tutto diversa: si tratta di scatti in bianco e nero, in maggior parte intorno agli anni ’60, di modelle e del loro mondo. Essi brillano sempre dell’originalità e dell’inventiva del grande fotografo, che si esprime in particolare nei lunghi tempi di esposizione e nei mossi, nella composizione essenziale ma pittorica. Alcuni di questi scatti sono indubbiamente testimonianza di grande fotografia.

Pubblicato in: 
GN4 Anno II 18 dicembre 2009
Scheda
Autore: 
Richard Avedon
Titolo completo: 

In Memory of the Late Mr. and Mrs. Comfort: a Fable

Presso Lucca Digital Photo fest 2009 (14 Novembre - 8 Dicembre 2009)

Palazzo Ducale, Lucca

Anno: 
2009