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Opera Roma. Peter Grimes, o del capro espiatorio
In scena al Teatro dell'Opera di Roma dall’11 al 19 ottobre 2024 è stato presentato il nuovo allestimento di Peter Grimes di Benjamin Britten. Questa versione dell'opera è stata realizzata in coproduzione con il Teatro Real di Madrid – dove ha debuttato nel 2021 –, la Royal Opera House di Londra e l’Opéra National di Parigi, segnando il ritorno di Warner a Roma dopo Billy Budd nel 2018, vincitrice di un Premio Abbiati della critica italiana, di un Olivier Award e di un International Opera Award.
Benjamin Britten, nato nel Suffolk sul mare, s’ispirò per il soggetto all’opera di George Crabbe, poeta britannico che su The Borough tracciò la malasorte del suo protagonista, ovvero Peter Grimes. Da qui Britten ideò l’opera completa eseguita per la prima volta nel 1945.
Di Peter Grimes spesso vengono eseguiti, da soli, i primi quattro interludi marini dei sette complessivi: la regista Deborah Warner parte da questi per scandire la drammatica storia del pescatore Peter Grimes e, come in un'alchimia religiosa, li riproduce dal primo al settimo, conclusivo.
Si parte con l'Alba, Dawn, che è flautata, i violini imitano il suono del vento e sembra quasi di veder giocherellare dei bambini fra l’onde, vicino a riva. I panorami naturali ci accolgono in questa Sunday Morning-Domenica mattina rilassata, quando i lavoratori del mare (cfr. Les travailleurs de la mer di Hugo, 1866) si riposano fino a tardi senza quelle scadenze temporali così dure e senza requie. Nell'allestimento si osserva una barca sollevata in alto, ed un giovane mozzo, l'aiutante di Peter Grimes disperso in mare, appeso anche lui a dei fili, che viene fatto roteare in cielo, presenza drammaticamente profetica oltrechè prima causa della sfortuna del povero pescatore che ci ricorda la maledizione de La patente di Luigi Pirandello.
I colori scelti sono tipici dei pescatori: il blu del mare, il giallo delle loro cerate: le scene di Michael Levine, i costumi di Luis F. Carvalho, e le luci di Peter Mumford collaborano a rendere tutto questo panorama su un fondale grigio ghisa, vagamente argentato a rappresentare le onde del mare. La tristezza e la pena sono i massimi comuni denominatori delle scene. Un patetismo di fondo si mostra anche nella scena della fintamente gioiosa festa nella taberna, volgare balera di fine Ottocento che mi ha ricordato Aufstieg and Fall der Stadt Mahagonny della coppia Brecht-Weill. Qui come lì manca la pecunia ed i poveri pescatori, come le loro donne, non hanno nessuna possibilità di andare oltre quell'universo di povertà e di sottomissione ad una vita di stenti e durezza assolute.
La vita diurna dei primi due interludi ci conduce alla gioia dissonante di una musica imperlata di una vitalità inquieta, e qui rintocchi delle campane e la nota di mi bemolle profilano a Peter la sua tragedia che nelle parti “notturne”, Moonlight-Chiaro di luna e Storm-Tempesta prenderà avvio e giungerà a mesta conclusione. Michele Mariotti sul podio dell'Orchestra del Costanzi è stato attento a sottolineare questi cambiamenti, che fungono anche, a palco chiuso, a far riflettere il pubblico sulla tragedia umana di Grimes.
Solo i touches de grâce dell’aurora spengono il disordine interiore di Grimes che al Chiaro di luna, accendendosi di vibrazioni, inizia a confessare i tormenti. Nella Storm-Tempesta affogherà i propri dispiaceri ed il mare disperderà con lui – cromaticamente – il suo fuoco, in un misto di pathos e fermento. Diciamo la verità, il protagonista insieme a Grimes è il mare, correlativo oggettivo dei suoi tormenti, ed allo stesso tempo vero rivelatore del dramma: difatti i due mozzi che Grimes non riesce a salvare dall'inghiottimento del fluido che annega, se non lo controlli, e non lavori con attenzione, sono due giovanissimi con poca esperienza del mare, e l'accusa contro Grimes pone il dubbio dell'artefazione, e quindi della ricerca in lui di un capro espiatorio (cfr. René Girard, Il capro espiatorio, Adelphi, 2004; tit. orig. Le bouc émissaire, 1982) per tutto il villaggio.
La vera colpa di Grimes non è quella, piuttosto la mancanza di fiducia in sè stesso ed in quelle poche persone, come Ellen e Balstrode che invece lo amano: lei come donna, lui come amico. Peraltro due voci, d'altronde come quella di Grimes, del tutto drammatiche nel loro profilo ed eccelse nella vocalità, le ricordiamo: Ellen Orford è interpretata dal soprano Sophie Bevan, a mio avviso la voce piu' commovente di tutte in senso assoluto e con la richhezza di toni e fraseggio delicatissimi. Il Capitano Balstrode è invece il baritono Simon Keenlyside, sicuro di sé ed allo stesso tempo compassionevole nella moderazione vocale quando cerca di convincere Grimes ad essere meno delirante. Una nota a parte la merita la pettegola e acida Mrs. Sedley, in cerca di gogne nel piccolo villaggio di disgraziati in cui abita: il mezzosoprano Clare Presland, bravissima nella parte e ben intellegibile. Buone tutte le altre voci.
La regia di Warner, bisogna dirlo, era un pò fissa, rispetto al Billy Budd sovracitato del 2018, sebbene bisogna riconoscere che Grimes, il cui stesso cognome indica "sporcizia" o sudiciume, tradotto in italiano, è ben piu' drammatico a livello di spessore; ed indica una certa moritudine diffusa nella popolazione attuale un pò ovunque, peggiorata dalle condizioni lavorative e sanitarie la cui débacle è assoluta.
E' necessario ripensare a queste opere come critica sociale anche propositiva, poichè questo era il loro valore piu' eticamente ammissibile; in modo da rivedere anche la centralità politica della popolazione, sempre piu' riversa verso il basso e su beni materiali, del tutto deperibili. Un'opera come Peter Grimes deve necessariamente portarci a reinventare un'umanità dagli alti valori morali e dalla visionarietà sui primi spalti della propria vita.
Eccellente la risposta del pubblico, che ha condiviso la tragedia di Grimes fin nel profondo con grande attenzione e lunghi applausi.