Sigfrido di Sabina Spielrein. Il Crepuscolo dagli occhi azzurri

Articolo di: 
Livia Bidoli
Sigfrido

L’incrocio fra Carl Gustav Jung e Sabine Spielrein diede vita ad un figlio, metaforico e reale, Sigfrido, come il titolo della pièce al Teatro Orologio interpretata da una sconvolgentemente brava Barbara Mazzi e da una regia musicale e sincrona di Mila Moretti, fino al 24 gennaio 2010.

Sigfrido è l’eroe ribelle per antonomasia, colui che ha sfidato Wotan, il re degli dei nordico, e che per primo ha ispirato Wagner per la scrittura della tetralogia L’anello del Nibelungo, la prima, grandiosa, opera summa dell’inventore del Wort-Ton-Drama, l’opera d’arte totale.

L’avvenire di Wagner, come le sue opere, sono scritte dal suo eroe più compiuto e all’avanguardia: Sigfrido, figlio di Sigmund, (e qui c’è un ovvio riferimento ad uno dei due maestri di Sabine, – anche in contrapposizione a Jung – ovvero Sigmund Freud), e di Sieglinde: l’epopea della saga nordica è tracciata. Da degni genitori è nato colui che, liberando Bruhnilde dal fuoco e sfidando il drago, ha conferito nuova energia allo spirito della terra, ai Mormorii della foresta (dall’omonima opera Atto II di Wagner) che tanto impeto hanno fatto nascere in una creatura ribelle, rivoluzionaria e istintiva nel senso nieztschiano del termine.

Sigfrido, l’unione di semiti e ariani cui aspirava col suo infinito amore per Jung Sabine Spielrein, la donna inconsapevole delle regole, da infrangere per la follia che enthemos (gli dei dentro di lei direbbe Umberto Galimberti, cfr. Le cose dell’amore, Feltrinelli) le hanno insinuato. Questi dei che hanno fatto sorgere una culla dentro di sé al suono della musica che Barbara Mazzi, con un orecchio musicale oserei dire assoluto, imita con gesti e palpiti, inoculando il germe della condivisione in tutti gli spettatori, uomini e donne, come se, anche loro, finalmente, condividessero quel puro stimolo che gli sovviene dal cantore della volontà.

Sabine, ricoverata per la morte della sorella Emilia in un sanatorio per la depressione, conosce il suo guaritore, Jung, e se ne innamora: come racconta molto bene il film di Roberto Faenza “Prendimi l’anima” (2003) – e come approfondisce il carteggio dal quale è tratto: Diario di una segreta simmetria a cura di Aldo Carotenuto (edizione Bompiani). Qui, nella direzione della multidisciplinare per indagine e rappresentazione, Mila Moretti alla regia e alla drammaturgia, scopriamo un innesto tra il testo La nascita come distruzione proprio di Sabine Spielrein, diventata psicanalista a sua volta dopo gli studi di psichiatria, e la diacronicità delle date: a cominciare dal 1885, la sua nascita appunto, per il 1904, data dell’internamento, fino al 1942, uccisa dai nazisti.

Tra due citazioni shakespeariane, la prima da Il mercante di Venezia: “Non ha occhi un ebreo? Non ha mani, organi, statura, sensi, affetti, passioni? (..) Se ci avvelenate non moriamo? (Shylock: atto III, scena I); e la scena dal Macbeth con le streghe del primo atto che preparano la mistura per divinare il futuro, si presagisce non solo la sofferenza per la discriminazione prima e l’olocausto poi, ma soprattutto un impeto che conduce a guardarsi allo specchio senza veli, a spogliarsi di tutte le sovrastrutture, andando al patibolo come un eroe, come Sigfrido. La Morte e la marcia funebre celeberrima dal Crepuscolo degli Dei, Atto III, dalla tetralogia dell’Anello dei Nibelunghi viene cadenzato, come un carillon dalle ovvie dipartite speranze, dal Waltz n. 2 di Shostakovic da The Jazz Suite, altro grandissimo musico combattuto dall’altro totalitarismo, quello comunista.

Sigfrido, eroe ribelle ed anarchico che Wagner per primo concepì per la sua opera summa, ispirato dai moti di Dresda a cui Wagner partecipò nel 1848, ha soltanto un contraltare: la Carmen di Bizet - di cui s’ascolta Habanera (Atto I),- eroina romantica che, come Sabine, sfidò i costumi sociali per un uomo; come Sigfrido, ne sconfisse un altro nella passione e nel coraggio, e contese la materia speculativa agli dei della psicanalisi. Tutto questo ricordano i versi di Habanera (libretto di Henri Meilhac e Ludovic Halévy dalla novella omonima di Prosper Mérimée (1845), che sembrano scritti da Sabine:

L'amour est enfant de Bohème,
Il n'a jamais jamais connu de loi,
Si tu ne m'aimes pas je t'aime,
Si je t'aime prends garde à toi.

L'amore è figlio di zingari,
non ha mai conosciuto legge,
Se tu non m'ami io t'amo
,
Se io t'amo attento a te.

Pubblicato in: 
GN6 Anno II 18 gennaio 2010
Scheda
Titolo completo: 

TEATRO DELL’OROLOGIO – Sala Gassman
Via de’ Filippini 17/a
DAL 6 AL 24 GENNAIO 2010
Spettacolo del 16 gennaio 2010

TeatrO2 presenta
SIGFRIDO. Sabina, storia di un transfert riscattato
spettacolo teatrale scritto e diretto da Mila Moretti
con Barbara Mazzi nel ruolo di Sabina Spielrein
aiuto regia Margherita del Minisitro
scenografie Marino Mazzi
musiche originali Filippo Fanò
luci Mario Feliciangioli e Silvia Avigo
video Luca Lampariello
foto di scena Manuela Giusto

Voto: 
9
Vedi anche: