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Opera di Roma. Salonen suona il vibrante folclore ugro-finnico
Il Teatro dell'Opera di Roma ha accolto di nuovo Esa-Pekka Salonen alla guida della Philharmonia Orchestra di Londra il 7 novembre scorso. Il programma diretto dal Maestro finnico unisce due compositori come Béla Bartók e Jean Sibelius in una tournée italiana che ha poi toccato Lucca al Teatro del Giglio e MIlano al Teatro alla Scala.
Esa-Pekka Salonen è stato il direttore principale della Philharmonia Orchestra di Londra dal 2008 al 2021 e ne è attualmente direttore onorario, come anche della Los Angeles Philharmonic e della Swedish Radio Symphony Orchestra. Dirige attualmente la San Francisco Symphony. Compositore oltrechè direttore d'orchestra, ha diretto anche l’Orchestra della Radio Svedese e l’Helsinki Festival, città in cui è nato.
Il concerto è la prima delle sei proposte sinfoniche della Stagione 2024/25 dell’Opera di Roma e precede l’inaugurazione ufficiale del Costanzi, che si apre il 27 novembre con il Simon Boccanegra di Verdi firmato da Richard Jones e diretto da Michele Mariotti.
La scelta del Maestro Salonen con la Philarmonia è caduta sul Concerto per Orchestra di Béla Bartók rivisto nel febbraio 1945; e la Prima Sinfonia in mi minore, op. 39 di Jean Sibelius, conterraneo di Salonen e rivista nel 1900.
Il massimo etnomusicologo del Novecento, Béla Bartók (1881-1945), fu grande scopritore e ordinatore della musica arcaica, contadina, quelle radici popolari che si trovano fra le Danze rumene – d'altronde lui è nato a Nagyszentmiklós, nella regione ungherese del Banato (oggi Sânnicolau Mare, in Romania), e sappiamo quanto romeni e ungheresi si siano divisi territori e guerre, di cui si trovano i segni ancora oggi, a partire dai castelli di Vlad Tepeş e Mattia Corvino – e quelle ungheresi, a scoprire una radice comune prima e al di là dell'Impero venuto poi. L'enorme quantità di esperienze procurategli dai suoi studi, che datano dai primi anni a Budapest, intorno al 1902 sono quella “valigia piena” che porterà con sé fino in America nel 1940, poco dopo la scrittura dell'ultimo dei suoi sei quartetti.
La capacità di Bartók di assimilare il sostrato folclorico nella modernità della resa del suo materiale, così attento anche alla parte razionale, quindi al “costrutto” delle composizioni, è straordinaria e notabile fin dal primo poema sinfonico Kossuth (1903), come nell'unica opera Il castello di Barbablù (1911) e nel celebre Il mandarino meraviglioso (1918-1924), e chiaramente ossatura tanto delle sue Danze rumene (1917) quanto di quelle transilvane (1931).
La tradizione romantica da cui parte, Liszt e Wagner, si rileva nella forte notazione contrappuntistica, che nel suo Concerto per Orchestra in cinque movimenti e composto tra 15 agosto e 8 ottobre 1943, rivisto nel febbraio 1945, è pienamente substanziata a partire dal primo movimento, Andante non troppo, Allegro vivace, le cui oscurità si mostrano dalle prime note, vibranti e profonde, tanto simili all'underground ultraterreno del Rheingold wagneriano. Gli archi gravi vengono stemperati da freuquenze sottili appena flautate. La "scomposizione" bartòkiana, vagamente dissennata, termina in un glissando feroce degli archi con le percussioni che impartiscono il ritmo cogente.
Il Concerto di Bartòk ha un andamento sinfonico che stempera la tragedia serpeggiante fin dall'inizio: il Maestro Salonen è molto calibrato nel sottolineare l'implacabile e divergente andamento della musica. Dirige la Philarmonia con una puntualità assoluta che l'Orchestra conosce a menadito, assecondando il peregrinare a volte leggero e armonico, sempiternamente spezzato, fino al secondo movimento.
Bisogna annotare che i movimenti che seguono sono denominati in modo originale, a cominciare da quello che sopravviene, Gioco delle coppie: Allegretto scherzando, che si inaugura a tamburo battente, enucleando in modo naturale quasi degli esseri provenienti da lande soprannaturali, dei Wanderer postmoderni dal sapore tolkeniano.
Il terzo movimento è un'Elegia: Andante non troppo, che inizia gravissimo in un silenzio lancinante che poi si eleva e ondeggia oniricamente finché la profondità freme a pieno respiro. Il quarto movimento, Intermezzo interrotto: Allegretto, si profila come una ripresa della tradizione melodica con richiami brillanti ed ironici con pause accativanti. I richiami alla tradizione folklorica sono intessuti nelle vene della composizione come nel ritmo; allo stesso modo delle magnifiche citazioni dall'età di Gershwin, come ritroviamo nella Sinfonia dal nuovo mondo di Dvorak.
La chiosa è Finale: Pesante, grandioso quanto accogliente di tutto quanto si è svolto prima, inneggiante ad una resa dei conti però in crescendo e speculativa. Il Concerto è stato diretto in prima esecuzione da Serge Koussevitzky alla Synphony Hall di Boston, il 1 dicembre 1944.
La Sinfonia n. 1 op. 39 di Jean Sibelius (1865-1957), finlandese come il Maestro Salonen, è stata eseguita per la prima volta il 26 aprile 1899 dall'Orchestra filarmonica di Helsinki e diretta dallo stesso compositore. Di fine Ottocento, quando Sibelius era trentenne, è composta da quattro movimenti, che partono dall'Andante, ma non troppo. Allegro energico in mi minore, meraviglioso quadro nostalgico e naturale della sua patria, con un inno gioioso di archi e legni, una celebrazione della vita, che le stesse percussioni riverberano come in un coro festoso.
Il seguente Andante ma non troppo lento in mi bemolle maggiore, sussurra di acque morbide in seno alle pianure di una Carelia tanto cara al nostro compositore, romanticamente accese da luci diafane quanto limpidamente sofferenti. Lo Scherzo: Allegro in do maggiore si rimpie di colore, di timbri caldi e melodiosi che nel Finale: Andante. Andante assai in mi minore viene inondato da una Sehnsucht struggentemente romantica ancora una volta: l'anelito all'infinito, troublant et damnée di una patria divisa tra Svedesi e Russi, chi per la lingua e chi per l'impero. Il finlandese infatti era la lingua della "povera gente" direbbe Dostoewskij; mentre la lingua della borghesia e di Sibelius stesso, era lo svedese. L'impero russo dello Zar Nicola II dominò fino alla proclamazione dell'indipendenza il 4 gennaio 1918.
La versione definitiva è stata eseguita a Berlino il 18 luglio 1900, sempre dall'Orchestra filarmonica di Helsinki, diretta da Robert Kajanus.
Un concerto veramente straordinario in ogni sua parte, con un'attenzione spasmodica e assolutamente precisa nei dettagli: il gesto del Maestro Salonen è una vibrazione unica per la Philarmonia. Due bis, dopo richiami sul palco e lunghissimi applausi, hanno convintio il generoso direttore, con la sua Orchestra, a donare ben due bis. Il primo bis è stato un omaggio a Giacomo Puccini, con "Tregenda" dall'opera Le Villi (1884) ed il secondo dall'Allegro sostenuto di Finlandia di Jean Sibelius.