I vivi e i morti nella Grande festa di Dacia Maraini

Articolo di: 
Giuseppe Talarico
Maraini

Ogni persona si trova dinanzi al mistero della morte, che atterrisce e provoca smarrimento e paura,  a causa  dell’ignoto e di ciò che la mente razionale non è in grado di sapere e conoscere. Nel suo ultimo libro, intitolato La grande festa ed edito dalla Rizzoli, Dacia Maraini attraverso il racconto delle sue vicende esistenziali descrive ed indaga il rapporto che nella nostra società occidentale vi è tra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Il libro è denso di ricordi personali che costituiscono l’ordito della narrazione, nella quale l’autrice inserisce, in una struttura letteraria assai innovativa, dei dialoghi che intrattiene con una filosofa di nome Josepha, che la Maraini ha conosciuto in una Università americana, quando in passato le venne assegnato il compito di insegnare letteratura italiana negli Usa. Nella prima parte di questo raffinato libro, che appartiene al genere letterario delle autobiografie intellettuali, l’autrice evoca e descrive in che modo la immaginazione dei pittori e dei poeti hanno raffigurato l’altro mondo, che si situa oltre la vita terrena.

Viene citato l’Inferno di Bosch, un celeberrimo quadro, quello immaginato dal grande poeta Blake, e viene richiamata l’Isola dei morti dipinta da Böcklin. Per l’immaginazione legata al teatro giapponese No, il luogo dei morti può essere paragonato ad una isola, in cui regna sovrana la pace e l’armonia. Nelle prime pagini del suo libro, l’autrice confessa di sognare spesso sia Pasolini che Moravia che la osservano da un luogo misterioso, due grandi intellettuali del Novecento, con cui ha condiviso i viaggi fatti in ogni parte del mondo e la passione intellettuale per la scrittura e la letteratura.

Dolorose e struggenti sono i ricordi legati alla sorella Yuki, una cantante di grande talento, con la quale Dacia ha trascorso la sua vita di bambina e adolescente a Bagheria in Sicilia, morta a causa di una malattia incurabile. Proprio il giorno in cui si trova con il suo compagno Giuseppe in ospedale, dove sua sorella Yuki è deceduta, Dacia inizia a narrare la vicenda di Alcesti, la sposa che muore al posto del marito egoista Admeto, e che viene riportata in vita da Eracle, secondo il racconto che ne ha fatto nella sua tragedia Euripide

Infatti solo i racconti e le narrazioni sono capaci di rendere tollerabile il dolore che si prova quando, a causa della morte, scompare una persona a cui si è profondamente legati. Inoltre è ricorrente, fin dal mondo antico come emerge dalla tragedia di Euripide, il desiderio di sapere cosa si celi e dissimuli oltre la soglia ignota della morte.  Nel libro vi sono delle poetiche e indimenticabili immagini con cui l’autrice evoca il ricordo della  vicenda tragica vissuta con la sua famiglia nel campo di concentramento giapponese, in cui venne segregata, poiché il padre, Fosco Maraini un grandissimo antropologo, si rifiutò di prestare il suo giuramento alla Repubblica Sociale dopo il 1943. Proprio nel campo di concentramento giapponese, Fosco Maraini spiega alla figlia che per Platone la reincarnazione è un principio di conoscenza.

Infatti, come emerge nel Fedro, uno dei grandi dialoghi di Platone, l’anima è governata e dominata sia da una auriga, che la sospinge verso il mondo dell’Iperuranio, sia da un cavallo, che la indirizza verso la terra, perché si incarni in un essere vivente. Quindi la conoscenza che appartiene al mondo dell’Iperuranio precede la vita terrena. Nel libro l’autrice ricorda che l’istinto e l’inclinazione verso la giustizia che precede la razionalità è stata sempre una caratteristica dei suoi familiari, del padre e delle sorelle.

Osserva che mentre negli Usa i cimiteri sono dei luoghi circondati dal verde e somigliano a dei giardini, in Italia si è diffusa l’abitudine  a rinchiudere le persone scomparse in loculi di cemento, che hanno un aspetto squallido e tristemente lugubre.  L’unico legame che si può mantenere tra i vivi ed i morti è affidato ai ricordi personali, poiché la mente umana può generare visioni, immaginazioni, e pensieri, grazie ai quali l’incontro desiderato, con chi non è trai i vivi, diviene possibile.

Nella parte finale del libro attraverso i dialoghi che tiene con la sua amica filosofo Josepha, la Maraini si chiede polemicamente perché in uno stato libero sia negato al cittadino il diritto di decidere, secondo il principio della autodeterminazione, come morire. In questa parte della narrazione il riferimento evidente è al caso di Eluana Englaro, la giovane donna a cui è stato consentito di morire, dopo che ha vissuto la sua vita per molti anni in condizioni di assoluta inconsapevolezza senza avere una percezione della realtà.

Questo caso ha suscitato dispute giuridiche e filosofiche tra i laici ed i cattolici e diviso la pubblica opinione. Secondo Josepha in Italia il diritto all'eutanasia non viene riconosciuto, poiché la Chiesa cattolica vuole continuare ad esercitare il proprio monopolio sui diritti fondamentali della persona. Occorre notare, in ogni caso, che i cattolici difendono il principio etico  che sulla vita e la morte non possono essere gli uomini a dettare con delle norme giuridiche le indicazioni, a cui ispirasi per decidere quando la vita debba cessare.

Nella parte finale del suo bellissimo libro, la Maraini con accenti dolenti e assai lievi rievoca la malattia che ha colpito il suo giovane compagno, provocandone la morte dopo sofferenze indicibile e inimmaginabili. Per attenuare il suo dolore, dovuto alla perdita del compagno, l’attore Giuseppe Moretti, la scrittrice racconta il mito di Orfeo ed Euridice. Orfeo si reca nell’oltretomba e riesce, grazie alla musica dolcissima che sa far risuonare intorno alla sua persona,   a ritrovare la persona amata, Euridice.

Gli viene concessa la possibilità di riportare in vita Euridice, purché non la osservi in volto,  fino alla uscita dal regno dei  morti.

Purtroppo Orfeo cede alla tentazione di contemplare il viso di Euridice e per questo motivo, all’uscita dall’Ade, perde la sua amata per sempre. Josepha, la filosofa amica delle Maraini, alla fine del libro sostiene che non bisogna piangere i morti, poiché sono destinati a rinascere dentro di noi come la Fenice. Un libro di ricordi e riflessioni sulla vita e il mistero della morte.

Pubblicato in: 
GN11 Anno IV 23 gennaio 2012
Scheda
Autore: 
Dacia Maraini
Titolo completo: 

La grande festa, Milano, Rizzoli, 2011, pp. 224. Euro 16,00.