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54° Edizione del Festival dei Popoli. Uno scorcio della settima giornata
Nella suggestiva cornice fiorentina, venerdì 6 dicembre si è tenuta la settima giornata della 54° Edizione del Festival dei Popoli – il noto Festival Internazionale del Film Documentario – durante la quale sono stati proiettati, presso lo Spazio Alfieri, in lingua originale con sottotitoli, alcuni documentari diretti dal regista polacco Paweł Łoziński.
A lui, insieme al padre Marcel Łoziński, è stata dedicata una doppia retrospettiva, che ha dato spazio alla filmografia di due cineasti che hanno raccontato in modo diretto la realtà del proprio paese.
Vale la pena soffermarsi brevemente su ciascuno dei film proiettati, a cui ha fatto seguito l'incontro con il regista che, in prima persona, ha espresso più dettagliatamente i passi che hanno scandito queste produzioni.
Il primo documentario proiettato, "Sisters" (Siostry), di breve durata, è stato girato da Łoziński nel 1999 in modo quasi casuale mentre si stava occupando delle riprese del film "The way it is". Due anziane signore, che tutti i giorni sedevano su una panchina del cortile dell'appartamento dove abitava, infatti, si proposero per entrare a far parte del suo lungometraggio e il regista accettò la proposta, scegliendo semplicemente di filmare la conversazione avuta con le due, riguardante la loro età e il diverso modo di reagire ai problemi di salute.
Il cineasta ha affermato di essersi reso conto che <<davanti alla cinepresa stava avendo luogo uno spettacolo>>, il quale, tuttavia, costituiva un frammento di realtà disgiunto da quello di "The way it is" (Taka Historia), che, come indica una didascalia in chiusura del documentario, non è altro che la "storia dei vicini" del regista, realizzata seguendo in modo continuo alcuni dei suoi vicini nei diversi momenti del giorno.
Si tratta di produzioni in cui viene eliminata la distanza tra macchina da presa e soggetti, sia a livello visivo che sonoro, dato che le persone protagoniste vengono seguite in modo ravvicinato e sollecitate con domande e considerazioni, mettendo in evidenza un manifesto interesse di tipo documentaristico privo di filtri, pronto ad osservare e, quindi, a mostrare la realtà agli spettatori, così come si presenta nel quotidiano, anche nei suoi aspetti più amari.
Protagonisti di "The way it is" sono Wiesio e Zdizslaw: l'uno un uomo di mezza età con gravi problemi di salute dovuti all'alcolismo, che a mala pena riesce a procurarsi il cibo per andare avanti, supportato solo dal conforto affettivo della compagna; l'altro un anziano, in pensione dopo aver lavorato a lungo come barbiere, che conduce una vita semplice e dignitosa nel ricordo nostalgico della moglie tanto amata e da cui la morte ha diviso.
Łoziński dà spazio, così, ad una storia semplice e amara, rappresentata dal fluire silenzioso del quotidiano di due vite condotte ai margini della società, che finiscono spesso per intersecarsi, pur restando diverse e distanti poichè ognuna unica e degna di essere raccontata. Il titolo, inoltre, è un ulteriore omaggio che il regista dedica ai due vicini, poichè altro non è che la frase che più spesso viene espressa dai due, quale serena accettazione dei piccoli grandi scogli che l'esistenza mette davanti.
Il terzo lungometraggio proiettato è stato "The Ukrainian cleaning lady" (Pani Z Ukrainy), ancora un breve documentario dedicato da Łoziński a una persona conosciuta: Lessa, una donna ucraina, sua aiutante nelle pulizie domestiche, che si racconta davanti alla macchina da presa, con frequenti riferimenti al proprio vissuto nel paese natale, tornando con la mente ora ai canti tradizionali ora alla figlia, da cui ha dovuto separarsi per cercare di lavorare e costruire così un futuro migliore per entrambe.
Di nuovo un piccolo documentario che, attraverso un contatto diretto con un individuo, pone davanti agli spettatori, annullando le distanze, la realtà di un paese e le difficoltà dell'immigrazione.
L'ultimo documentario, proiettato presso lo Spazio Alfieri, è stato quello che Łoziński ha diretto nel 2010, dal titolo "Inventory" (Inwentaryzacja), che, in soli nove minuti, racconta, attraverso un breve frammento, il lento e paziente lavoro di un gruppo di giovani archeologi alla ricerca di iscrizioni incise su alcune tombe, all'interno di un cimitero immerso in un fitto bosco.
Solo alla fine del film, le didascalie forniscono ulteriori spiegazioni: si tratta di uno dei numerosi cimiteri ebraici di Varsavia, il cui registro non è stato ancora compilato con precisione.
Łoziński, al termine della proiezione, ha dichiarato che "Inventory" è stato costruito <<in modo tradizionale secondo la scuola polacca: da una piccola cosa se ne viene a scoprire una più grande>>: un carattere, questo, che contraddistingue l'intera produzione del regista.
Un'altra proiezione interessante in lingua originale con sottotitoli – questa volta all'interno del noto Cinema Teatro Odeon – è stata sicuramente quella del recente documentario, diretto dai tre registi J. P. Sniadecki, Xiang Huang e Xu Ruotao, intitolato "Yumen", proprio perchè ha come soggetto l'omonima città della Cina nord-occidentale, conosciuta per l'estrazione di petrolio. Il progressivo esaurimento dei giacimenti della zona ha provocato l'allontanamento – sollecitato anche dagli organi centrali – di tutte le attività produttive e, quindi, dei cittadini stessi, determinando un quasi completo azzeramento della presenza umana a Yumen, ormai diventata una città deserta.
Un documentario, a mio avviso, degno di nota sotto molti punti di vista che, accompagnato da pochissimi dialoghi, comunica quella malinconica sensazione di vuoto e di spaesamento, attraverso una silenziosa osservazione dei piccoli gesti quotidiani di coloro che ancora non hanno lasciato la città, alla continua ricerca di tracce di umanità e di ricordi passati.
I personaggi, che attraversano questi spazi desolati, appaiono quasi come figure evanescenti e sfocate, in equilibrio precario tra immobilità e continuo movimento, mentre vero protagonista è lo spazio circostante, le cui panoramiche, infatti, aprono e chiudono in modo circolare il lungometraggio.
Una produzione, come ha precisato lo stesso J. P. Sniadecki, preceduta da un'accurata esplorazione della città prima e durante le riprese e che, secondo il mio parere, cercando di raccontare la sensazione di un luogo, si pone sulla stessa linea tracciata dal cinema moderno.