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Matteo Basilé. The Freaks are Coming
Nella cornice del Lucca Digital Photo Fest 2008, l'esposizione di Matteo Basilé The Saints are Coming trova la sua collocazione ideale, apportando al contempo una nota espressiva di grande impatto visivo ed emotivo. Oggetto dell'indagine dell'artista romano sono le idee di santità e di redenzione, viste dal basso della corporeità umana, dalla plasticità delle forme fisiche, come fenomeno e rivelazione di una tensione interna nell'individuo, dalla forza sovrumana.
Il tema è sviluppato attraverso soggetti che travalicano l'esperienza quotidiana usuale: si fa ricorso principalmente a "freaks" (vedi La Danza del Minotauro o l'uso frequente di un nano), a esseri dalla sessualità ambigua (come le drag queen di Les Liaisons Dangereuses) o ancora a giustapposizioni più subdole ma psicologicamente scioccanti (come la papessa incinta o le immagini di donne fuori dal tempo e dalla realtà che sorreggono grossi pesci sventrati).
I personaggi sono sempre ritratti in pose forzate, con lo sguardo perso verso il cielo o verso l'osservatore, nell'afflato tremendo del voler superare la condizione presente, congelate in uno sguardo perennemente al di là. Emblematiche in questo contesto sono le "pietà" (The Saints are Coming e Compassion), dove in luogo del Cristo abbiamo un nano, e che paiono anelare ad una redenzione che non può essere trovata in un ordine sociale che ripudia a scatola chiusa certi esseri, preferendo a questa sincera bruttezza una bellezza preconfezionata e plastificata. Questa sorta di rivincita dei mostri, degli ambigui e degli ibridi si palesa nelle immagini anche grazie ad un'atmosfera che le accomuna tutte, al di là delle differenze formali e soggettistiche.
Infatti, volendo indicare altri punti di riferimento, a guisa di coordinate concettuali, per inquadrare meglio la materia dell'esposizione, potremmo citare (riassumendo l'introduzione al catalogo della mostra ad opera di Valerio Dehò): Baudelaire, Fellini, Goya, Velazquez, Bacon, Pasolini. A parte le atmosfere baudeleriane (dalle quali tuttavia l'opera si discosta grazie alla tensione dei protagonisti a "ripulirsi" dalla lordura della loro condizione), e ai riferimenti a Velazquez e Bacon (ambedue evidenti nell'arcivescovo degenerato di People Need Proof That God Exists, non in mostra), le coordinate cinematografiche ci suggeriscono una qualità filmica e da spettacolarizzazione sotto le luci della ribalta: una sorta di rivincita dei diseredati. A questa stregua troverei più calzante un parallelismo con le opere di Alejandro Jodorowsky, dove l'uso dei freak assume toni davvero similari (in questo caso specialmente in La Montagna Sacra e in Santa Sangre).
Le grandi stampe (tutte oltre il metro e mezzo di lato, alcune di tre metri d'altezza) hanno una qualità d'impatto particolarmente pronunciata: riescono ad inquietare l'osservatore con la loro perfezione tecnica, la pulizia delle composizioni, la finezza dei dettagli, le giustapposizioni cromatiche e tattili: il messaggio giunge così all'occhio quasi nudo e con molta forza.
La produzione di questo fotografo va così a porsi in quell'ambito dell'arte contemporanea dove il mezzo espressivo sfuma di fronte al risultato finale della creazione: non siamo certamente qui in un ambito fotogiornalistico, né si trova in Basilé la ricerca della tecnica fotografica, il compiacimento e il divertimento nella scelta dell'ottica giusta per una data ripresa. Le sue opere assumono quell'indefinito status di realizzazioni figlie dell'epoca del digitale, ove tutte le risorse tecniche sono congiunte nella ricerca di una perfezione formale che sfoci nella realizzazione dell'idea artistica primigenia come concepita dall'uomo-artista.
Ma attenzione, queste immagini posseggono una forza espressiva realmente forte, dovuta proprio al sapiente uso della tecnica digitale che rende la visione presente nell'istante dello sguardo, hic et nunc, e non un'astrazione remota e addomesticata.