Teatro di San Carlo. Melpomene son io, Adriana Lecouvrer

Articolo di: 
Pietro Puca
Adriana Lecouvrer

Al Teatro di San Carlo di Napoli dal 16 al 23 ottobre Adriana Lecouvrer di Francesco Cilea è stata diretta da Daniel Oren mentre alla regia vi era Lorenzo Mariani, Nicola Rubertelli alle scene e Giusi Giustino ai costumi. Doppio cast - triplo per Maurizio - con Barbara Frittoli e Svetla Vassileva ad alternarsi per le sette recite in programma per Adriana.

Non poteva trovare un più felice chiusura la stagione lirica 2015/2016 del Massimo napoletano se non con la ben collaudata messa in scena dell’Adriana composta dal maestro calabrese per la quale – giova sottolinearlo – è stato davvero un peccato notare il teatro semivuoto in quasi tutte le recite. Eppure, se si volesse sintetizzare quest’opera con un solo aggettivo, credo che non potrebbe essere più appropriato quello di “generoso”.
Perché generosa è la musica che si riversa sull’ascoltatore dalla prima all’ultima nota in un vortice sinfonico che accarezza ed accompagna le voci in una partitura bella e raffinata che alterna momenti di eterea dolcezza ad altri di estrema tensione, tipici della rivisitazione del “secolo dei lumi” posto sotto la lente d’ingrandimento del post-romanticismo europeo (si vedano anche gli esempi di Fedora, Rosenkavalier, Andrea Chénier) di cui Cilea è un autentico autorevole esponente (seppure non prolificissimo autore).

Ebbene, Adriana, a mio avviso, è la sintesi perfetta della più verace scuola italiana, dominata dalle melodie che attraversano l’opera ad ogni battuta ma all’indomani della rivoluzionaria lezione wagneriana onde il capolavori di Cilea si caratterizza per una serie di leitmotiv che si intrecciano, sviluppano, sovrappongono contribuendo a scolpire la psicologia dei personaggi; dominante il tema della “gelosia” riferito alla principessa di Bouillon, di sole tre note, ma che percorrono l’intera partitura insinuandosi nei più reconditi colori orchestrali per poi apparire in tutta la loro mostruosa evidenza alla fine dell’opera sulla frase di Adriana “scostatevi profani… Melpomene son io” mentre il fondale di scena lascia crollare un fondale facendo riapparire la scena teatrale in cui la Protagonista è vissuta ed ha nutrito il suo animo.
Leitmotiv che si dipana nel punto cruciale dell’opera, l’intermezzo del secondo atto, ove il tema di Adriana si intreccia con quello della Principessa cantato sulle note di “O vagabonda stella d’oriente…” nel momento in cui la Protagonista si accinge a salvare la rivale dallo scandalo, ma anche ispiratissimo omaggio a Verdi, specialmente nel finale dell’opera ove Cilea sicuramente aveva viva la lezione de La Forza del destino, empiendo la partitura di violini eterei su Adriana, oramai morta, che riprendono il tema dell’ultimo cantabileecco la luce che mi seduce..”.

Appena possono essere accennati i preziosismi di quest’opera, che non a caso proprio a Napoli ha avuto particolare fortuna di allestimenti e di interpreti sia passati (si pensi alla storica edizione del 1959 con la Olivero, massima interprete del ruolo a mio avviso, od a quella del 1973 con una giovanissima Kabaivanska o del 1978 con Montserrat Caballè) che più recenti (molti ricorderanno la turbolenta edizione del giugno 1992 con una più matura Kabaivanska in cui il tenore Todisco finì con altercare col pubblico o quella del 2003 con la bravissima e compianta Daniela Dessì dalla indimenticabile argentea voce). Frutto di una gestazione abbastanza complessa che vide alternarsi ben due edizioni dell’opera di cui quella definitiva (cui Cilea apportò alcuni tagli) e datata 1930, che è praticamente quella in circolazione nei teatri, ma il cui risultato finale è di una limpida e cristallina “musica che parla”, che accompagna ogni gesto, ogni moto dell’animo in una struggente storia d’amore il cui improbabile (ma dall’opera è bene aspettarsi di tutto) epilogo è la tensione verso il soprannaturale, la luce cui su libra la bianca colomba stanca al suo chiaror.
Per quel che concerne l’allestimento nessuno revocherà in dubbio la perfezione stilistica della direzione di Daniel Oren che dimostra di nutrire una vera e propria adorazione per questa musica. Raramente si è sentita una concertazione lineare, analitica, ove ogni strumento emergeva dalla massa dei tutti senza mai coprire, ma solo accompagnando, con delicatezza, i cantanti.

Basti pensare all’ingresso di Maurizio in ccena con l’invocazione alla sua amata “Adriana…”, sottolineato dal Maestro con un gesto di accordo ritenuto la cui precisione era tale da fungere a base sonora al tenore Paulo Ferreira la cui voce altrimenti – per la verità non dotata di uno squillo sufficiente a caratterizzare la parte eroica del protagonista – sarebbe stata inesorabilmente coperta da un fiume di suono che all’ascoltatore appare come un vero e proprio tsunami perché susseguente alle battute più spiritose con protagonisti Michonnet, il Conte e l’Abate (la venatura più leggera dell’opera è altra caratterizzazione che vede come riferimento il Cigno di Busseto).

Daniel Oren ha concepito una direzione estremamente matura, frutto di una conoscenza profondissima della complessa partitura riuscendo perfettamente a coordinare il tutto con le sezioni cameristiche ed intime dell’orchestra, ma pure nel gorgo sinfonico è stato capace di far emergere il canto delle singole sezioni a mo’ di sottolineatura dei cangianti aspetti psicologici che la musica evidenzia volta a volta, confermandosi così un direttore estremamente capace, sconfinatamente amante della musica italiana e dell’italianità nella musica.

La compagnia di canto è indubbiamente di alto livello. La performance di Barbara Frittoli (che ha sostituito in cartellone l’annunciata presenza di Anna Pirozzi) applauditissima perché ha saputo perfettamente coniugare la purezza del canto alle doti di grande attrice (per questo Adriana non è ruolo che tutti i soprani, benché dotati di bella voce, possano affrontare a cuor leggero) degna del “brava… sublime..!” che la scena tributa ad Adriana alla fine del terzo atto, ha letteralmente conquistato l’uditorio; meno convincente, sul piano stilistico e di recitazione Svetla Vassileva, soprano dalle ottime doti vocali, ma che si è più abituati a sentire nel ruolo della ragazza monella e burlona in Falstaff, piuttosto che nelle vesti della grande Attrice francese.

Il Maurizio di Gustavo Porta si è rivelato sufficiente, essenziale, senza smargiassate in scena (che comunque la voce non gli avrebbe consentito) ma in sostanza corretto nella linea vocale, a differenza di Paulo Ferreira che, al contrario, è parso abbastanza legnoso e robotico, non dotato di grande volume vocale e costretto a tratti a forzare i suoni rendendoli, appunto, sgradevoli, di sicuro aiutato dal Maestro Oren che ha sapientemente plasmato l’orchestra per evitare di coprirlo del tutto. Meraviglioso il ruolo della principessa nelle vesti di Luciana D’Intino, di alto livello anche quello di Marianne Cornetti, con la differenza che la prima ha dotato il personaggio di un vigore umanissimo e di una collera palpabile con l’ausilio di una voce preziosa che si articola su più registri tra il grave e l’acuto, la seconda più nobile, dall’accento meno marcato e con una interpretazione giocata più su corde “intellettuali” (la frase scolpita tra i denti “un tale insulto la sconterà..!”).

Tra i personaggi in cui prevale l’impronta di recitazione rispetto quella del canto, Michonnet  interpretato da Corbelli risulta un carattere buono e tormentato da sentimenti contrastanti, non convincente l’interpretazione di Mastromarino che lasciava intravvedere un soggetto piuttosto piatto ed incolore anche nella linea di canto. Carlo Striuli e Luca Casalin hanno bene interpretato i ruoli del Principe (di chimica dilettante ed amante della Duclos) e dell’abate (il ninnolo della principessa).

Notevole e ben sperimentato l’allestimento la cui regia, affidata a Lorenzo Mariani, già era presente nell’edizione napoletana dell’Adriana nel 2003, ed ha confermato essere estremamente efficace puntando sulla tradizione delle scelte con speciale riferimento anche alle scene e ai bellissimi costumi. Con ciò confermando ciò che ho sempre pensato: che un’opera è un genere che nasce con determinate didascalie che il compositore ha tenuto bene a mente quando ha deciso di costruirci intorno la musica, stravolgendo le quali, a meno che non si abbia un’idea assolutamente geniale, è operazione assolutamente pericolosa perché in grado di mortificare un capolavoro da parte di chi voglia andare al di là del concetto dell’autore non avendone né la stoffa né un’infinitesima dose di genialità. Il pensiero vola indubbiamente alla bella edizione della Butterfly di luglio mortificata da una regia insipida e claustrofobica.
L’allestimento di Adriana conferma che si può essere contemporaneamente grandi e rispettosi di colui che ha concepito un simile capolavoro, mercè l’utilizzo di pochi elementi, sobri ma che comunque riempiono la scena ed aiutano la musica a librarsi ed a diffondersi ai cor.

Pubblicato in: 
GN45 Anno VIII 28 ottobre 2016
Scheda
Titolo completo: 

Teatro di San Carlo - Napoli
THE GOLDEN STAGE
stagione 2015-2016
ADRIANA LECOUVREUR
dal 16 al 23 ottobre 2016
Recensione delle recite del 19 e 22 ottobre 2016

Musica di Francesco Cilea
Libretto di Arturo Colautti

Direttore | Daniel Oren
Regia | Lorenzo Mariani
Scene | Nicola Rubertelli              
Costumi | Giusi Giustino
Luci | Claudio Schmid
Coreografia | Michele Merola

Interpreti

Adriana Lecouvreur, Barbara Frittoli / Svetla Vassileva (18, 20 e 22 Ottobre)
Maurizio, Gustavo Porta (16, 19, 21 e 23 Ottobre) / Paulo Ferreira (18 Ottobre) / Bruno Ribeira (20 e 22 Ottobre)
La principessa de Bouillon, Luciana D’Intino / Marianne Cornetti (18, 20 e 22 Ottobre)
Il principe de Bouillon, Carlo Striuli
L'abate di Chazeuil, Luca Casalin
Michonnet, Alessandro Corbelli (16, 19, 21 e 23 Ottobre) / Alberto Mastromarino           
Quinault, Paolo Orecchia                     
Poisson, Stefano Consolini                              
Mad.lle Jouvenot, Elena Borin
Mad.lle Dangeville, Milena Josipovic / Giovanna Lanza (18, 20 e 22 Ottobre)

Allestimento del Teatro di San Carlo
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo