Maggio Musicale. Memorabile Volodin con Oren

Articolo di: 
Piero Barbareschi
Alexei Volodin

Ci sono occasioni in cui per la recensione di alcuni concerti si pone il problema della scelta dell'aggettivazione, che può in certi casi essere insufficiente per descrivere con efficacia quanto ascoltato. Per quanto riguarda il concerto del 22 febbraio 2014 al Teatro Comunale di Firenze con il quale la Stagione del Maggio Musicale ha offerto al pubblico la possibilità di ascoltare il pianista Alexei Volodin solista con l'Orchestra del Maggio diretta da Daniel Oren, il primo aggettivo che viene in mente è senza dubbio “memorabile”. Un concerto che molti sicuramente ricorderanno nel tempo, ma che è necessario provare a descrivere per poter meglio far comprendere, se possibile, quanto condiviso dal pubblico che ha gremito il teatro.

I protagonisti ed il programma scelto garantivano già un'altissima percentuale di gradimento: Oren non necessita di molte presentazioni ed il fascino delle interpretazioni di Volodin superano ogni volta le precedenti per bellezza e profondità. Il programma: il Quinto Concerto per pianoforte ed orchestra di Beethoven nella prima parte e “Un americano a Parigi” di Gershwin ed il Bolero di Ravel nella seconda.

La prima parte si è aperta con uno dei concerti beethoveniani più conosciuti, che necessita di un'attenta ed approfondita lettura interpretativa per evitare che decada in un'ostentazione fine a se stessa della tipica scrittura pianistica dell'autore, che può apparire, se considerata superficialmente, solo un'esposizione di una ricca gamma di virtuosismi tecnici con i quali il pianista può dar sfoggio della propria bravura.

Volodin, ovviamente, è andato ben oltre, proponendo una lettura che non solo superava questo tipo di rischio, ma rivelava sin dalle prime battute una cura dei particolari, nel fraseggio e nella definizione di parti interne, nel controllo del suono e nelle dinamiche, forse in certi casi apprezzabili, con stupore, più dagli addetti ai lavori, ma che hanno contribuito a regalare agli ascoltatori un affresco sonoro assolutamente appagante e convincente. Un approccio nobile e regale a questo monumento della letteratura pianistica, affrontato e risolto con una visione “dall'alto”, come se durante tutta l'esecuzione, l'interprete avesse la possibilità di contemplare la composizione nella sua interezza, aiutando gli ascoltatori a scoprire passo dopo passo le meraviglie di un affascinante percorso.

Ascoltando poi il secondo movimento, l”Adagio un poco mosso”, si è rinnovata, grazie a Volodin, la considerazione di come Beethoven abbia avuto la capacità di scrivere i più begli adagi della storia della musica, rendendo comunque impossibile una graduatoria nell'ambito della sua produzione pianistica e cameristica. Volodin ha esaltato, grazie al suo suono inconfondibile, la poesia preromantica che in questo caso, come in molti altri adagi, svela la profondità e sensibilità dell'autore a dispetto dell'immagine di uomo scontroso, misantropo ed arido suscitata dal modo di gestire i rapporti umani.

Dopo l'esecuzione del travolgente terzo movimento, anch'esso affrontato con piglio nobile e regale, l'entusiasmo del pubblico e le ripetute chiamate in scena hanno convinto Volodin a concedere due bis, regalando anche in questo caso momenti indimenticabili. Nel primo, schubertiano, con il celebre Improvviso op.90 n.2, gioia e delizia di ogni studente di pianoforte, Volodin ha rivelato sfumature sconosciute, superando a nostro parere ogni altra esecuzione di questo autore e di questo brano in particolare da parte di qualsiasi altro pianista. La scelta del brano e dell'autore non è inoltre parsa casuale, tenendo conto dell'importanza del pianismo di Schubert e della sua atipicità nel contesto del mondo musicale viennese, nel quale sarebbe sicuramente stato un protagonista dopo la morte di Beethoven se il destino non avesse stabilito per lui una fine assurdamente precoce. Sotto le dita di Volodin il pianoforte Steinway, ditta per la quale ha un rapporto in esclusiva, privilegio riservato a pochi grandissimi, ha assecondato, come già nel concerto beethoveniano la sua straordinaria capacità di controllo, ulteriormente evidenziata nell'esecuzione del secondo bis, la splendida Mazurca op. 17 n.4 di Chopin, un metafisico e malinconico canto di dolore, rarefatto ed essenziale.

Applausi interminabili che hanno concluso la prima parte nell'attesa della seconda che ha visto protagonisti assoluti Oren e l'orchestra tutta. I due brani scelti, “Un americano a Parigi” di Gershwin ed il celeberrimo Bolero di Ravel, possono essere entrambi considerati dei manuali di orchestrazione, per l'inarrivabile perizia con la quale sono sfruttate le potenzialità espressive dei timbri degli strumenti utilizzati. Oltre a questo ed alla indubbia piacevolezza all'ascolto, la consueta e conosciuta fisicità del modo di dirigere di Oren ha in questo caso, in particolar modo con Gershwin, superato ogni freno arrivando quasi a danzare sull'intrigante scrittura dell'Americano a Parigi, trasmettendo non solo all'orchestra ma a tutto il pubblico un'energia ed un entusiasmo dal quale era impossibile rimanere indifferenti.

Con il Bolero si è ricreata poi quella magia che rende questo brano unico ed irripetibile, che appartiene a quella categoria di composizioni geniali senza procedenti né conseguenti, e che lo ha fatto collocare nel repertorio in un momento cronologico del quale si può solo dire “prima del bolero” e “dopo il bolero”...

Così come in Gershwin, anche nel bolero sono emerse le individualità dei componenti l'Orchestra, giustamente evidenziate nei ringraziamenti finali al termine di un'esecuzione di altissimo livello che ha scatenato l'entusiasmo del pubblico, premiato, dopo le innumerevoli chiamate in scena del direttore, con un inconsueto ma graditissimo bis dell'orchestra della sezione finale del Bolero, a sigillo di una serata come detto sicuramente memorabile e ricca di grandi emozioni.

Pubblicato in: 
GN16 Anno VI 27 febbraio 2014
Scheda
Titolo completo: 

Teatro Del Maggio Musicale Fiorentino
Sabato 22 febbraio 2014 ore 20.30
Teatro Comunale – Firenze

Daniel Oren, direttore
Alexei Volodin, pianoforte
Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino

L.van Beethoven
Concerto n.5 in mib maggiore op.73
per pianoforte e orchestra “Imperatore”

G.Gershwin An American in Paris

M.Ravel Bolero