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Casa del jazz. Free e cold il jazz del Maciej Obara Quartet
La serata del 19 giugno 2024 ha visto il giardino della Casa del Jazz di Roma trasformarsi in un palcoscenico per il Maciej Obara Quartet, un ensemble che ha dimostrato ancora una volta perché è considerato uno dei gruppi jazz più raffinati e innovativi d'Europa. Si può dire che le sue radici, in parte polacche e in parte norvegesi, abbiano fatto comunicare il Mare del Nord e il Mar Baltico, dando vita a un'esperienza musicale intensa e stratificata, culminata in un'esibizione che ha lasciato il pubblico romano affascinato e profondamente commosso.
Il quartetto, composto da Maciej Obara al sassofono contralto, Dominik Wania al pianoforte, Ole Morten Vågan al contrabbasso e Gard Nilssen alla batteria, ha presentato un programma basato principalmente sul loro ultimo lavoro discografico, intitolato Frozen Silence e pubblicato nel settembre 2023 per l'etichetta ECM di Monaco (inciso a Oslo nel 2002 con la diretta produzione del creatore della ECM, Manfred Eicher). Le composizioni di Obara, ispirate ai paesaggi drammatici della regione montuosa di Karkonosze, nel sud-ovest della Polonia, sono state eseguite con una precisione e un'intensità che hanno evidenziato l'affiatamento e l'efficace interazione dei membri del quartetto.
L'apertura con "Dry Mountain" ha subito catturato l'attenzione, con il suono lirico e a tratti esuberante del sassofono contralto di Obara che fluttuava come un uccello sopra il terreno elastico creato dai suoi partner. La capacità di Obara di oscillare tra momenti di lirismo delicato e esplosioni di energia pura è stata bilanciata in modo perfetto dalla tecnica impeccabile di Dominik Wania al pianoforte. Certo, i momenti del sassofono solista ci sono sembrati più convincenti, ricordandoci gli assoli di Jan Garbarek. Meno originali i momenti in cui prevaleva l'interazione, ma il modello del dialogo tra il pianoforte di Keith Jarrett e il basso di Gary Peacock è difficilmente emulabile. Comunque, la sezione ritmica, composta da Vågan e Nilssen, ha fatto del suo meglio, fornendo una base solida e dinamica e trasformandosi in un motore pulsante che ha guidato l'intero ensemble attraverso una serie di brani che variavano dal free jazz al jazz nordico-scandinavo.
È comunque innegabile che le sonorità presentate durante il concerto fossero inconfondibilmente quelle tipiche dell'etichetta ECM, rinomata per la sua capacità di fondere il jazz con elementi di musica da camera e sperimentazione sonora. Il suono chiaro, cristallino e avvolgente ha creato un'atmosfera meditativa, che ha permesso a ogni nota di risuonare con profondità e precisione. Ci hanno pure colpito il ritratto paesaggistico di "Black Cauldron" e le nuvole sonore emanate da "High Stone", che si muovevano delicatamente nell'aria. Con "Rainbow Leaves" siamo invece trasportati in una dimensione insieme aerea e acquatica, come nelle gocce d'acqua di un arcobaleno dopo la pioggia. Arriva poi "Twilight" dove si usano mazzuoli di feltro per evocare l'atmosfera del tramonto, mentre in "Flying Pixies" le fate fluttuano liberamente nella stanza. Ma è la title-track, "Frozen Silence", che ci trasporta in quell'area del non detto tra musica e silenzio: un silenzio gelido che, lungi dall'essere vuoto, era pieno di significati, emozioni e storie musicali raccontate con maestria e passione.
Il quartetto ha saputo mescolare influenze del free jazz e del jazz nordico-scandinavo in un amalgama unico. I momenti di improvvisazione libera, caratterizzati da una dinamica flessibile e spontanea, si sono intrecciati con passaggi di grande lirismo e introspezione, tipici del jazz scandinavo. Non sono mancate le influenze dei grandi maestri del jazz come Miles Davis, Charlie Mingus e John Coltrane, che sono ben percepibili nella profondità emotiva e nella complessità strutturale delle composizioni di Obara.
Inoltre, il quartetto ha richiamato le sonorità di artisti legati alla stessa etichetta ECM, come Jan Garbarek, John Surman, Keith Jarrett, Gary Peacock, Jack DeJohnette e Ketil Bjørnstad. Questi influssi sono stati percepibili nel modo in cui il gruppo ha esplorato le possibilità timbriche e armoniche, creando paesaggi sonori evocativi e suggestivi.
La collaborazione con l'Istituto Polacco di Cultura di Roma ha reso la serata ancora più speciale, sottolineando l'importanza delle influenze culturali e artistiche nel plasmare la musica contemporanea, confermando il Maciej Obara Quartet come uno degli ensemble più avvincenti e innovativi del panorama jazz europeo.