World Press Photo 2009. La fragilità dell’equilibrio umano

Articolo di: 
Alberto Balducci
Anthony Suau, World Press Photo 2009 winner

World Press Photo è un’organizzazione no profit che dal 1955 promuove ogni anno un concorso fotografico incentrato sul fotogiornalismo, cui migliaia di fotografi di ogni parte del globo partecipano, inviando i loro lavori. É diventato così un punto di riferimento sia tecnico che sociale per questo ampio filone della fotografia contemporanea e, proprio a causa di questo tema, uno specchio della realtà quotidiana del globo.

Anche quest’anno il Lucca Digital Photo Fest ospita le foto vincitrici di questo prestigioso concorso, e lo fa disponendole in uno degli umidi “baluardi” delle mura urbane, il Baluardo San Colombano, che altro non è che una serie di cunicoli e locali scavati all’interno delle mura stesse. Le foto sono disposte in modo che il lavoro del vincitore dell’edizione odierna, Anthony Suau, si trovi in fondo al cunicolo.

Vogliamo cominciare l’esame della rassegna proprio dalla foto vincitrice, in quanto giustamente emblematica di tutto il panorama che esala da questa raccolta di scatti di realtà contemporanea. Essa raffigura un detective che sta perlustrando, pistola alla mano, l’interno di un appartamento disastrato di Cleveland (USA). La didascalia ci spiega come questa non sia un’operazione contro una gang di spacciatori o una retata contro un nascondiglio di mafiosi, ma sia piuttosto il controllo di uno sfratto.

Controlli di questo tipo sono di routine per verificare che non vi siano inquilini abusivi o oggetti pericolosi, come armi, rimasti in giro. Ma, a parte la giustificazione burocratica dell’azione, ciò che sconvolge è che questa è un’immagine di guerra, come afferma la Presidente di giuria Mary Anne Golon, di una guerra che “si sposta nelle case della gente che non è in grado di pagare i propri debiti".

Se il 2008 è stato l’anno della crisi economica che ha, volenti o nolenti, “calorosamente consigliato” alla società del cosiddetto “primo mondo” di cambiare le proprie regole economiche e sociali, questa foto riassume degnamente ciò cui queste vecchie logiche portano, e la guerra che si inscena tra le stesse persone che vivono insieme.

Tra le tante categorie del concorso, che spaziano in lungo e in largo nelle tematiche care alla fotografia, tra ritratti, natura e sport, largo spazio è lasciato all’attualità, con categorie come “daily life”, “people in the news”, “general news”, ecc. In queste ultime categorie, tradizionalmente la fanno da padrone i grandi avvenimenti mondiali: l’anno scorso avevamo l’assassinio di Benazir Bhutto e la guerra in Afghanistan, mentre quest’anno abbiamo un campionario molto interessante proveniente dagli strati sociali più umili.

Ad esempio, per “storie d’attualità”, l’italiano Massimo Siragusa ci documenta (senza mostrare un solo essere umano) le condizioni di vita odierne a Fondo Fucile (Messina) dove, in seguito al terremoto del 1908, furono allestite “temporaneamente” delle baracche per gli sfollati. Tutt’oggi lo Stato non è riuscito a migliorare le loro condizioni (ad un secolo di distanza), e questi nostri compatrioti giacciono in una vera e propria favela, senza acqua corrente né sistema fognario.

Questa situazione non è all’altro capo del mondo, ma qui, in casa nostra. Certo, altrove sulla terra vi sono condizioni peggiori – ma non è il caso di atteggiarsi ad abitanti di un paese progredito, visti i risultati concreti.

Volendo comunque guardare alle vere favelas, Eraldo Peres ci porta uno scatto di Recife (Brazile), dove un gruppo di ragazzi si trova noncurante attorno al cadavere (trattasi di assassinio) di un loro coetaneo, con un fare quasi da pasoliniani “ragazzi di vita”. E questa era giustamente la categoria “daily life”; giungla quotidiana, nata dalla disuguaglianza sociale e dal disprezzo per il prossimo.

Da un certo punto di vista, non sorprende che dei 10.000 senza tetto di São Paulo, moltissimi (ci informa la didascalia della foto di Carlos Cazalis) si rifiutino di conformarsi alle norme sociali imposte dai centri di accoglienza: si tratta di persone che hanno coscientemente rifiutato la società in cui vivevano, e per le quali un pasto caldo non può valere il soggiacere a regole che non possono sentire come loro. Una tale posizione, quand’è scevra da vittimismo e superbia, se non compresa, va rispettata.

Altri non tentano il rifiuto totale, ma la fuga verso altre realtà. Quasi toccante la foto di Henk Kruger, che ritrae un abitante dello Zimbabwe che striscia, solo e praticamente nudo, attraverso i cunicoli di filo spinato sul confine col Sud Africa, in un atto di immigrazione illegale. Le cicatrici che si porterà dietro in seguito a questa fuga saranno state causate da una crisi economica senza precedenti. E che dire dei disperati in perenne aumento che ogni giorno tentano di sbarcare a Lampedusa?

Molto spazio quest’anno si ritaglia il conflitto tra Russia e Georgia a causa della decisione separatista dell’Occasia del Sud. Abbiamo molte istantanee di militari e civili in preda al terrore o alla disperazione per la perdita di un familiare o delle speranze per il futuro immediato: essendo il conflitto in questione in pratica una guerra civile, il fronte diviene le case e le strade della gente comune.

Le violenze perpetrate dagli uomini sugli uomini non si limitano allo scontro armato, ma proseguono all’interno delle mura domestiche. Parliamo di violenza sulle donne: la foto di Guillaume Herbaut ritrae una giovane donna di colore dal volto coperto con una mascherina nera – è una delle vittime di “lavori domestici forzati” cui si trovano costrette alcune immigranti in Francia, che, prive di documenti d’identità, vengono segregate nei locali di cui si occupano. Le violenze spesso non si limitano alla ridotta possibilità di movimento.

Questo panorama della società mondiale odierna si completa con le manifestazioni della natura, che non sta certo a guardare lo stato in cui l’abbiamo ridotta (ma che anzi, ultimamente si sta risvegliando, come ci ricorda la foto di Carlos Gutierrez, con l’eruzione di un antichissimo vulcano).

Basti pensare al terremoto nel Sichuan (Cina) che ha prodotto circa 70.000 morti, o il ciclone Nargis che ha devastato il Myanmar il 2 Maggio. Ambedue gli eventi sono abbondantemente documentati con istantanee di distruzione e di piccolezza umana di fronte ai movimenti di madre Natura.

Un’altra faccia della natura è quella ritratta nelle foto a carattere zoologico: c’è una splendida istantanea di un leopardo congelato nel momento in cui azzanna in corsa un’antilope, nel cui sguardo di sorpresa si legge l’anticipo della morte prossima (Alexey Bushov). Oppure le fenomenali e rarissime immagini del leopardo delle nevi, meravigliosa creatura solitaria delle alte vette montane (Steve Winter per National Geographic), tanto rara e circospetta che le “trappole fotografiche” sono riuscite a scattarne una sola foto in 5 mesi.

Altre menzioni interessanti si trovano nella categoria “sport” (ad esempio le foto dei volti di pugili professionisti prima e dopo l’incontro, di Howard Schatz) o le spassose pose congelate degli atleti tuffatori nel mezzo della prova (Vincent Laforet).

Nella più classica delle categorie, “ritratto”, c’è una serie di inquietante squallore di Pep Bonet che ritrae delle prostitute transessuali, una delle quali dodicenne, a San Pedro Sula (Honduras) dove di nuovo, la diversità, la disuguaglianza e la sofferenza sociale la fanno da padrone.

Tutte queste fotografie, come un puzzle, compongono un affresco dell’umanità contemporanea e l’immagine che ne ricaviamo è quella di un funambolo: in equilibrio precario sulla lama di un rasoio, a coloro che cadono difficilmente viene perdonato qualcosa. Ma il problema è che, pur avendo tutte queste testimonianze riunite da ogni parte del globo e dello scibile sociale, non ci rendiamo conto che il terrore di queste situazioni non ci è lontano, ma al contrario è proprio sotto casa e può travolgerci in ogni istante. Non esistono nazioni superiori al momento: stiamo tutti camminando sulla stessa lama, o sulla stessa fune, rosa dai topi delle nostre convenzioni e del nostro insostenibile stile di vita.

Pubblicato in: 
GN4 Anno II 18 dicembre 2009
Scheda
Autore: 
World Press Photo
Titolo completo: 

World Press Photo 2009

Presso Lucca Digital Photo Fest 2009 (14 Novembre - 8 Dicembre 2009)

Baluardo San Colombano, Lucca

Anno: 
2009
Vedi anche: 

World Press Photo sito ufficiale dell'organizzazione

Archivio delle foto vincitrici edizione 2009

World Press Photo 2009 @ Lucca Digital Photo Fest '09