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CasaSirio. Il Vangelo di Malavita di Metallo
Vangelo di Malavita di Claudio Metallo non è un libro che finisce con la lettura dell’ultima pagina. E non perché si dà spazio ad un sequel. Non finisce perché una volta chiuso ogni personaggio prende nuovamente corpo: le scene narrate sono destinate a restare inchiodate nella nostra mente.
E’ un libro nato per restare. Un Vangelo del Male, organizzato in mezzo al Caos. Era ora che qualcuno parlasse della ‘ndrangheta in questi termini, con un ritmo tutto “in battere” e senza soluzione di salvezza.
Un vangelo che non narra di un “lieto annunzio”. Anzi, esattamente il contrario. Fortunato Novella, uno dei personaggi, non porta né buone novelle, né buona fortuna.
Una fede, quella della ‘ndrina, basata sulla legge dell’onorata società: “Se uno ‘ndranghetista sbaglia paga con la vita”.
Le uniche preghiere alla Madonna si ascoltano sulla bocca dei “traditori” al momento della morte. Non è concessa nessuna pietà, nessuna redenzione, nessun perdono. Il verbo qui è “minacciare, intimidire, sparare a qualche finestra o qualche porta. Bruciare un magazzino, un’auto, un motorino. Molestare, senza esagerare”. Il battesimo inizia con un “buon vespero” e la benedizione del locale di “ndrangheta”.
Questo vangelo narra la storia di due figli della Malavita: Ignazio e Angelo. Due vite completamente diverse, tuttavia entrambe intrecciate alla mafia, su livelli differenti. Angelo è quello che ha studiato legge, ma non certo per asservirla e rendere questo mondo migliore: avrà un futuro in politica abituato a gestire a suo modo la “Res Publica”, tra un caffè americano e l’altro. Ignazio, un “picciotto di sgarro”, vive nell’ignoranza cieca di chi spara d’istinto e senza farsi molte domande, restando ai margini della società: deve solo uccidere.
Dentro c’è proprio tutto: edilizia, giustizia, politica, pizzo, droga. Un sistema corrotto condito con cattiveria, immoralità, sete di soldi e potere, vendette private e frivole, disprezzo, solitudine e abbandono. Perché in realtà la ‘ndrangheta è una società senza onore”.