Ezio Gribaudo. Viaggio nella memoria e nell’esperienza

Articolo di: 
Alberto Balducci
Ezio Gribaudo - Flano

Spesso una mostra si limita a mostrare opere (quadri, statue…), poche riescono, o vogliono, mostrare la persona e le motivazioni che hanno portato quell’individuo alla creazione esattamente di quell’opera – e non di altro. Ciò significa comprendere che le opere sono frutto di una personalità e possono anche avere sì vita propria, ma sono comunque emanazioni dirette di colui/ei che le ha generate. Escludere questo significa limitare la comprensione dell’arte in oggetto, o (al limite peggiore) imporre la propria idea a priori. Questo viaggio nella persona come artista è ciò che abbiamo nella mostra dedicata a Ezio Gribaudo al Lu.C.C.A., curata da Stefano Cecchetto e Maurizio Vanni, aperta fino al 28 Agosto 2011.

L’esposizione vuole essere un racconto della vita del poliedrico personaggio Gribaudo (torinese, classe 1929), che di volta in volta (e spesso allo stesso tempo) ha rivestito le figure di editore, collezionista e artista, andando così a occupare un posto nel mondo dell’arte che lo ha portato a conoscere direttamente i più grandi artisti del ‘900.

Come lui stesso ha ricordato nella conferenza stampa d’apertura, in un libero flusso di memorie, passioni, libri e eventi, conobbe Pablo Picasso all’inizio degli anni ’50 e lasciò che quella personalità fuori dal comune lo influenzasse per gli anni a venire.

Le conoscenze poi si moltiplicarono, e il suo ruolo di editore lo portò a contatto con artisti come Marcel Duchamp (New York, 1961), Jean Dubuffet (di cui Gribaudo riuscì a far realizzare a Torino dalla Fiat lo spettacolo Coucou Bazar, nel 1978), Asger Jorn, Joan Mirò, e molti altri.

Con molti di loro, come De Chirico, Dubuffet e Jorn, Gribaudo intratterrà duraturi rapporti di amicizia e collaborazione. Essendo anche collezionista, un po’ per vocazione e un po’ evidentemente per opportunità, alcune opere dei succitati artisti sono esposte in mostra; si ricorda ad esempio il giocoso Ritratto di Ezio Gribaudo dell’olandese Karel Appel (anche lui parte attiva, come Jorn e Alechinsky, del gruppo d’avanguardia CoBrA) o il Concetto spaziale. New York di Lucio Fontana, creato apposta per Gribaudo nel 1961.

Vi sono quindi molte opere di un certo “peso” in quest’esposizione, sparse come gruppi di ricordi di un uomo dalla vita vasta e viva: un senza titolo di Miró che l’artista dipinse sotto gli occhi di Gribaudo per la copertina della prima monografia fatta assieme, o una parete di disegni di piccolo formato di Giorgio De Chirico, tra i quali alcuni autoritratti davvero degni di nota.

Di De Chirico abbiamo anche un altro documento esposto, di grande valore umano: la riproduzione di una lettera per Gribaudo, dove l’artista afferma che “così come si può considerare Tintoretto un melanofilo si può considerare Gribaudo un leucofilo” (I bianchi di Ezio Gribaudo, 23 Gennaio 1969).

Tutte queste influenze, suggestioni ed esperienze si sono coagulate in una vita artistica poliedrica e giocosamente sperimentatrice; un buon numero di opere in mostra ci porta testimonianza dell’approccio divertito e appassionato dell’artista verso la creatività.

Ad esempio, sono esposti i Flani, opere basate sul “riciclaggio” degli stampi di cartone refrattario usati in tipografia: abbiamo quindi tutta una serie di opere a tecnica mista, quasi dei ready-made non spersonalizzati, dove sprazzi di vita di tutti i giorni (alcuni dei supporti utilizzati sono le matrici di pagine di quotidiani) si abbinano alle suggestioni dell’artista.

E poi i Logogrifi, impressioni di punzoni tipografici metallici su carta, bianco su bianco, a creare nuovi percorsi poetici dalla minimale essenza e rara eleganza. Non a caso Gribaudo grazie a dodici di essi vinse il Premio Ufficiale per la grafica della Biennale di Venezia del 1966 (ciclo che si chiude oggi con un’opera esposta nell’ultima Biennale, nel Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi, che in sé è un sunto della vita e delle opere dell’artista). Una stanza dell'esposizione riproduce fedelmente l'allestimento alla Biennale del '66.

La passione per la tipografia in queste opere è evidente, ma svincolata dalla necessità di comunicare un messaggio cerebrale, orientata bensì verso l’espressione pura del segno e del materiale; della materia che da potenzialità inerte si riveste, rinascendo, della pregnanza del segno impresso.

La passione per la materia di Gribaudo, di cui anche De Chirico era affascinato, è d’altronde un filo conduttore della sua ricerca artistica. Materia e memoria si fondono nelle movenze di questo artista. È il caso dei Teatri della memoria, serie degli ultimi anni dal titolo semplice e perfetto, dove le innumerevoli influenze subite dalla mano dell’artista si ricombinano in un tutt’uno omogeneo: dal recupero delle tecniche pittoriche studiate in gioventù, al riciclaggio materiale (e susseguente “reinvenzione”) di vecchi logogrifi degli anni ‘60, a suggestioni che rimandano a vari personaggi e momenti della vita.

Non c’è soluzione di continuità tra le opere e la vita dell’artista; ogni pezzo in mostra è collegato a un frangente temporale ben definito con le sue esperienze, i suoi umori, le sue speranze e frustrazioni. Ricordiamo quale esempio la serie nata in seguito allo storico viaggio del 1961, già citato, chiamata appunto Diario di New York, dove la memoria dà vita a un viaggio immaginifico di appunti di viaggio che subito evocano la città e l’esperienza.

La proiezione del film Viaggio a New York, girato in quell’occasione da Gribaudo e Francesco Aschieri (per l’uscita del volume Devenir de Fontana su Lucio Fontana di Michel Tapiè, curato da Gribaudo) completa il quadro su quest’aspetto, al tempo particolare ed universale, della vita dell’artista.

Ed ecco quindi, che tutto in questa mostra è viaggio: viaggio nella vita di un uomo, attraverso le sue opere e i suoi ricordi. E attraverso di essi, viaggio con alcune delle personalità artistiche più alte del novecento.

Pubblicato in: 
GN59 Anno III 4 luglio 2011
Scheda
Titolo completo: 

Ezio Gribaudo. Viaggi nella memoria. Mirò, Savinio, De Chirico, Fontana, la Biennale di Venezia del 1966 e i Teatri senza tempo.

Presso il Lucca Center of Contemporary Art (Lucca), 11 Giugno - 28 Agosto 2011