Schönberg e Mahler nella Residenz di Monaco. La malinconia della musica fin de siècle

Articolo di: 
Teo Orlando
Residenz

La splendida venue dello Herkulessaal della Residenz di Monaco di Baviera (il palazzo reale dei Wittelsbach) ha visto, venerdì 25 novembre 2011, l’esecuzione di due capolavori della contemporaneità musicale, la Verklärte Nacht di Arnold Schönberg e Das Lied von der Erde di Gustav Mahler. Sul podio è salito Eliahu Inbal, direttore di origine israeliana, già allievo di Leonard Bernstein e di Sergiu Celibidache, in sostituzione dell’italiano Riccardo Chailly, impedito da una malattia.

Le due composizioni appartengono a due musicisti ben diversi, ma sono accomunate da una simile atmosfera “sperimentale”, benché ancora ancorate a un linguaggio di fondo tradizionale.

Il pezzo di Schönberg, in particolare, si distingue per una serie di esperimenti armonici (ad esempio un accordo di nona senza fondamentale) combinati con moduli espressivi desunti da Richard Wagner e da Johannes Brahms, nel tentativo di combinare la logica strutturale del secondo con il linguaggio armonico ricco di cromatismi del primo, attingendo soprattutto alla partitura del Tristan und Isolde.

E mentre Schönberg rompeva le convenzioni musicali del suo tempo, l’altro viennese (seppur d’adozione), Gustav Mahler, compiva quell’operazione che Theodor W. Adorno ha definito come la trasformazione in ingrediente sensibile di ciò che risulta non immaginabile in un sistema musicale remoto. Sembra quasi che vi sia un ideale passaggio di testimone, tra il musicista ormai alla fine prematura della sua carriera e colui che aprirà la strada alla sperimentazione dodecafonica.

Veniamo al concerto. Alle 21,00 in punto l’Orchestra sinfonica della Radio Bavarese (Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks) si presenta accolta da composti ma partecipati applausi, che aumentano quando compare la figura, apparentemente dimessa, ma dotata in realtà di grande energia, di Eliahu Inbal.

L’orchestra attacca senza esitazione la prima opera in programma, la Verklärte Nacht op. 4 di Arnold Schönberg, opera del 1899 ancora tonale, eppure abbastanza dissonante da suscitare una rumorosa disapprovazione del pubblico al momento della prima esecuzione, avvenuta a Vienna, il 18 marzo del 1902 nella Piccola Sala del Musikverein, nella versione come Studio per sestetto d’archi.

È probabile che quegli ascoltatori siano stati turbati dalla concezione della vita che emanava sia dalla musica di Schönberg, sia dal poema omonimo di Richard Dehmel, a cui il musicista si era dichiaratamente ispirato. Siamo in effetti in presenza di una perfetta trasposizione dell’atmosfera apocalittica fin de siècle, di cui un altro celebre esempio in arte è costituito da L’urlo (Skrik) di Edvard Munch e in poesia dalle ultime composizioni di Paul Verlaine e Oscar Wilde o dalle prime liriche di Rainer Maria Rilke e di Stefan George.

In effetti, Schönberg scrisse la Verklärte Nacht ispirandosi a una poesia, il cui autore, Richard Dehmel, oggi non gode di grande popolarità, ma all’epoca era molto apprezzato.
In qualche modo il compositore austriaco risulta innovativo anche perché applica il principio della musica a programma, finora esemplificato perfettamente nei poemi sinfonici, come quelli di Franz Liszt e Richard Strauss, anche alla musica da camera.

L’accoglienza fu tiepida, anche se la rivista viennese Neue Freie Presse, pur sottolineando una certa confusione e una certa “bruttezza” (Hässliches) di alcuni passaggi, lodò dei momenti struggenti, osservando come l’opera riuscisse a catturare l’ascoltatore con una forza irresistibile, fino a penetrare nel cuore e nei sensi.

Del resto, questo forte pathos Schönberg pensò di poterlo rinvenire anche nella poesia di Richard Dehmel, appartenente alla raccolta Weib und Welt, caratterizzata da una sorta di erotismo mistico-simbolico (ad esempio nei seguenti versi: "da ließ ich schaudernd mein Geschlecht/von einem fremden Mann umfangen/und hab mich noch dafür gesegnet" – inorridendo ho fatto avvolgere il mio sesso/da un uomo estraneo/e per questo mi sono consacrata).

Nella poesia viene riprodotta la conversazione di due amanti in una notte al chiaro di luna: la donna confessa all’uomo di essere in attesa di un figlio da un altro, ma l’uomo non rinuncia all’amore incondizionato per lei, superando la morale borghese grazie all’accettazione dell’onnipotenza dell’eros.

Tuttavia, il compositore austriaco mette l’accento anche sulla funzionalità e sull’indipendenza reciproca di musica e poesia, sottolineando come la sua opera abbia delle qualità  che possono rispondere ai requisiti estetici anche se si ignora che cosa rappresentano, in modo che possa essere considerata anche come “musica assoluta” (absolute Musik).

Schönberg cercò di trasporre la forma quasi rondò delle strofe della poesia attraverso il sestetto d’archi, che suggerisce un’evoluzione continua fatta di variazioni. Riscrivendo la composizione per orchestra, si è limitato ad ampliare la strumentazione, ma senza toccare più di tanto la partitura. La composizione comincia con un registro basso, ben riprodotto dall’orchestra del Bayerischer Rundfunk, anche se con un afflato meno tenebroso rispetto a quello che eravamo preparati ad ascoltare.

Si sviluppa poi una melodia lungo una scala discendente, a cui si aggiunge un motivo sincopato suonato dalle viole. Sembra di ascoltare la confessione malinconica della donna della poesia di Dehmel, a cui poi si aggiunge una sorta di notturno che placa l’atmosfera.

Dopo un riepilogo della lenta introduzione con un fortissimo, subentra una melodia esposta dai violoncelli, che sembra richiamare tonalità brahmsiane. Il finale, con gli archi in pizzicato, e con i violini che intonano una sorta di canto notturno, è invece più vicina all’apoteosi finale che si riscontra nelle opere di Wagner.

La seconda parte del concerto è stata dedicata a Das Lied von der Erde, quasi il testamento spirituale di Gustav Mahler, composto tra il 1908 e il 1909, e che ebbe la première proprio alla Tonhalle di Monaco di Baviera, il 20 novembre 1911 con la direzione di Bruno Walter.

L’orchestra ha mirabilmente accompagnato il mezzosoprano Christianne Stotijn e il tenore Ben Heppner, che hanno ottimamente riprodotto la partitura (l’anno scorso avevamo ascoltato a Roma l’Orchestra di Santa Cecilia, diretta da Antonio Pappano, cimentarsi con la stessa opera, dove i primi violini e le due arpe avevano accompagnato il contralto Anna Larsson e il tenore Ian Bostridge, fino a conferire alla composizione mahleriana una Stimmung piuttosto operistica che liederistica).

In effetti, si tratta di una composizione per voci soliste e orchestra che però sembra piuttosto una sinfonia che un semplice ciclo di Lieder (non si dimentichi peraltro che Mahler aveva già introdotto parti cantate nella Seconda, Terza, Quarta e Ottava sinfonia): e non a caso il sottotitolo suona Eine Symphonie für eine Tenor- und eine Alt- (oder Bariton-) Stimme und Orchester (Una sinfonia per voce di tenore e di contralto [o baritono] e orchestra).

Il testo è tratto dalla raccolta Die chinesische Flöte (Il flauto cinese) di Hans Bethge, pubblicata nell'autunno del 1907, una meditazione sul destino dell’uomo sulla terra che traduce in termini occidentalizzanti la poesia della tradizione cinese, al punto che, come ha scritto Adorno, le fanciulle cinesi che colgono i fiori in quest'opera di Mahler coincidono idealmente con le jeunes filles en fleurs nella Recherche di Marcel Proust.

Mahler cominciò la composizione di Das Lied von der Erde a Schluderbach, in Sudtirolo, afflitto da una cardiopatia valvolare e quasi presago della morte, che comunque non temeva. Fu l’angoscia esistenziale a farlo accostare alla raccolta poetica di Hans Bethge, nella quale una visione disillusa della vita è contrapposta alla bellezza della natura (in termini che Hegel, come ha ben sottolineato Remo Bodei, non avrebbe condiviso, disdegnando egli la cosiddetta “tenerezza per le cose del mondo”).

La musica di Mahler si combina perfettamente con questi componimenti, che associano l’esotismo cinesizzante a un tono malinconico anche qui tipico della fin de siècle. Addirittura Mahler aggiunge alcuni suoi versi alla poesia “Der Abschied” (Il commiato): "die müden Menschen geh' n heimwärts, um im Schlaf vergess' nes Glück/und Jugend neu zu lernen!" (Gli uomini stanchi tornano verso casa,/per imparare di nuovo/la felicità della giovinezza dimenticata nel sonno!).

Ascoltando anche questa volta l’opera di Mahler, ci rendiamo conto di quanto sia difficile stabilire una linea di demarcazione tra i generi: occorre dimenticare che si tratta quasi di un ciclo di Lieder, per ascoltarla quasi come se fosse una sinfonia in sei tempi.

Già nel primo movimento, “Das Trinklied vom Jammer der Erde”, ci accorgiamo del fatto che i cantanti solisti sembrano in qualche modo riprodurre le timbriche orchestrali. Viceversa, strumenti come gli oboi, appaiono svolgere un ruolo simile a quello delle voci umane.

Così, nel secondo e nel quinto movimento (“Der Einsame im Herbst” e “Der Trunkene im Frühling”) sembra di ascoltare un Lento e uno Scherzo di intonazione sarcastica. Ma è l’ultimo, sublime movimento, “Der Abschied”, a ricordare più da presso il tempo di una sinfonia. Anche il passaggio della tonalità da do minore a do maggiore sembra preludere a una sorta di apoteosi finale.

In realtà, a differenza che nel grandioso finale dell’VIII Sinfonia, qui Mahler sembra non voler riprodurre il respiro dell’intero universo, bensì solo la desolata condizione dell’uomo nella sua "gettatezza" (Geworfenheit, per usare un termine heideggeriano) sul mondo terreno.

Usando la tecnica del Doppelschlag (o gruppetto), Mahler riesce a fondere i suoni della natura con i più profondi sentimenti umani, in modo che, come sottolinea Adorno, “le più semplici soluzioni sono nel Lied von der Erde a tal punto sature di contenuto come le parole quotidiane di una persona che invecchia piena di esperienza”.

Pubblicato in: 
GN4 28 novembre 2011
Scheda
Titolo completo: 

Monaco di Baviera, Herkulessaal der Residenz

Venerdì 25 Novembre 2011, ore 20,00

Arnold Schönberg
"Verklärte Nacht", op. 4 nach einem Gedicht von Richard Dehmel (Bearbeitung für Streichorchester von Arnold Schönberg, Revision 1943)

Gustav Mahler
"Das Lied von der Erde". Eine Symphonie für eine Tenor- und eine Alt- (oder Bariton-) Stimme und Orchester nach Gedichten aus "Die chinesische Flöte" von Hans Bethge.

  1. Das Trinklied vom Jammer der Erde. Allegro pesante (Li-Tai-Po [701–762])
   2. Der Einsame im Herbst. Etwas schleichend. Ermüdet (Tschang-Tsi [ca. 765–ca. 830])
   3. Von der Jugend. Behaglich heiter (Li-Tai-Po)
   4. Von der Schönheit. Comodo. Dolcissimo (Li-Tai-Po)
   5. Der Trunkene im Frühling. Allegro. Keck, aber nicht zu schnell - Pesante (Li-Tai-Po)
   6. Der Abschied. Schwer (Mong-Kao-Yen [689/691–740] und Wang-Wei [698–761])

Christianne Stotijn, Mezzosopran
Ben Heppner, Tenor

Symphonieorchester des Bayerischen Rundfunks
Direttore:
Eliahu Inbal (in luogo di Riccardo Chailly, malato)

Anno: 
2011
Voto: 
10