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Accademia Filarmonica e Santa Cecilia. Shlomo Mintz e Alexander Lonquich
Due eccellenti concerti di musica da camera sono stati proposti la scorsa settimana: all'Accademia Filarmonica Romana, il 13 gennaio 2011 con Shlomo Mintz e Petr Jiříkovský, e all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il giorno successivo 14 gennaio 2011 con Alexander Lonquich e i Solisti dell'Accademia.
Il concerto dell'Accademia Filarmonica Romana dedicato alla memoria di Luisa Panni Pavolini, appena scomparsa (11 gennaio 2011), è stato preceduto da un breve e commosso ricordo del maestro Roman Vlad, che ha illustrato la competenza e l'importanza del suo lavoro nella Filarmonica. Ha inoltre sottolineato come il fatto di essere stata costretta dai tagli feroci dei fondi ministeriali a licenziare persone con cui da anni lavorava l'aveva prostrata moralmente, a suo parere, ciò ha contribuito alla sua fine.
Shlomo Mintz al violino e Petr Jiříkovský al piano hanno magnificamente interpretato tre delle Sonate di Beethoven a cominciare da quella in mi bemolle maggiore op.12 n.3 ( 1797-8) che ha aperto il concerto. Una composizione brillante in tre movimenti in cui si sente il forte influsso di Mozart, che creò per primo il modello della moderna sonata concertante, in cui gli strumenti sono sullo stesso piano, anche se, in alcuni momenti, il pianoforte tende ancora a prevalere.
Nella musica da camera allora vigeva una netta differenziazione tra il quartetto o quintetto d'archi - in quattro movimenti - riservato agli intenditori e professionisti, con grandi difficoltà tecniche e complessità di scrittura musicale e le altre composizioni, con il pianoforte o no, riservate ai dilettanti e molto richieste dagli editori di musica in quanto avevano un fiorente mercato; infatti fare musica era, oltre ai concerti, l'unico modo per ascoltarla in quanto non esistevano mezzi di riproduzione meccanica.
Ai nostri giorni, in Italia, la parola dilettante ha assunto un senso dispregiativo che non ha alcuna motivazione di essere, in quanto dalla letteratura di musica da camera ad essi dedicata si evince che possedevano un buon livello tecnico. Il brano successivo la Sonata in do minore op.30 n.2 (1802) in quattro movimenti ha caratteristiche che la avvicinano alle contemporanee sonate per pianoforte. Al primo movimento Allegro in tono eroico segue l'Adagio cantabile con una melodia dolce e intensa, segue lo Scherzo breve e incisivo che precede lo stupefacente Finale inquietante e con un virtuosismo incandescente.
Ha chiuso la Sonata in sol maggiore op.96 (1812) che segue la celeberrima Kreutzer: non ne ha la grandiosità ma possiede un perfetto equilibrio compositivo ed intensa poesia; una splendida gemma che, destinata ad un virtuoso del violino come era Pierre Rode, si apre con un Allegro interrogativo e dolcemente melodico, segue poi l'Adagio espressivo che contiene una delle più belle melodie di Beethoven, un brano coinvolgente come pure l'inquietante e meditativo finale Poco allegretto.
Shlomo Mintz, con Petr Jiříkovský ha interpretato mirabilmente le sonate, esaltandone i diversi aspetti ed esibendo una stupefacente tavolozza sonora, dalla più trasparente dolcezza all'intenso fuoco che riesce a sprigionare dal violino. Acclamato a gran voce dal pubblico, Shlomo Mintz ha regalato due bis: la Campanella di Paganini nella trascrizione di Frizt Kreisler e Zigeneurweisen di Sarasate. Un'altra metamorfosi interpretativa si è così manifestata: prima il lato demoniaco e inquietante del violino di Paganini, poi quello struggente ma pieno di fuoco in Sarasate e ci è sembrato che apparisse il violinista tenero e ironico che si libra nel cielo di Chagall.
Il programma prezioso e insolito offerto da Lonquich e dai Solisti dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Carlo Tamponi flauto, Paolo Pollastri oboe, Stefano Novelli clarinetto, Francesco Bossone fagotto, Guglielmo Pellarin corno– si è aperto con l'Ouverture dal Flauto magico di Mozart per quintetto di fiati e il quintetto per pianoforte e fiati K452. Il quintetto è un pezzo in cui l'abilità nel far dialogare pianoforte e fiati già esplorata efficacemente nei concerti per pianoforte e orchestra, è efficacemente utilizzata in un perfetto equilibrio concertante in cui struttura contrappuntistica e invenzione melodica sono abilmente e armoniosamente fuse. Il brano si apre con un Largo che sfocia in un Allegro brillante e concertante, segue il Larghetto in cui domina una morbida cantabilità, conclude il Rondò in cui tornano le caratteristiche del primo movimento.
La seconda parte si è aperta con Trois piéces Bréves per quintetto di fiati di Jacques Ibert; il primo Assez lent è un brano contrappuntistico pieno di ritmo con ironiche dissonanze, trasparenti melodie che evocano Debussy pervadono l'Andante mentre nel conclusivo Allegro molto ritmico si sentono influssi stravinskiani.
Il Divertissement op.6 per pianoforte e quintetto di fiati di Albert Roussel risente anch'esso della musica di Debussy e di Stravinskij: il primo movimento Animé, è molto ritmico e brillante, mentre nel successivo Lento, compaiono sonorità evanescenti invece il conclusivo Animando dopo un inizio brillante ha un finale sospeso e incantato rimarcato dal flauto.
Ha chiuso il Sestetto per pianoforte e quintetto di fiati di Francis Poulanc apre con un Allegro vivace in cui c'è un giocoso e beffardo dialogo tra gli strumenti con un ritmo incalzante: il Divertissement introdotto dal fagotto in cui sono percepibili influenze jazzistiche segue il finale in cui il corno ha un ruolo beffardo seguito poi dagli altri e termina con una strana atmosfera malinconica e inquietante. Bravissimi Lonquich e i Solisti dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia che, perfettamente affiatati, hanno offerto una convincente e trascinante interpretazione riscuotendo un meritato successo con il pubblico che ha lungamente applaudito.