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Ai Weiwei - Never Sorry. Semi di girasole come libertà
La giovane giornalista americana, Alison Klayman, fa il suo debutto alla regia con il film documentario dedicato interamente alla figura di Ai Weiwei, il celebre artista e designer cinese, famoso al livello mondiale per l'impegno dimostrato come attivista per i diritti civili. Il progetto di questo documentario prende forma nel 2008 e, dalla sua uscita ufficiale nelle sale cinematografiche nel 2012, "Ai Weiwei – Never Sorry" ha ricevuto molti importanti riconoscimenti, tra cui il premio Special Jury Prize, "For spirit of defiance", in occasione del Sudance Film Festival, ed è stato recentemente proiettato in streming su "MyMovies Live!".
L'attività di Ai Weiwei viene ricostruita proprio a partire dal 2008, quando la sua fama è diventata mondiale, per aver curato insieme ad altri artisti e famosi architetti la costruzione dello Stadio Nazionale di Pechino, soprannominato per la sua forma "Nido d'uccello", in occasione delle Olimpiadi dello stesso anno.
La formazione di Ai Weiwei ha però inizio negli anni '80 negli Stati Uniti, precisamente a New York, dove si è trasferito giovanissimo per iscriversi a una scuola di design e seguire alcuni corsi di fotografia, che costituirono una vera e propria maturazione mentale e culturale, tanto da spingerlo, già nel 1988, ad allestire una prima mostra fotografica.
Quando alcuni anni più tardi torna in Cina per essere vicino al padre durante la sua malattia, Weiwei inizia a presentare la nuova arte visiva unita alla scrittura, attraverso la pubblicazione di libri e l'allestimento di mostre, a cui partecipano altri giovani designer.
Il suo modo di operare, però, rifletteva già nei primi tempi una critica al regime politico cinese, incline a limitare la libertà d'espressione cittadina, così diverso dalla democrazia che aveva sperimentato in America.
Nel maggio del 2008, un terremoto determina il crollo di un edificio scolastico in cui si trovano molti bambini e il governo cinese non rende note le cause e le responsabilità delle istituzioni in merito, nè il numero preciso dei piccoli deceduti. Ai Weiwei, benchè la sua fama avrebbe potuto permettergli una vita tranquilla e agiata, decide di realizzare indagini insieme ad altri collaboratori, producendo autonomamente un documentario sull'amara tragedia e divulgando passo per passo le informazioni ottenute sul suo blog online e su Twitter: l'opera di sensibilizzazione dell'opinione pubblica è avviata.
Il designer si affianca ad altri artisti e attivisti impegnati nella questione del crollo della scuola elementare e allo stesso tempo la polizia cinese inizia a tenere sotto controllo lui e le persone che gli stanno vicino, spingendosi ad una violenta irruzione nella sua casa e a percosse intimidatorie.
Suo padre Qing fu un poeta animato da uno spirito "rivoluzionario" che subì per questo una lunga prigionia e in seguito l'esilio, quindi per Weiwei portare avanti questa denucia pubblica e prorompente verso i silenzi del governo cinese è qualcosa di naturale e sentito nel profondo: nemmeno questo accaduto lo spinge a farsi da parte, anzi ad andare avanti nella sua protesta, dilagata ormai da tempo sul web per coinvolgere e informare il maggior numero di persone.
Weiwei opera una critica multiforme al sistema, incentrata soprattutto sulla mancanza di trasparenza sulla tragedia che ha distrutto la vita di migliaia di bambini, mettendola in atto attraverso allestimenti artistici di grandi dimensioni, denunce e querele ufficiali agli organi di polizia a un anno dal suo pestaggio.
Quando nel 2010 il critico letterario Xiaobo riceve – dal carcere in cui era stato imprigionato dalle autorità – il Nobel per la Pace, per l'impegno dimostrato nella difesa dei diritti civili, Ai Weiwei trova un rinnovato vigore nell'attivismo e la Galleria Tate Modern di Londra ospita l'allestimento dei "Semi di girasole". Si tratta della celebre installazione costituita da un campo chiuso formato da milioni di semi di girasole, dipinti a mano uno ad uno, simbolo della bellezza insita nella diversità di ogni individuo sulla terra.
Nonostante il suo talento visionario sia apprezzato in tutto il mondo, questi costituisce una scomoda "voce" per il governo cinese, che, l'anno successivo, stabilisce la distruzione di uno dei suoi laboratori di Pechino e fa perdere le tracce del designer per mesi.
Le ultime informazioni rese note dal documentario sono relative alla sua liberazione, dopo più di ottanta giorni di detenzione in una località sconosciuta, durante i quali si sono probabilmente svolti continui interrogatori: le autorità dichiarano che è stato detenuto per aver evaso le tasse, ma da allora gli è stato vietato di viaggiare, comunicare via internet o rilasciare interviste.
Il documentario – realizzato con competenza storica e con il sussidio di documenti di tipo iconografico, giornalistico e multimediale in genere – segue passo per passo le tappe dell'attività artistica e personale di Ai Weiwei, cronologicamente contemporanee agli anni in cui viene realizzato il lungometraggio, facendo quindi percepire l'urgenza e l'importanza che ha mosso questo coraggioso progetto cinematografico, che sembra ribadire tra le righe le parole espresse dal designer durante l'ultima intervista rilasciata.
A suo avviso – ed è questo il punto chiave del documentario – il dovere di ogni artista è comunque quello di difendere la libertà di espressione e, soprattutto attualmente, l'informazione, la divulgazione e il sapere hanno a disposizione il web, un veicolo capillare e perfetto per raggiungere simultaneamente ogni parte del mondo.