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79° Maggio Musicale Fiorentino. La luminescente cecità di Iolanta
Per la prima volta a Firenze l'ultima opera di Pëtr Il'ič Čajkovskij, Iolanta, che ebbe la sua prima assoluta il 6 (18 nel calendario gregoriano) dicembre 1892 al Teatro Marinskij di San Pietroburgo, e fussccessivamente diretta da Gustav Mahler ad Amburgo nel 1893 (che la citò nella sua Seconda Sinfonia, la Resurrezione). L'allestimento è di prim'ordine: del Metropolitan Opera House e Teatr Wielki Opera Narodowa/Opera Nazionale Polacca e con un cast russo che vede Victoria Yastrebova nel ruolo di Iolanta; Ilya Bannik alternato a Alexei Tanovitski per il padre Re René e Vsevolod Grivnov nella parte di Vaudémont.
Il libretto di Iolanta, tratto da La figlia di re Renato del danese Henrik Hertz - ispirato alla vita romanzata di Yolande de Bar – fu commissionato da Čajkovskij al fratello Modest che, spronato, si innamorò del testo e ne rese una versione ricca di versi poetici, che vengono perfettamente calibrati dalla liricità della musica che espone l'accenno di una lullaby con archi e arpa subito dopo la brevissima introduzione, riferita da ribattute degli ottoni e dal melanconico corno inglese. Iolanta, in questa versione è caratterizzata da una sottolineatura simbolica à la Maeterlink nel bianco e nero assoluti delle scene - tranne un rosso improvviso della luce -, che la accosta in una venatura impressionistica e mistica à la Pelléas et Mélisande – guardiamo al giardino trasformato in bosco oscuro e al senso metaforico della cecità spiegato poi dal santone moro Ibn-Hakia che qui è vestito come uno starec russo – del regista Mariusz Treliński, accordato con le scene di Boris F. Kudličk, le video proiezioni di Bartek Macias che formano un corpus unico di stampo polacco anche con i costumi di Marek Adamski e le coreografie di Tomasz Wygoda. Un allestimento che proietta il pubblico in una dimensione atemporale, fantastica, dove la figlia del re René di Provenza, Iolanta, potrà riacquistare la vista – che gli è stata celata di non possedere – soltanto nel momento in cui la desiderà ardentemente per amore. Una storia in sé bellissima che si regge da sola, un po' come Tristano e Isotta, il filtro sarà l'amore del conte Vaudémont che l'amerà a costo della sua vita.
Iolanta la bionda, in questo medioevo traslato sulla scena con un bosco di alberi sradicati dove fuggono cervi, qui lei vive, lontano dal mondo ostile, protetta dalla nurse Marta – la morbida mezzosoprano Mzia Nioradze – che teneramente la culla; dalle amiche Brigitta (Maria Stasiak) e Laura (Irina Zhytynska); si chiede se “gli occhi servono solo per piangere”, dato che il padre fa tacere tutti sulla sua cecità, René è ben interpretato dal basso del Marinskij Alexei Tanovitski, vestito da militare a salvaguardia della figlia adorata.
Nel bosco cupo dove si uccidono cervi – la cerva Iolanta risulta quindi una vittima, dispossessata del mondo, e di qualsiasi vita sociale – e lepri, vive la fanciulla promessa al Duca di Borgognaa, Robert, che con l'amico Conte Vaudémont, si perde nella foresta e scorge quest'abitazione con la fanciulla sola dentro, ma vicino un cartello che pronuncia una sentenza di morte su chi attraverserà la soglia. La scatola che è la casa di Iolanta – rimanda all'isolamento ed alla chiusura – sarà però varcata dal coraggioso Vaudémont che canta a Iolanta la celebre romanza su lei come “Angelo di luce” (in originale: "Нет! Чары ласк красы мятежной"): “No!Le carezze appassionate di una bellezza tempestosa non mi dicono nulla...L'amore in me si abbandona ai sogni/ E sogna un angelo immacolato,/di meravigliosa, celestiale bellezza,/un'apparizione di verginale santità,/ con lo sguardo di angelica bontà”. La morbida e accalorata voce di Vsevolod Grivnov trasmette tutto l'amore che merita tale fanciulla innocente che risponde alla lode di Vaudémont con ispirata accoglienza e frastornata lo raggiunge in duetto scoprendo finalmente la sua cecità, che può essere sostituita dalla luce di Dio, come le promette Vaudémont. L'innocenza e la luce traspaiono dalla stessa voce di Victoria Yastrebova fin dall'inizio: ingenua, gradualmente diverrà coraggiosa per il cavaliere, affrontando la terapia del moro Ibn-Hakia, il baritono Elchin Azizov, poderoso e pauroso nel chiarire a René che Iolanta dovrà conoscere la sua menomazione prima di sottporsi all'operazione perché “la luce fisica corrisponde alla luce spirituale e senza consapevolezza dell'una non c'è possibilità di riacquisire l'altra”, come ben chiarisce nel monologo.
Il finale è meravigliosamente mistico con la visione della luce da parte di Iolanta che si sottopone alla cura per salvare l'amato Vaudémont, amalgamando tutta la storia in un fatato ricongiungimento tra tutti, in un empito di leale generosità, il padre Renè concederà a Robert, Duca di Borgogna – l'intenso baritono Mikołaj Zalasiński – di liberarsi dalla promessa di matrimonio per sposare l'amata Matilde, e a Vaudémont concede l'agognata fanciulla che riluce tra le note straordinariamente dirette dal pietroburghese Stanislav Kochanovsky, che conosciamo per aver diretto a Santa Cecilia, al Maggio Musicale Fiorentino Lo schiaccianoci – balletto con cui fu abbinato nella sua prima assoluta proprio Iolanta – e che suona abitualmente con l'Orchestra del Marinskij della sua città natale, San Pietroburgo. La musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij, in tutte le sue varianti, sinfoniche, operistiche, di balletto, è ricca di quel dono della cum passio patetica che ha coronato l'ultima sua prodigiosa fatica (la Sesta Sinfonia, op. 74, 1893) prima di dileguarsi nel suo corpo di luce, esattamente la stessa luminosità che ha conferito – ed abbiamo udito grazie all'eccellenza dell'Orchestra e del Coro del Maggio Musicale Fiorentino, diretto quest'ultimo dall'attento e sicuro Lorenzo Fratini – in questa versione con un allestimento che fa riflettere proprio sulle sue caratteristiche più poeticamente elevate.