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Axel Trolese e le ombre di luce di Debussy
Il pianista “in erba” perché classe 1997, Axel Trolese ha affrontato gli Études et Épigraphes di Debussy, il massimo del colorismo e potremmo dire del “vaguismo”, da “vagues”, le onde tanto amate come nella copertina stessa de La mer e in Jeux de vagues, in un CD pubblicato per Movimento Classical e che è stato presentato in concerto da Villa Medici a Radio France a Radio RAI Tre, solo per nominarne alcuni. Sarà prossimamente all'Accademia di Santa Cecilia il 9 dicembre con un programma mozartiano e l'Orchestra guidata da Carlo Rizzari.
Dopo il “Premio Alfredo Casella” al Concorso Pianistico Nazionale “Premio Venezia 2015”, ha inciso The late Debussy - Études & épigraphes antiques. in cui spoglia il suono di ogni armamentario inutile: il fraseggio è vivace ma composto; il timbro regolare, senza scosse pur modificandosi nel ritmo, suggerendo che il suo epigono, Claudio Arrau, lo segue perentoriamente, sebbene il suo sia un tocco piu' sibillino, a volte sfuggente, come le “onde” di Debussy.
Gli Études & epigraphes antiques datano entrambi 1915, un anno dopo l'inizio della Grande Guerra, un momento di riflessione per Debussy che finisce però per “tromper la morte”, come quei fiori di primavera che invadono Genzano per l'infiorata, il luogo dove è nato Axel, diplomatosi nel 2014 con il massimo dei voti, Lode e Menzione d'Onore presso l'ISSM "Monteverdi" di Cremona con Maurizio Baglini, seguendo allo stesso tempo anche gli insegnamenti di Roberto Prosseda, di cui ammira la perigliosità nell'affrontare il materiale piu' contemporaneo. E, in proposito, frequenta subito dopo il Master al Conservatorio Nazionale (CNSMDP) nella classe di Denis Pascal ed allo stesso tempo, frequenta il Corso di alto perfezionamento all’Accademia di Santa Cecilia di Roma con Benedetto Lupo.
Trasparente nella sua interpretazione dei 12 Études, originariamente composti per pianoforte a quattro mani, poi per piano solo, Trolese riesce a renderne morbidi i colori, tinteggiandoli abilmente con le note più chiare e vivificatrici. Le sei épigraphes antiques, invece, il cui ermetismo ci è noto, come annuncia il titolo stesso con doppio riferimento, all'archeologia ed alle lapidi, sono ispirate dalla lettura teatrale e musicale della Chanson de Bilitis di Pierre Louys, il suo amico poeta per cui le aveva composte per due arpe, due flauti e celesta.
Le lunghe pennellate di Trolese sono sostenute da una ventata di tempo antico, che però leggero si posa come soave tinteggiatura pastellata sui “dégreés chromatiques” come sulle “arpèges composées”, in accordi lievi come riveggi di primavera, un'armonia nascosta che affiora da ombre di luce, appena cesellate sul marmo. Nel loro vigore, si esaltano come le fanciulle in fiore dipinte da Proust, in un rigoglìo di maggio.