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Cassandra di Christa Wolf. La veggenza aldilà del tempo
I personaggi del mito classico sono ricchi di significati simbolici e travalicano i confini della loro epoca, ammaliando e suggestionando scrittori e artisti di ogni periodo. Da una tale ispirazione è nata Cassandra di Christa Wolf edita da E/O e tradotta in italiano da Anita Raja (Landsberg an der Warthe 1929- Berlin, 1° dicembre 2011). L'autrice è recentemente scomparsa della Repubblica Democratica Tedesca.
In quest’opera, pubblicata in Italia nel 1990, le vicissitudini della veggente figlia di Priamo ed Ecuba vengono rievocate nella forma di un racconto, attraverso un rapporto dialogico tra l’autrice e il mondo classico, in una mirabile mistione delle atmosfere del mito e quelle del socialismo tedesco-orientale: “Ecco dove accadde. Lei è stata qui. Questi leoni di pietra, ora senza testa, l’hanno fissata. Questa fortezza, una volta inespugnabile, cumulo di pietra ora fu l’ultima cosa che vide”. Un tale incipit proietta immediatamente il lettore a Micene, dove i resti del passato splendore della città sembrano materializzare icasticamente le vicende di Cassandra. Ecco, quindi, che prende forma l’immagine della sacerdotessa di Apollo, che attende la morte in Grecia nella fortezza di Micene, davanti alla porta dei leoni dove è giunta, dopo la distruzione di Troia, come schiava di Agamennone. Presente e passato si sovrappongono in un intreccio indissolubile, e la Micene, ora cumulo di pietre, si trasforma nella fortezza inespugnabile di un tempo, così come il personaggio dei testi dell’antichità classica diventa emblema della difficoltà dell’essere donna in ogni luogo e in ogni epoca.
Agamennone è già entrato nella casa, dove la moglie lo ucciderà; lei, sul carro è attorniata dalla folla, che, sapendo delle sue profezie, chiede all’auriga che la interroghi sul futuro della città. Sono pagine che riecheggiano in filigrana il testo teatrale dell’Agamennone di Eschilo, per riempirsi poi autonomamente rispetto alle antiche opere greche. Cassandra, non potendo preannunciare il futuro, può solo rivedere il suo doloroso passato, rievocando la traversata dell’Egeo in tempesta, l’arrivo delle Amazzoni a Troia, gli orribili delitti perpetrati da Achille, la rottura col padre Priamo, con cui non è possibile nessuna forma di comunicazione per la cieca logica della guerra, e, infine, l’amore per Enea. E in questo lungo monologo dalla voce della Wolf riaffiora quella di Eschilo, nella rievocazione della morte di Agamennone, nel suo passaggio sui drappi purpurei, nel ricordo del destino di Cassandra di non essere mai creduta.
L’autrice, tuttavia, si sofferma, a differenza dei modelli classici, sulla capacità tutta femminile di vedere oltre le menzogne del potere, oltre la cecità in cui è avviluppata la società. La sacerdotessa di Apollo è l’unica, infatti, a comprendere le vere motivazioni della guerra di Troia, intuendo che il nome di Elena non è altro che un pretesto, un’idea, perché per poter plaudire alla guerra si erano serviti di quel nome. Si intuisce qui che la Wolf va oltre la remota guerra troiana, per riferirsi ai conflitti di tutti i tempi, del suo tempo in particolare, legati a motivi vani ed inconsistenti.
Se, però, è concesso alla donna la facoltà di aguzzare lo sguardo, di squarciare il velo dell’apparenza, nella società greca come in quella della Wolf, le è negata la possibilità di far risuonare la propria voce in un universo prevalentemente maschile. “Tu hai il dono di predire il futuro, ma nessuno ti crederà”, sentenzia la divinità alla giovane figlia di Priamo. Ancora una volta il monito dell’autrice si amplifica, estendendosi fino alla realtà contemporanea, alla difficoltà degli intellettuali di levare la propria voce, sottraendosi al controllo del potere. A tal proposito risulta significativo il commento di Anita Raja, nell’introduzione al testo, quando scrive che il racconto allude, attraverso il dono sacerdotale presso il dio Apollo e il dono della veggenza, all’arte dello scrivere oggi, quando l’estetica classica è definitivamente consumata dai sussulti irrazionalistici dei poteri che ci governano.
Non è, inoltre, senza significato che la preveggenza di Cassandra non sia un dono effettivo, ma esito di una dolorosa conquista, in cambio della quale, giorno dopo giorno, deve scontrasi con le violenze, con le reiterate sopraffazioni da parte degli uomini.
Intanto le rievocazioni del passato si alternano alle paure del presente per la morte imminente, in una sovrapposizione sempre più intricata di piani temporali, fin quando giunge il momento fatale. Ma la luce non si spegnerà per sempre e il personaggio di Cassandra, da Eschilo a Christa Wolf, non cesserà di caricarsi di significati ogni volta inediti.