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Barriere. Gruppo di famiglia in un cortile
Le Barriere del titolo di questo film diretto ed interpretato da Denzel Washington sono profondamente amare: il rapporto di questo padre severo, irascibile, dittatoriale, con i suoi due figli, Cory e Lyons, è intensissimo. Troy, il padre, nel cui ruolo recita Denzel Washington, che si è preso l'incarico di questo adattamento dell'opera teatrale del 1983 omonima, vincitrice del premio Pulitzer per la drammaturgia a firma di August Wilson, è ai limiti del sopportabile, eppure profondamente, fin nei suoi parossismi, umana.
Quel che noi non vediamo all'inizio del film, il recinto, le "Barriere" del vialetto della casa di Troy e Rose, ci saranno alla fine, quando non serviranno più, quando i "buoi sono scapati" direbbe il fornaio, quello stesso che riprezzava il pane a Troy che però continuava a preferirlo al supermercato dato che poteva - in tempi di magra - comprare a credito.
Un film tutto parlato questo con la sceneggiatura accreditata di Wlson stesso, morto però nel 2005, e coadiuvato - ma non accreditato - da Tony Kushner: dei dialoghi al vetriolo dall'inizio alla fine, che non stemperano mai la tensione e la passione con cui vengono affrontati i problemi di tutti i giorni, dal salario basso del padre Troy, al figlio trombettista senza lavoro Lyons, fino al promettente giocatore di baseball, il figlio più piccolo, Cory.
I personaggi sono tagliuzzati dalla lingua sforbiciante di Troy, che è l'unico personaggio che è dipinto a tutto tondo, gli aktri sono quasi sfumati tra la palla da baseball del cortiletto fino alla trombetta di Gabe (Gabriel), lo sbandato amico di famiglia che Troy ha un pò sfruttato ed un pò aiutato.
Ci viene da pensare che questa grande azione interiore descritta in ogni dialogo del film, avvenga tutta nel cervello di Troy, dentro la sua vita che lega alla moglie Rose, all'amico Bono, ai figli che ha generato. Come se quel riflesso narcisistico ed allo stesso tempo torturante del figlio, quello che gli somiglia di più, Cory, sia solo un appendice del padre, che non riuscità mai a slegarsi dalle sue tenaglie, come invece riuscità, anche in parte fallendo, quello più grande, Lyons.
Un film che richiede molta concentrazione e molto scavo dentro di sé per affrontare certe domande che le parole di Troy, anche quelle più sbagliate, pongono ripetutamente sugli interni poveri di una casa col cortiletto (la "yard") anni '50, quando i neri (e loro stessi si chiamavano così e non afroamericani come vuole spesso una retorica della bourgeoisie perbenista e falsamente rispettosa di quei diritti conquistati col sangue) non accedevano nemmeno a lavori come quello di camionista, perchè quello lo faceva il bianco, essendo n lavoro più "facile" rispetto al raccogliere i rifiuti per la nettezza urbana.
Una carrellata di attori straordinari, dopo Denzel Washington, Viola Davis che interpreta Rose Maxson, la moglie di Troy; Mykelti Williamson nei panni di Gabriel Maxson; seguono Cory, nel cui ruolo recita Jovan Adepo e Russell Hornsby nella parte del fratello maggiore Lyons Maxson; il grandioso Stephen Henderson nella parte dell'amico Jim Bono chiude il cerchio.