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Casa delle Culture. La decomposizione linguistica di Ionesco
Uno degli autori più incontrovertibilmente appartenenti al teatro dell'assurdo della metà del Novecento, Eugène Ionesco (in rumeno Eugen Ionescu, essendo naturalizzato francese), e la sua prima antipièce, La cantatrice calva, hanno visto la luce alla Casa delle Culture l'8 gennaio scorso e saranno in scena fino al 20 per la regia di Marco Carlaccini e la Compagnia Ginepro Nannelli. I protagonisti dell'anticommedia – così denominata dall'autore – sono Marco Carlaccini e Patrizia D'Orsi come signore e signora Smith; Claudio Capecelatro e Sara Poledrelli come signore e signora Martin. Gli altri due personaggi di supporto sono la cameriera Mary, interpretata da Xhilda Lapardhaja ed il Pompiere, nel cui ruolo si incrocia Ludovico Nolfi.
La decomposizione del linguaggio e del tempo sono i fondamentali topoi di questo dramma più che commedia, visto che di vera comunicazione non si parla, anzi, è completamente inibita dallo sproloquio continuo su luoghi comuni, pregiudizi anche anacronistici, come quelli sugli inglesi reiterati da questi personaggi appunto “inglesi”, che vivono in una casa inglese, bevono tè inglese e che quindi trasformano una cultura, quella inglese appunto, in un surrogato di ovvietà da vocabolario, come quello letto da Ionesco per imparare la lingua inglese. L'ispirazione proviene da lì, e la stessa fissazione del tempo è di derivazione inglese: quando non si sa di cosa parlare, si parla appunto del tempo, atmosferico, naturalmente.
La recitazione degli attori, su questo palcoscenico che si abbrevia in un luogo unico seguendo le indicazioni del drammaturgo, si fa particolarmente rilevante e possente con le espressioni impressionanti facciali e non, di Patrizia D'Orsi già dalle prime battute: trucco drammatico e parrucca arancione, reitera con aggressività la sua mancanza di contenuto. Gli dà da spalla il marito – ottimo autore della regia e attore Marco Carlaccini - , con cui attende la venuta dei signori Martin, - bravissimi anche loro Claudio Capecelatro e Sara Poledrelli - coppia che fa finta di non conoscersi ed avvia un dialogo sulle fortuite circostanze del loro incontro in treno, del combaciare di scompartimento e posto, fino alla casa comune con il letto ed il plaid verde.
La pendola sta a guardare verrebbe da dire ma in realtà non è così: la pendola ha infatti vita propria e con il dinamismo di un proiettore va prima avanti e poi indietro, senza quasi mai discostarsi però da un'ora specifica, le quattro. Ad un certo punto però scompaiono le lancette, a sottolineare quanto anche il tempo qui sopravvive, ma solo come convenzione.
Uno spettacolo vivace e soprendente anche per le trovate ironicamente sagaci che lo rendono a volte anche più amaramente un riflesso di un'epoca in fondo mai passata, quella di una borghesia imperante che impone costumi e regole senza senso, alle quali adeguarsi, senza capire in fondo che il canovaccio di parole è lì da solo e ad un certo punto, animalescamente, acquista vita propria, indipendentemente dall'autore, oltreché dei suoi personaggi.