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47 Ronin 3D. La via del seppuku
Film di esordio per Carl Rinsch, 47 Ronin è un kolossal, soprattutto per la spesa di produzione della pellicola da parte di Universal, e per il protagonista, Kai, il “mezzosangue” per i giapponesi e per l'antichità della storia, impersonato da Keanu Reeves, di cui ricorderemo solo Matrix (1999); mentre per il coprotagonista Hiroyuki Sanada, che interpreta Oishi, a capo dei 47 samurai, e meno noto di primo impatto, sottolineiamo film che vanno da Ring a Wolferine.
La vicenda dei 47 samurai esiliati e messi al bando dopo il seppuku (suicidio rituale) del loro padrone Asano, avvenuta nel 1701, è piuttosto nota in Giappone, e le loro tombe sono omaggiate ogni anno da migliaia di giapponesi. Il Rōnin è un uomo alla deriva, significa questo letteralmente in giapponese, ed in questo caso riguarda i 47 samurai esiliati dal feudo di Ako che era sotto il controllo di Lord Asano.
Torniamo indietro: quando il mezzosangue Kai (Keanu Reeves) viene ritrovato nella foresta ed accolto dai samurai e da Oishi (Hiroyuki Sanada), il samurai officiante di Lord Asano, il tempo scorre lieto nel feudo di Ako, ed è solo circa vent'anni dopo che, raggiunta Mika, figlia di Lord Aasano, l'età per sposarsi, si presenta nel regno lo Shogun Tokugawa seguito da Lord Kira (Tadanobu Asano), che sta segretamente tramando con una strega per abbattere Lord Asano con un inganno e sposarne la figlia Mika per diventare padrone delle terre di Ako. Con l'aiuto della strega – interpretata da Rinko Kibuchi, che nel ruolo mostra un occhio bruno ed uno blu anche quando si trasforma in volpe – Kira riuscirà a far perdere l'onore a Lord Asano dopo aver drogato Oishi e nonostante Kai combatta al posto suo ed abbia avvertito sia Oishi sia Lord Asano della presenza della strega, riconosciuta da Kai per il suo addestramento segreto nelle foresta da parte dei demoni, Nella realtà storica Kira è un maestro di protocollo che, dopo aver espletato il suo mandato, non fu pagato – sembra che richiese una cifra esosa – per i suoi servizi, e copri di insulti Lord Asano, il quale lo assalì. Secondo il protocollo dovette pagare con il seppuku, il suicidio rituale giapponese, per lavare il suo onore offeso dal suo comportamento. Di seguito, vennero esiliati tutti i 47 samuari di Lord Asano che, come nel film, promettono vendetta.
Il film è diretto piuttosto bene e con notevole ritmo da parte di Rinsch, quello che forse non si capisce è il 3D, inutile a mio parere, visto che l'epica da sola basta, insieme agli effetti speciali, che si avvalgono della fotografia suggestiva di John Mathieson, e dei combattimenti di Reeves e soci, ben curati e d'impatto. Buona la scenografia di Jan Roelfs, di cui ricorderete Gattaca, con la regia di Andrew Niccol e Orlando, diretto da Sally Potter.
Quello che rimane più intenso nella storia e nella rappresentazione visiva del film, ruota però intorno al bushido, il codice d'onore del guerriero, che darà luogo al primo seppuku (per iscritto si chiama seppuku, nella versione orale harakiri, si tratta dello stesso suicidio rituale) di Asano, sciogliendo la vicenda e facendo entrare in prima linea Kai, ed anche il suo amore ricambiato e vietato per Mika (l'intensa Ko Shibasaki). Il seppuku al quale è costretto Asano è solo l'incipit per la vendetta dei 47 Ronin – e tutta l'azione soprattutto si svolge da questo punto in poi, con la discesa negli inferi della foresta, il recupero di armi magiche e l'assalto al palazzo dove Kira prenderà in sposa Mika -, che a loro volta saranno costretti ad un seppuku tutti insieme, e dal quale solo Chikara, figlio di Oishi segretamente allenato da Kai, si salverà, risparmiato con l'intenzione di non fermare la discendenza dei samurai.
Il seppuku dei 47 ronin, avvenuto nel 1703, fa pensare a quello del più celebre scrittore e poeta giapponese del '900, che dello spirito della sua patria e per il supporto di essa, creò anche un esercito rituale di soldati scelti a difesa della persona dell'imperatore chiamato Tate no kai ("Associazione degli scudi"), e della tradizione giapponese. Il seppuku di Yukio Mishima, al secolo Kimitake Hiraoka (Tokyo, 14 gennaio 1925 – Tokyo, 25 novembre 1970), trova eguale potenza e coraggio che nei 47 Ronin, un concetto che della morte, come ben evidenzia in questi versi tratti da Lo specchio degli inganni (La decomposizione dell'angelo, 1969, ultimo romanzo della trilogia Il mare della fertilità, e terminato il giorno stesso del suo suicidio), è un dono trasmesso dal cielo solo a pochi suoi intimi avventori: “Coloro che sono nati con il lieto auspicio degli dei; hanno il dovere di morire in bellezza; senza disperdere i doni ricevuti.” Quest'ultimo rimanda allo stesso concetto di bellezza nella morte trasfusa in Le rose di Eliogabalo (1988) di Sir Lawrence Alma Tadema, concetto squisitamente preraffaellita, che fa incrociare la morte con la seduzione, disperdendo il fiato che esala dai corpi e soffocandolo sotto migliaia di rose cadute dall'alto, cielo azzurro. Cosìccome l'ultimo sguardo tra Mika e Kai non fa che preludere ad un incontro ultraterreno e promesso da entrambi, diffondendo sull'”ultima vez” (l'ultima volta), un erotismo macabro e trascendentale che nutre questo mito giapponese e lo tramanda ai posteri, innalzandolo al suo massimo grado di consapevolezza.
Una nota a parte sulla meravigliosa composizione di Philip Glass per il film Mishima di Paul Schrader del 1985, che narra la vita e la morte del poeta giapponese che più di ogni altro nel Novecento incarna lo spirito del bushido attraverso la letteratura e mettendolo in atto nela sua stessa vita.