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13 Assassini di Takashi Miike. Una katana per la giusitizia
Sicuramente viene subito in mente “Dal Giappone con furore”, ed etica aggiungerei, visto che l’ultimo film di Takashi Miike, dal titolo poco fuorviante di 13 Assassini, e presentato l’anno scorso a Venezia, è proprio su questo genere: botte da orbi, o meglio, samurai che si fanno a pezzettini fino all’ultimo goccia (lo splatter non manca) di liquido rosso che hanno in corpo, pur di vendicare le famiglie uccise barbaramente e torturate dall’anaffettivo e crudele signore feudale Naritsugu.
Si prende subito le parti del nobile samurai Shinzaemon Shimada, che mette insieme 13 uomini, tra samurai e ronin (samurai decaduto dal suo ruolo per disobbedienza o per la morte del padrone), per assassinare il sadico Naritsugu, e non è solo questione di soldi, bensì d’onore e di giustizia, che permette loro di procedere nella difficoltosa missione. Le prime scene del film non sono che il racconto di quello che è diventato Naritsugu cogli anni: un torturatore delle famiglie vassalle, anche nobili, dei suoi possedimenti. Con a capo il samurai Hanbei che, al contrario di Shinzaemon difenderà a qualsiasi costo il suo padrone, - come afferma le legge del samurai -, Naritsugu viene attirato in una trappola tramite una missione insieme ai suoi duecento soldati.
In un fortino predisposto dai 13 assassini, coordinati in un rocambolesco assemblage, fa capolino anche Koyata, reclutato in mezzo al bosco e che si dedica al lancio delle pietre per uccidere le sue prede nella foresta dove vive. Koyata, fuori da qualsiasi consorzio di regole, rappresenta la parte più naturalistica, potremmo dire il tableau vivant di ciò che Miike proietta come critica ironica alle società, istituzionalizzate da costumi e regole ramificate e rigidamente indiscutibili. E’ inoltre il più umano e fragile di tutti i samurai ed i ronin affiliati per l’esecuzione di Naritsugu.
I 13 coraggiosi assassini dovranno sterminare tutto il corpo difensivo di Naritsugu nel fortino, un massacro totale, cui i tredici sono condannati per riuscire ad espletare la missione, dato che l’ordine del signore feudale è di sacrificare tutti i suoi soldati pur di salvarsi la vita e trucidare i tredici vendicatori delle sue feroci azioni.
Ripreso dall’originale film del 1963 di Eiichi Kudo, rispetto ad altri film di Miike, come Ichi the Killer (2001) o Audition (1999) è estremamente piano il senso giustizialista del film e ben più chiaro di come invece viene esposto nell’ultimo Ichimei (Hara-kiri: Death of a Samurai, in 3D), di recente presentato all’ultimo Festival di Cannes. Le sequenze di battaglia e duellanti sono assolutamente strepitose in 13 Assassini, tanto da poter essere gustato sia da un pubblico affine agli altri episodi filmici di Miike, che annovera circa 80 produzioni tra film e telefilm, molti dai manga, sia da un pubblico più generico.