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Sidi Larbi Cherkaoui. Il mondo attraverso i due emisferi
Emisfero destro ed emisfero sinistro si fronteggiano in questo spettacolo di danza di Sidi Larbi Cherkaoui insieme al Cedar Lake Contemporary Ballet che apre Equilibrio, il Festival della nuova danza al Parco della Musica di Roma dal 6 fino al 26 febbraio 2010. Orbo Novo è stato musicato da Szymon Brzóska appositamente per quartetto d’archi e pianoforte.
Lineare (emisfero sinistro) contro cinestetico (emisfero destro), metodico e tassonomico (ancora il sinistro) vanno incontro al groviglio di immagini che ingorga la mente senza distinguere tra interno ed esterno, in uno spazio solo (il destro). La mente muta del silenzio assoluto, dell’assenza di voci che comandano, dei confini tra noi e l’universo: questo è l’emisfero destro, il Presente per antonomasia.
L’emsfero sinistro è il passato insieme al futuro, la progettualità, il linguaggio, l’”Io sono” che separa gli altri da me e dall’universo. Quando Jill Bolte Taylor viene colpita da un ictus tutto questo scompare: viene immersa e affondata nel suo essere, nella sua estensibilità, nei suoi confini invisibili, nell’impossibilità di comunicare qualcosa che avesse senso per il resto del mondo circostante.
La scenografia distingue il cuore pulsante mentale proprio nelle sue celle di legno, che accolgono i ballerini come animali sperduti fra gli assoni, arrampicantisi su liane dritte di legno con lo sfondo dialogico di una musica all’inizio quasi assente come quella di Arvo Pärt, una lamentazione che s’improvvisa per blocchi sillabici, un’unità riconosciuta proprio nell’unicità di una visione nel pieno entropico del proprio clamore.
Il fluire ondivago dei corpi rivestiti da non-costumi, vestiti attuali e semplici sebbene moderni, acquista potenza attraverso il movimento della musica che si contraddistingue per lo zampillio naturale con echi da Glass, gocce di rugiada riflesse dalla liricità delle parti per il piano di Barbara Drażkowska, melodicamente intrecciate con il respiro degli archi, su un tappeto di echi à la Nyman.
Per quanto riguarda le scene d’insieme colpiscono l’estrema plasticità dei ballerini che corrono su un innervato piano musicale di estrema ritmicità, in contrasto con le struggenti parti per solo o per due: una per tutte, il tremolare dei corpi fragilmente in esposizione evocanti emozioni intense, commoventi come la malattia che li percorre in un territorio, il corpo, elettromagnetico, dove flussi di luce esprimono quella pietas che il pubblico ha condiviso, con loro, attraverso di loro, per tutti. E’ allora che la mestizia degli archi capovolge e fissa quella tristezza in una liberazione dal cubo che enorme si costruisce sul palcoscenico e dove solo uno rimane dentro, pervaso da ciò da cui è stato invaso.