Accademia Filarmonica Romana. L'ostinato cello russo di Kniazev

Articolo di: 
Livia Bidoli
Alexander Kniazev

Il violoncellista russo Alexander Kniazev ha debuttato lo scorso 20 marzo all'Accademia Filarmonica Romana nei concerti da camera al Teatro Argentina con un programma che lo vede brillare su tre sonate per spirito e genesi completamente diverse: due accomunate dal talento russo del Novecento di due astri così difformi quanto virtuosi, come Rachmaninov e Šostakovič; la terza è la Sonata in la maggiore del belga Cèsar Franck, la celebre dedicata a Eugène Ysaÿe, che la eseguiì a Bruxelles nel 1896.

Accompagnato al pianoforte dalla briosa pianista daghestana Fatima Alieva, che che ha studiato al Conservatorio di Mosca con Ėliso Virsaladze, Kniazev presenta un approccio notevolmente virtuosistico e denso di rivoli inquieti e scabri, soprattutto sui gravi, nei quali eccelle, e si nota immediatamente, dalla Sonata op. 19 in sol minore di Rachmaninoff che, insieme a quella di Šostakovič op.40 in re minore, sono i due pezzi celebri che offre con consumata esperienza. Non è da meno la pianista che si profonde compiutamente nella Sonata di Rachmaninoff, senza minimamente ostacolare il ritmo convulso, in particolare nell'Allegro Scherzando del secondo movimento dove gli ostinati risaltano per il loro muscoloso vigore. E' sempre il piano ad introdurre i temi di questa Sonata che fu eseguita dallo stesso autore a Mosca nel 1901, con al violoncello Anatolij Brandukov, cui è stata dedicata. Il primo movimento, il Lento – Allegro moderato, è quello che espone il tema in sei note che viene ripreso nel secondo; quest'ultimo riprende quasi la Rapsodia su un tema di Paganini, in modo ancor più sinistro, mentre espone altri due temi, che richiamano il primo ed il secondo Concerto per piano. Il terzo movimento, l'Andante, è il più lirico-romantico, in contrapposizione quasi col finale robusto del quarto movimento Allegro mosso, brillante e vivace, in cui si riconoscono gli altri due temi e lasciando chiosare al violoncello che riprende con vigorià il tema di sei note sovracitato.

Dmitrij Šostakovič è per i musicisti russi  un vero epigone, ed il suo rapporto problematico col regime lo fece amare più di altri, come Prokofiev, per esempio; la sua stessa venatura profondamente sinfonica, ne scrisse quindici e di enorme corposità e lunghezza, senza citare l'ovvia Leningrado (la Settima), la Quattordici si intesse su testi da Apollinaire a Rilke, e la sterminata produzione (147 opere totali) su tutti versanti, lo rende il più versatile e forse potremmo dire, postmoderno autore musicale russo. Questa Sonata in re minore op.40, scritta nel 1934 e dedicata al violoncellista V. Kubatsky, fu infatti oggetto di aspre critiche dal totalitario governo staliniano, e fu scritta subito dopo l'”oltraggiosa” Lady Macbeth del Distretto di Mzensk, per cui ricevette la prima denuncia per “formalismo”. Dopo che Stalin la vedette a teatro, fu subito pubblicato sulla Pravda un articolo titolato “Caos anziché musica” (26 dicembre 1935), e ne fu proibita la messa in scena per 25 anni. Il primo movimento, Allegro non troppo, apre romanticamente, ma è subito dopo che, facendosi vulcanico col secondo Allegro (uno Scherzo), un ostinato incotrovertibile che Kniazev esalta proprio per i suoi tratti più acidi, quasi un martello che batte sulle corde; solo con il Largo si avrà una pausa più melodica, mentre nell'ultimo Allegro, le ribattute si fanno sempre più in accelerando, una rincorsa che allaccia i due temi prima esposti, sovraeccitandone il ritmo. La lettura di Kniazev è quasi più sofferta del solito, struggente imperversare delle dolenze di Šostakovič, che si aprono sempre su delle grottesche dove si contrappongono gli spiriti andati della musica romantica, a quelli aspri di ciò che lui propone come lettura di una civiltà in piena crisi; mentre il timbro del piano di Alieva ci è sembrato particolarmente uso ad esaltare quelle note gravi e ferrigne che tanto rivelano dell'anima tormentata del russo.

La Sonata in la maggiore di Cèsar Franck, dedicata all'illustre violinista – e compositore lui stesso - Eugène Ysaÿe, è di tutte, la pagina più sensuale ed “educata”, sia per forma, sia rispetto ai timbri caldi e lirici che, nella trascrizione di Kniazev, permangono anche se stemperandosi in effluvi più mediati. La Sonata gode di enorme popolarità ed anche di essere stata suonata appunto dal dedicatario stesso nel 1896 proprio al suo matrimonio. Notevoli le trascrizioni per altri strumenti, dalla viola alla tuba, la Sonata inizia con un poetico tratto in Allegretto ben moderato, che poco dopo si accende in fortissimo addolcendosi, e poco dopo in la maggiore chiude in breve. L'Allegro è caratterizzato particolarmente dal sincopato tono del violoncello, meravigliosamente suadente e trascinante nel suo percorso idillico, e con un finale elettrizzante. Il Recitativo – Fantasia è il passaggio ad un mondo altro, con un glorioso scioglimento che fa risaltare le doti virtuose sia di Kniazev sia della pianista Alieva.  L'Allegretto poco mosso, canonicamente orchestrato, lascia che tornino le due melodie intrecciate nel terzo movimento; ed è qui che ritornano in fortissimo anche i due temi dal secondo e dal terzo movimento in tono più alto, terminando però in modo gradevole e gaio.

Il bis è tutto dedicato al virtuoso per eccellenza, Paganini, con una variazione sul tema di Mosé che soddisfa oltremodo un pubblico pienamente in linea con l'ammirazione di chi scrive ed ha potuto godere di una simile prova dal vivo, in un teatro del '700 che ha ospitato nel 1816, la prima de Il Barbiere di Siviglia di Rossini.

Pubblicato in: 
GN20 Anno VI 27 marzo 2014
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Filarmonica Romana
Teatro Argentina
giovedi 20 marzo 2014 ore 21.15

ALEXANDER KNIAZEV
debutto a Roma

Alexander Kniazev violoncello
Katia Skanavi pianoforte

Sergej Rachmaninov
Sonata in sol minore op. 19

Dmitrij Šostakovič
Sonata in re minore op. 40

César Franck
Sonata in la maggiore
(trascrizione di A. Kniazev)