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Modena. Mosè in Egitto inaugura la nuova stagione
Il Mosè in Egitto di Gioachino Rossini ha inaugurato la Stagione 2024-2025 del Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena. Domenica 20 Ottobre è andata in scena la seconda e ultima rappresentazione, in una sala affollata da un pubblico entusiasta che ha lungamente acclamato gli interpreti.
Le opere serie del pesarese ancora non sono entrate nella usuale programmazione dei teatri e solo il Rossini Opera Festival- ROF le ripropone, nel caso del Mosè in Egitto, l’opera è stata rappresentata l’ultima volta a Modena nel 1833. Infatti il rifacimento francese Moïse et Pharaon, ou Le Passage de la mer Rouge (1827) poi tradotto in italiano e conosciuto brevemente come Mosè è stata la versione che ha continuato ad essere rappresentata; insieme al Guillame Tell sono le due uniche opere serie di Rossini che si è continuato a mettere in scena.
Il Mosè in Egitto, azione –sacra andò in scena per la prima volta il 5 marzo 1818 al Teatro San Carlo di Napoli, il notevole cast chiamato a interpretarla annoverava Isabella Colbran, come Elcia, Andrea Nozzari, come Osiride, e Michele Benedetti, come Mosè. Il pubblico apprezzò il primo e il secondo atto ma contestò il terzo con il Passaggio del Mar Rosso. L’opera è insolitamente in tre atti per i problemi scenici posti dal Passaggio del mar Rosso. Stehndhal racconta che parte del pubblico riconobbe chi muoveva i teli, che dovevano evocare le onde, scatenando le risate e la contestazione. Nel 7 marzo del 1819 Rossini ripresentò l’opera con due cambiamenti eliminò l’aria di Amaltea, La pace mia smarrita e riscrisse il terzo atto che conteneva nel finale la sublime preghiera in Dal tuo stellato soglio, divenuta poi una delle composizioni più conosciute e amate di Rossini per la straordinaria bellezza della melodia. Non a caso Toscanini la propose al concerto inaugurale della Scala dopo la ricostruzione. Dell’edizione del 1818 è rimasto il libretto, ma non la musica; l’edizione che è stata messa in scena a Modena è quella del 1819.
Il Mosè in Egitto fu composto su libretto di Andrea Leone Tottola, dalla tragedia L'Osiride di Francesco Ringhieri (1721-1787), l’occasione era data dalla Quaresima, periodo in cui non si potevano mettere in scena le opere, ma solo oratori e drammi sacri. Rossini, definiva Oratorio il Mosè, in quanto era più interessato alla vicenda biblica che al dramma personale dei due sposi segreti: Osiride, figlio del Faraone e l’ebrea Elcia. Il pesarese, infatti, pose la cura maggiore nella composizione delle scene d’insieme in cui al coro viene riservata la parte di coprotagonista e ai duetti. La sublime apertura con la scena della tenebre è un grandioso e avveniristico pezzo chiuso, ammirato da Wagner, in cui domina la tonalità di Do minore e la reiterazione angosciosa e statica del tema fino all’invocazione di Mosè, la cui sacralità è sottolineata dagli ottoni, e la ricomparsa della luce si manifesta con il passaggio luminoso alla tonalità maggiore.
Nel primo atto lo splendido duetto Ah! Se puoi così lasciarmi tra Osiride ed Elcia è un gioiello belcantistico, mentre la conclusione con la piaga della pioggia di fuoco è un altro notevole pezzo d’insieme. Riguardo alle arie, solo la monumentale e splendida aria Porgi la destra amata nel finale del secondo atto, nella grande scena riservata alla Colbran fu composta da Rossini nel 1818. Riguardo alle altre arie eseguite in questa edizione, ricordiamo che, poiché come spesso accadeva, Rossini era pressato dagli impegni, le seguenti arie: La pace mia smarrita, cantata da Amaltea, viene dal rossiniano Ciro in Babilonia, anche questo su soggetto biblico, l’aria di Mosè al secondo atto Tu di ceppi aggravi non è di mano di Rossini. Cade dal ciglio il velo cantata dal Faraone al primo atto fu scritta nel 1822 probabilmente su richiesta del compositore Ferdinand Hérold per la prima parigina di Mosè in Egitto al Théâtre italien. Precedentemente era eseguita A rispettarmi apprenda, pregevole aria scritta da un amico di Rossini: Michele Carafa. Queste notizie sono tratte dai saggi dei programmi di sala del ROF di Philip Gosset (1983) e Bruno Cagli (2011).
La resa della intensa cantabilità, della varietà dei colori, della dinamica e dell’agogica in Mosè in Egitto sono impegnative da rendere per la raffinata scrittura musicale rossiniana e bene ha fatto l’Orchestra Filarmonica Italiana sotto l’attenta ed esperta direzione di Giovanni Di Stefano. Abbiamo parlato dell’importanza del ruolo del coro, ruolo che il Coro Lirico di Modena sotto la guida del Maestro del Coro Giovanni Farina ha lodevolmente assolto. La bravura di coro, orchestra e dei cantanti nella preghiera Dal tuo stellato soglio ha infiammato il pubblico presente che ha preteso veementemente il bis, che è stato concesso.
Venendo ai cantanti Michele Pertusi è stato il trionfatore della recita, è stato applaudito anche alla fine dell’aria Tu di ceppi aggravi. La sua esperienza in questa opera, sia come Faraone che come Mosè, la tecnica inossidabile, l’eloquente espressività e il bel timbro bronzeo che possiede, uniti alla notevole presenza scenica hanno disegnato un grande Mosè. Dave Monaco è stato Osiride, un’ardua parte belcantistica in cui si è disimpegnato con sicurezza, ha un bella voce che a volte usa con troppa enfasi eccedendo nella veemenza espressiva. Andrea Pellegrini come Faraone ha ben affrontato il ruolo sia scenicamente che vocalmente.
Aida Pascu ha sostenuto la difficile parte di Elcia, in quanto disegnata su quella grande interprete che fu Isabella Colbran, ha affrontato bene le insidie vocali, possiede una voce morbida che sa usare espressivamente e mostrato una buona presenza scenica. Mariam Battistelli è stata Amaltea, consorte del Faraone, ha una voce limpida e cristallina, un’intonazione precisa e sicura, ha affrontato il suo ruolo belcantistico con grande sicurezza, possiede grande disinvoltura scenica ed è stata lungamente applaudita dopo l’aria La pace mia smarrita. Angela Schisano, mezzosoprano, ha una voce calda e morbida e ha sostenuto la parte di Amenofi in cui si è disimpegnata abilmente sia per la presenza scenica che vocale. Matteo Mezzaro come Aronne e Andrea Galli come Mambre si sono ben disimpegnati nei loro ruoli.
La regia è stata affidata a Pier Francesco Maestrini, che nelle note di sala ha affermato che i riferimenti biblici sono più mitici che storici anche se di grande importanza per le religioni abramiche. D’accordo con lo scenografo Nicolás Boni e la costumista Stefania Scaraggi, tenendo conto del forte senso religioso di Rossini, ha deciso di creare un ambiente immaginario ma evocativo. Maestrini è un regista esperto e si è visto, ha lavorato accuratamente con i cantanti e il coro. Le scene e le proiezioni ben realizzate da Nicolás Boni sono state visivamente molto accattivanti e hanno immerso efficacemente nella nota vicenda bilica, belli anche i costumi di Stefania Scaraggi.
Lo spettacolo ha riscosso un grande successo con applausi prolungati alla fine degli atti e a scena aperta.