GNAM. La Venere fatale di Rossetti e Burne-Jones. Prima parte

Articolo di: 
Livia Bidoli
Dante Gabriel Rossetti Sancta Lilas 1874

Alle diafane visioni di Ruskin, anch’esse intinte di macabro con le sue due tombe, fino alle sensualmente avviluppate nella natura  ladies di Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), agli androgini quanto angelici volti di Burne-Jones, si connette la mitica Italia rinascimentale, come scrive saggiamente Walter Pater (1839-1894) in The Renaissance (Studies in Art and Poetry, 1873). E’ lì, fra Giotto, Botticelli e Tintoretto, che i Preraffaelliti colgono il massimo fulgore aulico ed erotico, che trova un suo percorso incorporando i simbolisti Previati e Sartorio, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea fino al 12 giugno 2011.

Le due icone rossettiane per antonomasia, quelle che lui amò in vita e nei quadri, sono entrambe rappresentate  – e qui un richiamo a The Oval Portrait (1850, anche qui le date combaciano sebbene oltre oceano) di Edgar Allan Poe  è doveroso, soprattutto per quanto riguarda il suo rapporto con Elizabeth Siddal, sua unica moglie (1829-1862) morta suicida, e lui che aveva la stessa debolezza per il rosso o brunito calice. Jane Burden (in Morris, l’amico e preraffaellita pittore e idealista William Morris) e Fanny Cornforth, le due modelle predilette, Fanny è la donna che dai bassifondi (meretrice) Dante Gabriel Rossetti (1828-1882) eresse a Lady Lilith, del 1866 il disegno in mostra, (che poi rimpiazzò però con la testa di Alexa Wilding, un’altra modella, nell’olio su tela del 1872-73 mentre in quello del 1866-67 compare ancora il volto di Fanny Cornforth) e a Bocca baciata (1859). Nondimeno Rossetti ebbe un’altra modella, la sovracitata Alexa Wilding, che in mostra compare nei quadri di Sybilla Palmifera (1865-66) e Sancta Lilas (1874), e nella monumentale (anche se il quadro è piccolo) e melogranata Venus Verticordia (1864-68), che gli costò il risentimento di John Ruskin (1819-1900), per il contenuto erotico del quadro.

Rossetti è anche dotato poeta e a Lady Lilith (anche titolato Body’s Beauty, del 1868), - la prima donna di Adamo che pretendeva (giustamente) di avere gli stessi diritti e di essere trattata alla pari, e per questo trasformata mitologicamente in un demone che succhiava sangue ai bambini insieme alle Lil’im sue sottoposte (per approfondimenti il mio articolo Lilith. Il mito della dea divorante) - come a tanti altri dei suoi dipinti, assembla una poesia scritta appositamente, leggiamone alcuni versi:

And her enchanted hair was the first gold. And still she sits, young while the earth is old, And, subtly of herself contemplative, Draws men to watch the bright web she can weave.
Ed I suoi strali incantati sono dell’oro più fino. Ed ancora siede, giovane mentre la terra nvecchia, e, abilmente contempla sé stessa, attirando gli uomini nella rete lucente che continua a tessere. (trad.mia)

Il John Ruskin (1819-1900, lo stesso anno morì Oscar Wilde, nato nel 1854)  di Modern Painters (1843-1860) e di Stones of Venice (1853), in ogni caso, non poteva di certo andare a lungo d’accordo con una personalità al di fuori dei pregiudizi e della morale come Rossetti. Ben più plasmabile, - perlomeno all’inizio - risultava Sir Edward Coley Burne-Jones (1833-1898), seppur la sua Venus Discordia (1873) in mostra, presenta una dea dell’amore piuttosto indifferente alle lotte maschili, insieme alle altre, algide donne in conversazione. Per di più, sotto il suo trono, all’estrema sinistra del quadro, un diavolo adagia i suoi artigli raggomitolandosi in un così angusto nascondiglio. In mostra non è presente la sua precedente Sidonia Von Bork (1860), tratta dalla gothic novel tradotta della madre di Wilde nel 1849, Sidonia the Sorceress (Sidonia la strega) dall’oroginale tedesco di Wilhelm Meingold (1847-48), che molto ci direbbe sul suo districarsi tra la Lamia (1899-1900) di Sir George Frampton ed i cartoni preparatori per le vetrate di una chiesa che espongono dalle virtù all’Arcangelo Michele (1886). Mentre Perseo con le Ninfe marine (1877) e con la Medusa, ci riportano, cromaticamente, a qualcosa di mellifluo, tra un misto di mestizia, il ceruleo ovattato unito ad un beige esangue, riconducendo alle questioni sempre così complesse ed intrecciate delle vicende mitologiche.

Una parentesi la merita appunto la Lamia di Frampton: unica scultura nella mostra, è al centro della prima sala grande, dove sono esposti i Rossetti ed i Burne-Jones con contorno di dipinti di Watts e Waterhouse oltreché di Frederic Leighton. Un corpetto scollato di bronzo, color ebano, di fattura medievale e sensualmente attillato; un volto d’avorio; un grande talismano d’opale al centro del seno, altri cinque opali sul copricapo ed altri a raggiera intorno all’opale più imponente. Lamia per la mitologia (cfr. Robert Graves, I miti greci, Longanesi, 1983) era la figlia di Belo che governò sulla Libia, e generò Scilla con Zeus, gli altri figli le furono uccisi da Era ingelosita. Tanto diventò crudele in seguito a questa barbarie, che si vendicò uccidendo i figli degli altri ed, unendosi ad Empusa, succhiava il sangue ai giovani con cui giaceva. Poteva togliersi e rimettersi gli occhi a piacere e conferire ad un eroe capacità divinatorie offrendogli un occhio, infatti la scultura guarda in basso, senza mostrare le orbite, in un misto di inquietudine per lo spettatore, davanti a questo forte contrasto tra il nero del mezzobusto, l’eburneo del viso ed il cangiante colore degli opali. I cinque opali intorno al volto sembrano riconnettersi all’unità tra tre e due, maschile e femminile, formando un cinque; gli altri, piccoli, sono in numero di sette ciascuno, formando un totale di 27 opali, che danno come somma 9, il multiplo di tre, la Trinità (per un approfondimento: Annemarie Schimmel, The Mystery of Numbers, Oxford University Press), quindi un tre innalzato a potenza.

Nell’opale si incrociano miti relativi alla grandezza spirituale che dona a chi l’indossa: gli aborigeni australiani lo mettono in analogia con il Serpente arcobalneo, custode del sapere e dei poteri magici degli sciamani; allo stesso tempo si usava in caso di infermità degli occhi e per donare astuzia; i greci credevano conferisse al soggetto che lo portava chiaroveggenza.

I versi di John Keats, poeta così amato dai Preraffaelliti (The Preraphaelite Brotherhoood si formò ufficialmente nel 1848 con Rossetti, John Everett Millais e William Holman Hunt), dedicati alla lamia mitologica e scritti nel 1819 col lo stesso titolo della scultura posteriore, conservano quel misto di enigmatica sensualità da cui sono corroborati i dipinti di questa schiera di pittori inglesi:

Thou beauteous wreath, with melancholy eyes,
     Possess whatever bliss thou canst devise.
Tu possiedi, meravigliosa ghirlanda, dagli occhi immalinconiti,
un’estasi che nemmeno tu potrai mai immaginarti
. (trad. mia)

La femme fatale è ben più che delineata:  si è conquistata un trono che con l’ascesa simbolista si rivelerà ancora più misterico (Knopff, Klinger, Munch e molti altri). Concludiamo questa prima parte con la tela de Il cuore della Rosa (1889) di Edward Burne-Jones, il cui angelo con le spiegate ali nere non induce a rassicurazione, come anche l’erotismo implicito nel simbolo della rosa, la donna in questo caso, che è nascosta in un cespuglio e rimanda ai petali di cui fece inondare la tela di Alma-Tadema, l’anno prima, con Le rose di Eliogabalo.

Pubblicato in: 
GN42 Anno III 7 marzo 2011
Scheda
Titolo completo: 

Dante Gabriel rossetti Edward Burne-Jones e il mito dell’Italia nell’Inghilterra Vittoriana
GNAM Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Viale delle Belle Arti 131
Dal 24 febbraio al 12 giugno 2011
www.gnam.beniculturali.it, tel. +39 06 32298221

Gallery di photo Rossetti e Burne-Jones alla GNAM

Approfondimenti

Rossetti Archive Essays - Modelle Preraffaellite

John Ruskin, Modern Painters (1843-60):: Pittori moderni, Einaudi, 1988 

John Ruskin, The stones of Venice (1853): Le pietre di Venezia, Rizzoli 1987

 Walter Walter Pater, The Renaissance. Studie in Arte and Poetry, (1873): Il Rinascimento, Abscondita, 2007                    

Mario Praz, Il patto col srrpente. Paralipomeni di "La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica", Mondadori, 1972           

Il libro dei sogni di Sinesio da Cirene a cura di Nicola Montenz, ed. Archinto, 2010
Remo Bodei, Piramidi di tempo, Il Mulino, 2006

Valeria Palumbo, Le figlie di Lilith, Odradek, 2008                          

Edgar Allan Poe. Al Aaraaf

Lilith. Il mito della dea divorante Gallery Lilith e le sue metamorfosi (con quadri preraffaelliti)

Musica

Hexperos testi e musica da The Garden of the Hesperides e The Veil of Queen Mab, Equilibrium