Beethoven & Liszt. Una Nona trascendentale

Articolo di: 
Teo Orlando
Baglini

Quando si deve parlare della Nona Sinfonia di Ludwig van Beethoven, ogni elogio sembra perfino riduttivo, tanta è la celebrità che la circonda e l’aura di creazione artistica assoluta che l’ha sempre accompagnata. Franz Liszt, che nel 1851 ne compose una trascrizione per due pianoforti e nel 1864 per un pianoforte solo e per coro, considerava la Nona Sinfonia insieme con la Divina Commedia dantesca come i due massimi vertici dell’ingegno umano. Richard Wagner, invece, la definì “il vangelo umano dell’arte dell’avvenire”, negando quasi, hegelianamente, che dopo di essa ci potesse essere un autentico progresso in musica, salvo il dramma universale, ossia il suo Gesamtkunstwerk di cui lo stesso Beethoven avrebbe fornito la chiave artistica. E proprio nella trascrizione di Liszt per solo pianoforte e coro noi abbiamo ascoltato l'incredibile e virtuosistica performance di Maurizio Baglini all'Accademia Nazionale di Santa Cecilia, il 24 gennaio 2018.

Non è un caso, peraltro, che Adrian Leverkühn, il protagonista del Doktor Faustus di Thomas Mann (le cui parti musicali furono influenzate da Adorno), nel presentare la sua opera – la Lamentatio Doctoris Fausti, un oratorio che cerca di annullare la luminosità della vita e, con essa, ogni afflato di speranza –, esclama: “voglio annullare la Nona sinfonia!”. È come se intendesse scrivere una sorta di Nona invertita, sostituendo con l'esaltazione angosciosa e apocalittica dell'oscura vita moderna la cultura affermativa e i valori di bellezza e classicità veicolati dall’opera beethoveniana.

Il che che non ha impedito a Stanley Kubrick di utilizzare alcuni brani della Nona per accompagnare le imprese più violente del giovane teppista Alex nel film A Clockwork Orange (seppure stravolti al sintetizzatore dal compositore elettronico Wendy Carlos), quasi rovesciando parodicamente il messaggio di concordia e amicizia che Beethoven intendeva attribuirle (del resto, la possibilità di interpretazioni contraddittorie della Nona è ben esemplificata da un lato da Wilhelm Furtwängler, che nel 1941 la diresse di fronte al Führer, non certo per celebrare la fratellanza tra i popoli, e dall’altro da Leonard Bernstein, che nel 1989 la diresse a Berlino per festeggiare la caduta del muro, sostituendo nell’inno finale la parola “libertà” [Freiheit] alla parola “gioia” [Freude]).

Beethoven ultimò la Sinfonia nel 1824, dopo anni di abbozzi e di lavori preliminari; ebbe la sua première a Vienna il 7 maggio dello stesso anno, al Kärntnertortheater, anche se il maestro di Bonn avrebbe preferito farla eseguire a Berlino, ritenendo il gusto viennese troppo plasmato da compositori come Rossini.

Il primo movimento (Allegro ma non troppo, un poco maestoso) è in forma sonata, con una Stimmung spesso tempestosa. Il tema di apertura viene suonato pianissimo: qui Baglini al pianoforte fa del suo meglio per avvicinare le sonorità dello strumento a quelle degli archi che nella versione per orchestra sembrano quasi tremolanti, come se i musicisti stessero accordando gli strumenti: si tratta, se mi si consente il paragone, di un'esecuzione "trascendentale", memore appunto dei Dodici studi di esecuzione trascendentale dello stesso Liszt. Da lì, gradualmente, ma con una potenza inarrestabile, emerge il tema, di sole quattro battute, che guiderà l’intero movimento. Secondo Theodor W. Adorno, siamo in presenza della pura rappresentazione della necessità, in cui però si può riscontrare la differenza tra arte e filosofia. L’opera d’arte è più resistente della filosofia ad essere assimilata alla realtà: “l’arte è più reale della filosofia poiché dichiara l’identità come apparenza”.

Il secondo movimento (Scherzo: Molto vivace – Presto) è in re minore, con il tema di apertura che ricorda la sonata per pianoforte Hammerklavier, una delle più innovative della produzione di Beethoven, con ritmi propulsivi e uno sconcertante assolo di timpani. Molti degli elementi presenti in questo tempo risultarono assolutamente innovativi: dalla scelta dei tempi pari per la parte centrale fino a sonorità che vennero riprese nel sinfonismo del tardo Ottocento da compositori tedeschi e slavi.

Il terzo movimento (Adagio molto e cantabile - Andante Moderato) è la parte lenta della Sinfonia, costruita intorno a una serie di variazioni che elaborano progressivamente il ritmo e la melodia. La variazione finale è interrotta due volte: assistiamo a un gioco di corrispondenze tra le tonalità più alte, quasi a mo’ di fanfara, e il lavoro di cesello, quasi rarefatto, delle parti dove domina la tonalità di re minore, ben adatte alla trasposizione per pianoforte.

Il quarto movimento (Presto; Allegro molto assai [Alla marcia]; Andante maestoso; Allegro energico, sempre ben marcato), il più lungo dell’intera sinfonia (al punto da poter essere quasi definito una sinfonia nella sinfonia), contiene la celeberrima parte corale su testo di Friedrich Schiller (An die Freude, L’inno alla gioia divenuto inno ufficiale dell’Unione Europea).

Si può dire che questo quarto movimento sia articolato quasi come una ricapitolazione di tutta la sinfonia, con quattro parti suonate senza interruzione, secondo il seguente schema: dapprima compare il tema principale accompagnato dalle variazioni, e poi ripreso dal coro; poi il movimento evolve verso una sorta di scherzo in stile militare per sfociare in una variazione corale in 6/8 del tema principale; assistiamo di seguito a una sorta di lenta meditazione scandita dalle celebri parole “Seid umschlungen, Millionen! (Abbracciatevi, moltitudini!)”; infine, la conclusione appare come una sorta di fuga basata sui temi precedenti.

La musica qui si compenetra perfettamente con le parole di Schiller, in un crescendo quasi ditirambico. Si potrebbe peraltro pensare che il testo dell’Inno alla gioia (che il poeta scrisse nel 1785 per celebrare l’amicizia con Gottfried C. Körner) comunichi un messaggio univoco di ottimismo (influenzato da Leibniz e dai moralisti inglesi, come Shaftesbury, l’autore della Lettera sull’entusiasmo), in cui la gioia, l’amore e l’amicizia sono considerati l’espressione di quella simpatia universale che costituisce il fondamento dell’armonia tra gli uomini e di questi con la Natura.

Va tuttavia osservato che, come ha rilevato acutamente Adorno, è proprio dell’utopia borghese il fatto che essa non riesca a pensare l’immagine della gioia perfetta senza associarvi quella di coloro che ne sono esclusi. La gioia esiste solo in rapporto all’infelicità del mondo. Infatti, “anche chi un’anima sola/sulla terra dice sua” ("wer auch nur eine Seele/Sein nennt auf dem Erdenrund"), ossia l’amante felice, è compreso nella comunità delle persone felici, ossia nell’umanità autenticamente borghese. Ma “chi mai poté, piangendo/abbandoni questa cerchia” ("wer's nie gekonnt, der stehle/Weinend sich aus diesem Bund", trad. it. di Giovanna Pinna): versi forse disumani, come già Jean Paul aveva notato.

E Adorno estende anche alla trasposizione beethoveniana questa umiliazione dell’infelice, non amato o incapace di amare, tipica di una sorta di totalitarismo borghese: la musica così potentemente affermativa della Nona sinfonia martella negli ascoltatori l’idea per cui non c’è un vero spazio per il solitario che non partecipa a questa gioia: “è così e non in un altro modo”.

L'incredibile virtuosismo con cui Baglini ha eseguito la partitura ha fatto quasi dimenticare, grazie anche al Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che non si trattava dell'opera per orchestra. Il pubblico ha tributato una standing ovation, che ha portato il pianista a concedere due bis (da Scarlatti e Bach/Busoni).

Pubblicato in: 
GN12 Anno IX 30 gennaio 2018
Scheda
Titolo completo: 

Accademia Nazionale di Santa Cecilia 

Stagione da Camera
24 GENNAIO 2018 ore 20.30
Auditorium Parco della Musica - Sala Sinopoli

Pianoforte Maurizio Baglini
Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia - Ciro Visco (direttore)
Patrizia Roberti (soprano), Simonetta Pelaschi (mezzosoprano), Anselmo Fabiani (tenore), Andrea D'Amelio (basso)

Ludwig van Beethoven: Sinfonia n.9 in re minore
Trascrizione per pianoforte, soli e coro di Franz Liszt

I. Allegro ma non troppo, un poco maestoso
II. Molto vivace. Presto
III. Adagio molto e cantabile - Andante moderato - Adagio
IV. Finale: Presto - Allegro molto - Andante maestoso - Allegro energico