Editoriale. Glauco Mauri, Omaggio all'Usignolo

Articolo di: 
Livia Bidoli
Glauco Mauri

Ad un anno di distanza dalla perdita del compagno di Teatro Roberto Sturno (scomparso il 22 settembre del 2023), sabato scorso si è avviato altrove Glauco Mauri (Pesaro 1 ottobre 1930 – Roma 28 settembre 2024), fondatore con Sturno della Compagnia italiana di teatro che prende il nome da loro, fondatori di un teatro profondo, sottile, significativo: un Canto nella Tempesta della Vita. Un canto d'Usignolo, come recita il titolo di uno dei loro ultimi lavori dedicati a Shakespeare.

Vi è un racconto crudele quanto educativo di Oscar Wilde che si intitola L'usignolo e la rosa: narra del sacrificio di un usignolo e del suo canto, per ridare vita ad un rosaio di rose rosse, col suo sangue, e col suo cuore, per il desìo di un innamorato. Ecco, Glauco Mauri e Roberto Sturno, indivisibili sempre, sono quell'usignolo con due voci distinte: un cuore che gli ha concesso di far levare le loro voci alte sul ginepraio della vita.

Glauco Mauri è stata la Voce della Tempesta che scuote Re Lear e dello stesso re folle che intendeva mantenere in dote i pregi di un regno diviso tra le due figlie ingrate, cacciando l'unica, Cordelia, con la totemica frase: "Dal nulla non nasce nulla", non comprendendo il valore di un amore incodizionato dalla gerarchia.

Glauco Mauri ha trasformato la sua vita in un'errabonda divagazione su e per il teatro: in una parola, lui "è stato" il teatro: la sua vita, ogni tanto, la incontrava per caso, tra un albergo e l'altro e la sua casa finale, che era solo di passaggio, essendo il palcoscenico la Casa della Vita.

La prima volta che li vidi recitare fu a Roma, negli anni Novanta, accompagnata da mia madre, grande cultrice di teatro: fu un'emozione immensa. Re Lear perso nella tempesta, folle, col supporto del Povero Tom (in realtà Edgar, figlio legittimo di Gliucester), l'altro figliol prodigo cacciato dall'amico di Lear, il Duca di Gloucester. Gli emarginati che si consolano nel bosco, sferzati dalla natura impietosa. Questo poiché, come spiego nel mio saggio "King Lear e la marginalità", si tratta di:

"Una società fondata sul diritto divino-pagano in cui la natura riflette lo status quo."

Ergo, non può che, simbolicamente, rappresentare la parte del più forte. Nel caso di Glauco Mauri abbiamo un rivolgimento: nonostante la natura infida delle umane storture e del vilipendio insito nel "bosco" della vita, lui è riuscito a "cantare quella pena in modo sublime", proprio come un usignolo. A porre poi quelle giuste domande guidate dal dubbio che compongono l'evoluzione che inizia con: "un grido, di dolore e di pianto: appena nati noi piangiamo perchè siamo arrivati su questo grande palcoscenico di pazzi" (da "Il canto dell'Usignolo").

Pubblicato in: 
GN Speciale Anno XVI 30 settembre 2024
Scheda
Titolo completo: 
Omaggio a Glauco Mauri
Pesaro 1 ottobre 1930 – Roma 28 settembre 2024
Compagnia Mauri-Sturno

POESIE E TEATRO DI WILLIAM SHAKESPEARE
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
Debutto: 22 luglio 2016 - XXVII Civitafestival (Piazza Duomo di Civita Castellana)

La camera ardente è stata allestita il 30 settembre al Teatro Argentina di Roma per un saluto al grande attore dalle 11 alle 15.

Livia Bidoli, Shakespeare: King Lear e la marginalità