Gergiev dirige Mahler a Santa Cecilia. Le apocalissi celesti della Quarta e della Decima

Articolo di: 
Livia Bidoli
Valery Gergiev

L'Adagio della Decima Sinfonia di Gustav Mahler, incompiuta, l'unico tempo arrivato intatto e condiviso come autenticamente mahleriano (la ricostruzione di Deryk Cooke degli altri movimenti sulla base degli schizzi di Mahler è stata pubblicata nel 1964) e la Quarta Sinfonia al completo, sono stati diretti da Valery Gergiev con la sua Orchestra del Teatro Marinskij di San Pietroburgo a Santa Cecilia lo scorso 11 novembre 2011 con la soprano Anastasia Kalagina.

Il primo tempo è stato tutto dedicato alla Quarta (1899-1900), mahleriana sinfonia della misteriosa coagulazione tra morte ed infanzia, come se un filo invisibile le connettesse per principio. I Campi Elisi si fondono in una sorta di paradiso perduto dell'infanzia come asserisce Stephen Johnson nella sua presentazione alla registrazione dello stesso direttore con un'altra orchestra capitale: la London Symphony Orchestra (LSO Live con Laura Clycomb soprano, 2008, Barbican, London). Subito viene da fare il raffronto tra un suono, quello della Sinfonica londinese, esatto, armonico, preciso e trascinante, con quello intimamente sommerso da inquietudini più profonde, liricamente pervaso da primitive lacerazioni e “concertante” col suo direttore russo, che non permettono nemmeno una singola distrazione, dell'Orchestra del Teatro Marinskij. Due versioni eccelse con cui i raffronti sono una gioia per l'ascoltatore e di capitale bellezza entrambi.

La Quarta è una sinfonia che ritorna ad un organico ridotto rispetto alle altre, in linea con le orchestre classiche di Haydn e Mozart, inizia proprio con un rimando al mozartiano KV551 nel primo tema del primo movimento Bedächtig, Eilen nicht (Riflessivo. Non troppo mosso) e con una linea melodica (violoncelli) tratta dall’Allegro moderato della Sonata per pianoforte op. 122 di Franz Schubert per il secondo tema. I campanelli inziali – che torneranno alla fine  - invece irridono l'ascoltatore, come a dire: stiamo entrando in un luogo dove fiere e paradisi (artificiali?) compongono l'ambiente, e gli ottoni insieme ai legni lo rendono tangibile in un intreccio di temi. Una dissonanza evidenziata del gong (messo in orizzontale) e dalla grancassa fa spuntare le trombe che seguono, rimandando alla Marcia funebre della Quinta. Di colpo torna il tema mozartiano mentre le ombre rifuggono nella distanza.

Lo Scherzo titolato In gemächlicher Bewegung, ohne Hast (Moderato, senza affrettare) presenta il violino solista di Kirill Terentyev con lo strumento accordato un tono sopra in modo da rassomigliare al fiddler (violinista: fiddle è un termine più colloquiale per il violino) del folklore: lo stesso Mahler ha chiamato il primo tema "Freund Hein spielt auf" (La morte intona la sua musica o meglio bussa alla porta in termini metaforici – una Danza macabra che viene raffigurata di solito con uno scheletro che suona il violino), ovvero conduce nell'Aldilà. Mahler stesso scrisse che: “Lo Scherzo è mistico, stupefacente e strano. Ma poi nell'Adagio, che sbroglia l'intreccio, vedrete che dopotutto non è andata così male". 

Il terzo movimento Ruhevoll, Poco adagio (Tranquillo, poco adagio) fa da ponte tra la visione macabra dell'Aldilà e quella del cielo col soprano che intona “Das Himmlische Leben” (La vita celestiale): libere variazioni sui temi già esposti rendono comunque ambiguo l'adagio, soprattutto i colpi di gong che stanno lì a ricordare il Totentanz di poco prima. I flauti distendono l'ampia apertura orchestrale, terminando in un silenzio riappacificatore dopo la mestizia del crepuscolo.

L'ultimo movimento Sehr behaglich (Molto comodo) è una virata dei fanciulli in un idealizzato paradiso di levità e canti degli uccelli, ampiamente naturalistico, trasporta col soprano dalla voce flessuosa e aerea Anastasia Kalagina nel Das Himmlische Leben, lirica tratta da Des Knaben Wunderrhorn (Il corno magico del fanciullo) raccolta di Lieder musicati da Mahler e tratti dai volumi pubblicati tra 1805 al 1808 da Clemens Brentano e Achim von Arnim. Il finale conciliatore vibra alto come un inno, sebbene qualche singulto dall'oboe e dalla tromba ancora risuonino, disperse dalla pace infinita dei rintocchi dell'arpa che sfuma qualsiasi dubbio.

Si apre la seconda parte del concerto. Gergiev, dopo qualche minuto di attesa rientra ed immediatamente l'orchestra intona il primo, lungo pianissimo delle viole nell'Andante iniziale dall'unico movimento pervenutoci intatto della Decima incompiuta del 1910: un momento di pathos incommensurabile che lui veicola con il massimo della sua estensione vibratoria, quelle dita che si immergono nel tessuto stesso dell'orchestra e la dirigono dal di dentro, una vena purissima che si espande con calore (sehr warm sottolineò Mahler) nel cantabile e tormenta lucidamente il suono. Un intervento sottile e mellifluo si insinua, sfuggente, per poi intrecciarsi col primo nucleo: il legato dei violini è struggente e lirico, il pizzicato cadenza il sentimento panico e angoscioso dell'insieme, rivelandone la vicinanza con la Sesta e la Quarta appena eseguita. 

Il regno delle ombre è alle porte: l'estremo senso del limite cui conduce il glissando è una fine senza ritorno, come se un aldilà non eistesse, e sferzanti gli archi gravi apportano tinte naturalistiche ma non consolatorie. Istrioniche ed ironiche, le ondate tra registri gravi ed acuti si susseguono, irridendo un metafisico viandante su una strada in penombra. Nemmeno Mahler stesso probabilmente aveva percepito – a pochi mesi dalla morte – la portata di ciò che stava scrivendo: la storia della musica moderna, delle sue contraddizioni speculari, delle sue improvvise variazioni e lacerazioni interne al tessuto sonico. 

Nel finale questi strappi tutti si avvolgono intorno ad un la bemolle minore che li esalta in un vortice d'inappellabile forza, e nonostante tutto permane lo spirito lirico che lascia spazio alle percussioni impietose ed agli ottoni, vibrando su una nota prolungata per sospirare in rarefatta dolcezza sul silenzioso finale.

Da annotare la ricostruzione del 2000 di Rudolph Barshai, il fondatore del Quartetto Borodin, e spentosi lo scorso anno (1924-2010): qui trovate l'edizione in cd e qui potete anche ascoltarla

Per un approfondimento sulle versioni di Deryk Cooke potete riferirvi qui (in inglese).

Consigliamo poi la lettura di Mahler di Quirino Principe, edizioni Bompiani, 2002. Quirino Principe si è anche occupato di tradurre il testo dal tedesco “Das Himmlische Leben”, che ritroviamo nel libro.

Pubblicato in: 
GN2 Anno IV 14 novembre 2011
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Stagione di Musica Sinfonica 2011 – 2012
Auditorium Parco della Musica - Sala Santa Cecilia

Venerdì 11 ore 19.30
Orchestra del Teatro Mariinsky

Valery Gergiev direttore
Anastasia Kalagina soprano
 
Gustav Mahler
Sinfonia n. 4 in sol maggiore per soprano e orchestra
1. Bedächtig, Eilen nicht (Riflessivo. Non troppo mosso)
2. In gemächlicher Bewegung, ohne Hast (Moderato, senza affrettare)
3. Ruhevoll, Poco adagio (Tranquillo, poco adagio)
4. Sehr behaglich (Molto comodo): Das Himmlische Leben (La vita celestiale)

Sinfonia n. 10 in Fa diesis maggiore - Andante - Adagio