Wagner e Thomas Mann. I sacrati dalla notte. Prima parte

Articolo di: 
Livia Bidoli
Tristano e Isotta

Nel 1933 Thomas Mann (1875-1955) tenne una famosa conferenza all’Università di Monaco intitolata Dolore e grandezza di Richard Wagner in cui chiarì quanto Wagner fosse lontano da qualsiasi legame attribuitogli con il nazismo e perchè Mann asserisce che della musica è il simbolo più autentico. In questa sede analizzeremo in due parti la conferenza che si trasformò in uno scritto poi pubblicato nello stesso anno dalla Neue Rundschau.

Richard Wagner, il grande poeta dell’Ottocento, l’innovatore, il rivoluzionario ed allo stesso tempo popolare, poiché la sua musica, come ogni composizione romantica, può essere apprezzata da chiunque, nonostante la sua intrinseca ricercatezza. Il Romanticismo per lui stabilisce la definizione più appropriata a causa dell’estremismo che sprigionano tutte le sue opere, derivante da una stessa ed unica matrice. La forza e la potenza, l’illusione ed il sogno, la notte, arcana e magica del Tristano (Tristan und Isolde, 1856-1859), l’eroe solare e nordico di Sigfrido (Siegfried, secondo giorno del Der Ring des Nibelungen, 1851-1871) si ritrovano tutti, eterogenei eppure legati dallo stesso filo conduttore: il mito cosmogonico dell’origine, l’analisi e la psicanalisi, germanesimo e cosmopolitismo per un’idea nazionale che esplode in un concatenarsi di motivi, gesti, parole, musica: il Wort-Ton-Drama (letteralmente parola-suono-dramma).

La musica di Richard Wagner, il superamento del melodramma che conserva allo stesso tempo alcuni suoi caratteri è il veicolo che forse meglio di chiunque altro rappresenta il XIX° secolo. Vicino a Wagner potremmo trovare uno Zola, un Tolstoj, un Ibsen che come lui hanno intrapreso un’impresa colossale nel campo artistico della letteratura, a loro più congeniale, ma che pur nella loro grandezza non sono arrivati ad unire talmente le loro opere al destino della patria tanto da diventare “causa nazionale”. L’avvento dell’Impero coincide con la fondazione della prima Società Wagneriana: “Wagner fu abbastanza buon politico da associare la sua causa con quella del Reich bismarckiano” (Thomas Mann, Dolore e grandezza di Richard Wagner, pref. Mazzino Montinari, trad. L. Mazzucchetti, Discanto ed., Fiesole (FI), 1979, p. 59). Bismarck non capiva nulla dell’opera di Wagner ed il suo senso più profondo: “Benché sia nella sua profonda essenza, sia per il suo genere di germanesimo, abbia così poco a che vedere con un qualsiasi potere autoritario e bellicoso” (Ibid).

Wagner non era infatti né ambizioso né dispotico, per quanto certi critici vogliano addurre all’opera sua come a quella di Nietzsche una genealogia del nazismo, riducendo la “purezza” dell’idea nazionale, che nella sua epoca è eroica e legittima, rappresentando un valore invece progressista (cfr. L’idea di nazione di Federico Chabod, Laterza,  Roma-Bari,  1961). Sarebbe assurdo pensare che il rivoluzionario dei moti di Dresda del 1848, condannato a dodici anni di esilio, e poi “rassegnato all’ombra del potere” (Mann,  op. cit, p.49), abbia potuto presagire qualcosa di così crudele ed antidemocratico come il nazismo. E’ incredibile supporre che lo spirito libero di Sigfrido, l’appello al popolo dei Maestri Cantori di Hans Sachs, solo per produrre qualche esempio, possano aver sperato in un dominio che non è stato né “volontà di potenza” né ricerca delle proprie origini più lontane travisandole come piuttosto fece il nazismo.

Wagner è invece il grande musico della filosofia schopenhaueriana, della volontà originata dal desiderio d’amore, il principio del mondo che è dolce e doloroso allo stesso tempo, poiché perturbatore dell’equilibrio insondabile del nulla: il motivo della nostalgia che nel Tristano viene proposto come l’inizio di tutte le cose. Il mondo come volontà e rappresentazione (Die Welt als Will und Vorstellung, 1818-19 e 1844 la seconda parte) rivela ad un Wagner solitario e incompreso, che non crede all’amicizia il primo “vero” compagno di vita e di pensiero, che nella speculazione ha prodotto ciò che lui costruirà coi suoi drammi musicali (musikdramen).

Il glorioso parallelo tra filosofia e musica si compie tramite la stessa base: una metafisica atea, e rinuncia non solo al ruolo storico del cristianesimo ma alla religione tutta e a Dio, inneggiando ad una filosofia erotica che rivela addirittura in Nietzsche, lo spirito liberissimo, il moralista nascosto, il quale giustamente definisce il wagnerismo come “una leggera epidemia di sensualità inconscia” dopo aver assistito alla rappresentazione del Tristano, l’”azione interiore”. Dolore e desiderio sono in quest’opera l’uno il riflesso dell’altro, ed infatti il motivo della sofferenza risulta dall’inversione del motivo del desiderio, così come si intreccia il pensiero del filtro di morte e d’amore con l’idea della morte d’amore, chiamata da Wagner “entusiasmo della volontà”. Il Tristano è inoltre legato alla Lucinda (1799) di Friedrich Schlegel dove, nel dialogo amoroso tra Lucinda e Giuliosi si legge: “Lo sterile ardore del giorno, e la grande notte d’amore ritroverà la sua eterna pace (Op. cit. , p. 34). Concetto che viene ribadito nel Tristano come assoluto principio durante tutta l’opera.

In Novalis ritroviamo un’altra formula adoperata da Wagner, Der Nacht Geweihte (benedetto/destinato dalla notte, Geweihte trad.mia), i “sacrati dalla notte”, come si proclamavano Tristano e Isotta. L’esaltazione della notte, di natura strettamente romantica, per Wagner come per Novalis si collega al mistero rituale dell’amore e della morte, rappresentati degnamente dai filtri, mentre il giorno è legato alla sterile terrestrità che mai potrà varcare la soglia dell’infinito e magico mondo originario. Un mondo che compie in se stesso l’unione e l’affermazione della vita oltre ogni confine, oltre la morte per raggiungere l’immortalità: così come si legge ancora nella Lucinda:Noi siamo immortali quanto l’amore, unità eterna, per un mondo infinito e inscindibile” (Op. cit. p. 33).

L’amore per Wagner, anticipatore anche in questo, si esplica nella sua completa realtà soltanto nell’ambito del sesso, ecco perché la spinta erotica si ravvisa in tutte le sue opere, anche nel Parsifal (1865-1882), l’”oratorio della Redenzione”. Questo è il principio della vita, il risveglio dei sensi che si associa alla Redenzione: nell’Olandese volante (Der fliegende Holländer, 1840-1864) il dannato ama di primo acchito la fanciulla ma non sa decidersi sull’origine del suo amore, perché lei personifica la Salvezza, la redenzione spirituale, la speranza stessa dell’Olandese. Nel Parsifal è Kundry, rosa dell’inferno e peccatrice penitente, che seduce il “puro folle” Parsifal ma nello stesso momento risveglia in lui il ricordo latente della sua missione mentre Klingsor, negatosi ormai alla creazione, è destinato alla morte.

Pubblicato in: 
GN11 Anno II 3 aprile 2010
Scheda
Titolo completo: 

Thomas Mann

Dolore e grandezza di Richard Wagner

pref. Mazzino Montinari, trad. L. Mazzucchetti, Discanto ed., Fiesole (FI), 1979

Prima edizione nella Neue Rundschau (1933)