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Arsenii Mun infiamma la Iuc. Un viaggio su tastiera da Busoni a Skrjabin
Sabato 16 novembre 2024, l’Aula Magna della Sapienza è stata il palcoscenico di un evento memorabile: il debutto romano di Arsenii Mun, vincitore del Concorso pianistico internazionale Ferruccio Busoni 2023, nell’ambito della 80ª stagione concertistica della Iuc. Il giovane pianista russo, nato a San Pietroburgo nel 1999, già definito “ammaliatore del pianoforte” dalla stampa internazionale, ha incantato il pubblico romano con un programma raffinato, equilibrato tra virtuosismo e profondità espressiva.
Nonostante i suoi 24 anni, Arsenii Mun ha dimostrato un livello di maturità artistica che raramente si riscontra in interpreti così giovani. Basti un solo particolare per capire di che livello sia il giovane sanpietroburghese: è riuscito a vincere il prestigioso "Premio Arturo Benedetti Michelangeli", che viene assegnato solo in caso di verdetto unanime della giuria: circostanza che non si verificava da almeno tre decenni. Inoltre, è stato votato on line da spettatori di tutto il mondo per il Premio del Pubblico, che si è pure aggiudicato. Mun si è confermato un interprete capace di fondere rigore tecnico e intensità poetica, caratteristiche che hanno reso questo concerto un’esperienza unica.
Il pianista ha esordito con un doveroso omaggio a Ferruccio Busoni, figura centrale nel repertorio di Mun, che del compositore italiano incarna lo spirito visionario. Abbiamo detto "compositore italiano", ma in realtà Busoni (1866-1942) appartiene pleno iure alla grande cultura mitteleuropea o europea tout court: nato a Empoli, da Ferdinando, anch'egli empolese d'origine corsa, apprezzato clarinettista, e da Anna Weiss, triestina di famiglia bavarese, fu instradato verso lo studio della musica e dei capolavori della tradizione classica dalla madre, che fu in grado di creare intorno al figlio l'atmosfera opportuna per favorirne la precoce attitudine musicale. Esordì a Trieste, per poi trasferirsi a Vienna, a Graz, a Bologna, a Mosca, a Boston e infine a Berlino. Si dedicò anche all'estetica musicale, pubblicando in lingua tedesca il saggio Entwurf einer neuen Aesthetik der Tonkunst (Progetto di una nuova estetica dell'arte dei suoni, 1906). Proprio nella pièce proposta ("Fantasia nach J. S. Bach", del 1909) si possono scorgere i segni di questa nuova estetica musicale: poco sensibile al fascino di ciò che definiva come "l'assolutamente moderno", intendeva rinnovare la musica, ma senza lasciarsi alle spalle le esperienze precedenti. Il passato dove semmai servire come spunto per raggiungere una sorta di spontaneità originaria, che individuava come presente in alcune opere di Johann Sebastian Bach, come le sue fantasie per organo. Busoni intendeva il termine fantasia proprio nel suo significato originario, come composizione di natura libera e rapsodica, che trae origine dall'esplorazione da parte del musicista del proprio strumento. Egli aspira a una musica "libera", che non può sussistere entro la prigione delle strutture formali.
A seguire, Mun ha proposto la "Sonata in fa maggiore K 332" di Wolfgang Amadeus Mozart, offrendo una lettura fresca, luminosa e piena di equilibrio. Il suo tocco leggero, unito a un fraseggio limpido e naturale, ha restituito la purezza e l’intelligenza formale delle composizioni del genio salisburghese: è una composizione che si muove entro i tre movimenti canonici del genere sonata (Allegro, Adagio, Allegro assai), ma con una sorta di narrazione fatta di contrasti e continuità. La transizione a Chopin è avvenuta quasi senza soluzione di continuità, ma con un netto cambio di registro emotivo.
L'"Andante spianato e grande polacca brillante op. 22" di Chopin, uno dei momenti più attesi della serata, è stato reso con una sensibilità straordinaria. Mun ha saputo cogliere e restituire le sfumature più intime di quest’opera, alternando passaggi di intensa introspezione a slanci drammatici. La sua capacità di far cantare il pianoforte, unita a un controllo assoluto del discorso musicale, ha conquistato il pubblico. È un ritmo di danza, ossia la polacca, a dare unità a questa composizione "binaria": Chopin sceglie dapprima la forma tipica del folklore del suo paese per mostrare tutto il suo virtuosismo pianistico. E aggiunge in un secondo momento l'Andante spianato, che sembra l'antitesi del momento precedente, con il suo carattere statico e disteso.
La modernità di Skrjabin e Ravel ha poi completato il quadro della serata. Di Aleksandr Skrjabin è stata proposta la "Sonata n. 2 in sol diesis minore op.19, Sonata Fantasia", con la sua tensione mistica e visionaria. Composizione in cui è ancora evidente la lezione dei virtuosi romantici, con brevi spunti ritmici che quasi "suturano" le due sole sezioni da cui è costituita. Il brano è stato reso con una profondità che ha trasportato gli ascoltatori in un mondo sonoro ricco di simbolismi.
Di Maurice Ravel, invece, Mun ha eseguito la celebre "Gaspard de la Nuit" ha permesso a Mun di mettere in evidenza la sua straordinaria tavolozza timbrica: ogni sfumatura dinamica e ogni passaggio tecnico sono stati cesellati con precisione, regalando un’interpretazione di rara bellezza. Del resto, la composizione di Ravel è una singolare dimostrazione di come si potesse anche concepire musica "a programma" per pianoforte. Il grande musicista francese ha infatti cercato di dare forma musicale a tre poemetti in prosa di Aloysius Bertrand (testo noto anche come Storie tarlate e polverose del Medioevo, argomento che non poteva non appassionare Ravel, cultore anche di Edgar Allan Poe). La prima parte, Ondine, è contraddistinta da rapide e leggere cascate di note, corrispondenti a un sogno sereno come lo scorrere dell'acqua; la seconda, Le gibet (La forca), da un sinistro ritmo dondolante, che evoca tinte fosche e lugubri, atte a evocare una scena di impiccagione (coma La marche au supplice della Sinfonia fantastica di Hector Berlioz) ; la terza, Scarbo, da una serie di frenetiche note ribattute ossessivamente, che evocano la sinistra figura di un folletto notturno deforme e ambivalente, che appare e scompare saltando di continuo e prendendosi burla di chi ascolta con cachinni e sberleffi, che forse riguardano lo stesso brano, da Ravel medesimo giudicato una "caricatura del Romanticismo".
La serata "ufficiale" si è chiusa con la "Mazeppa", dagli Studi trascendentali di Franz Liszt, un banco di prova che Mun ha affrontato con sicurezza disarmante. La sua esecuzione, tecnicamente impeccabile, ha esaltato non solo le difficoltà virtuosistiche, ma anche la dimensione poetica di queste pagine che costituiscono un microcosmo sonoro, capace di evocare immagini potenti e raffinate, rivelando la profondità interpretativa del giovane pianista. Del resto, da
questo studio Liszt trasse poi la partitura per il poema sinfonico Mazeppa, ispirato altresì all'omonima poesia di Victor Hugo contenuta nella raccolta Les Orientales: il poeta francese descrisse la vicenda avventurosa di Ivan Stepanovič Mazepa (o Mazeppa), nobile ucraino che agli inizi del Settecento si era schierato con il re di Svezia Carlo XII contro lo zar di Russia Pietro il Grande. Secondo la leggenda, Mazeppa, punito per la relazione con la moglie di un alto dignitario della corte polacca, venne trascinato sul dorso di un cavallo selvaggio per tre giorni fino alla natia Ucraina, dove, salvato dai cosacchi, ne diviene capo (ataman).
Le ovazioni del pubblico, visibilmente colpito dalla performance, hanno spinto Mun a concedere tre bis, ognuno dei quali ha rappresentato un piccolo gioiello musicale. La "Mazurka n. 4 op. 17" di Chopin ha incantato con la sua grazia e il suo lirismo, evidenziando la capacità di Mun di immergersi nella poetica più intima del compositore polacco.
A seguire, il "Preludio n. 12, Fuochi d’artificio” dal secondo libro di Claude Debussy ha letteralmente infiammato la sala: Mun ha affrontato le scintille sonore e i vortici dinamici di questa pagina con una brillantezza tecnica e una raffinatezza timbrica che hanno lasciato il pubblico senza fiato.
Il terzo bis, le Variazioni da “La Campanella” di Paganini di Franz Liszt, è stato un trionfo di virtuosismo e spettacolarità. Mun ha trasformato questo capolavoro in un’esibizione pirotecnica, mantenendo però sempre un’eleganza aristocratica nel fraseggio, che ha fatto risuonare ogni nota con chiarezza e forza espressiva.
Con questo debutto romano, Arsenii Mun si è imposto come uno dei più promettenti interpreti della sua generazione. La sua capacità di coniugare tecnica impeccabile, sensibilità musicale e una profonda comprensione dei diversi stili affrontati lo rende un artista completo, capace di parlare direttamente al cuore del pubblico.